Senza Censura n. 6/2001

[ ] Integrazione dei sistemi giuridici



un viaggio nel presente e nel futuro dei processi di integrazione
- Seconda Parte -

I processi di integrazione e di armonizzazione delle procedure e degli stessi ordinamenti giuridici dei paesi dell'Unione Europea rappresentano una tendenza che ha già fatto parte della sua strada, come abbiamo avuto modo di vedere nello scorso numero di Senza Censura.
Accordi generali e accordi bilaterali erano e sono percorsi paralleli per evitare che gli elementi differenti negli ordinamenti giuridici potessero comportare dei problemi nell'affermazione di uno spazio giuridico europeo. Altri passi erano già in conto e possiamo dire che gli attentati americani, come l'eco e la forza delle giornate genovesi contro il G8, hanno dato a questo processo una spinta notevole.
Già ai primi di settembre 2001, quindi prima dell'11 settembre, il Parlamento Europeo vota una risoluzione presentata dal deputato liberale britannico Watson, con 466 voti favorevoli contro 56 contrari, in cui si invita la Commissione Europea, l'organo esecutivo dell'Unione, a presentare un progetto di legge che sostituisca le procedure di estradizione all'interno dell'Unione con un "mandato europeo di ricerca e cattura". La mozione chiede l'istituzione del mandato per lottare contro alcuni specifici crimini:
"terrorismo, criminalità organizzata, tratta degli esseri umani, traffico illecito di armi e droga, reati contro i minori". La particolarità di questo progetto è che tutti queste tipologie di reato rientrano nella categoria onnicomprensiva di terrorismo, cioè sono tutti assimilabili ad esso. Secondo Watson vi è la necessità di articolare quattro strumenti:
una decisione quadro per avvicinare le legislazioni dei paesi UE, con una definizione di "atto terroristico" che preveda una equivalenza di sanzioni;
una decisione quadro che permetta di sopprimere le procedure per l'estradizione e per adottare il riconoscimento reciproco delle decisioni penali (condanne, arresti...) su atti terroristici; una decisione quadro che consenta un "mandato europeo di ricerca e cattura" ed infine un avvicinamento sugli indennizzi delle vittime.
La Commissione Europea il 20 di settembre ha reso noto il proprio "pacchetto sicurezza", recependo in parte le indicazioni del Parlamento europeo, andando a specificare quali reati rientrano nel termine "terrorismo", quali siano le pene previste e il tipo di procedura da seguire per il mandato di arresto europeo.
Solo 6 dei paesi dell'unione, fino ad ora, contengono nei propri ordinamenti giuridici la previsione del reato di terrorismo (Inghilterra, Spagna, Italia, Germania, Francia e Portogallo) ed una iniziativa di questo tipo, oltre ad integrare i sistemi di questi 6 stati, mira certamente a far introdurre nelle legislazioni del resto dell'Europa la contestazione di terrorismo per reati quali omicidio, rapina, rapimenti, detenzione di esplosivi e pirateria informatica. Gli stati guida del resto sono proprio questi 6 ed appare del tutto ovvio come sia loro volontà andare a condizionare i sistemi giuridici altrui.
Il gruppo terroristico viene definito come una organizzazione attiva, formata da 2 o più elementi e dedita a commettere atti terroristici. Ma quali sono in sostanza tutti gli atti equiparabili a "terrorismo"?.
Sono gli atti commessi ("intenzionalmente"!!!) contro uno o più paesi, le loro istituzioni o popoli, con il fine di intimidire, alterare o distruggere le strutture economiche, politiche e sociali.
Quindi vengono, formalmente, legati alcuni delitti o presunti tali, o semplicemente degli atti, ad una precisa finalità politica.
Andando a vedere più da vicino ci si può rendere conto della natura di persecuzione politica che visibilmente queste norme portano con se. Si arriva infatti a prevedere (art.3, lettera F) il fine terrorista anche per i reati di "occupazione abusiva o danneggiamento di infrastrutture statali e pubbliche, mezzi di trasporto pubblico, luoghi e beni pubblici"...."cui potrebbero rientrare gli atti di guerriglia urbana". Qualsiasi forma di dissenso politico che travalichi o minacci la legalità borghese è terrorismo. Questo è il significato pieno, nascosto dalla guerra a Bin Laden, che l'Europa democratica ci porta. Non è più possibile che vi siano manifestazioni conflittuali, che vi sia chi lavora per un sistema diverso e non dentro il sistema, che possa esistere una forma autonoma di espressione ed organizzazione del proletariato europeo.
L'armonizzazione del reato sarà estesa al sistema delle pene: le sanzioni minime previste sono dai 20 anni per omicidio, 15 anni per partecipazione ad un gruppo terroristico, 10 per possesso e fabbricazione di armi. All'interno del progetto sono previste ovviamente delle aggravanti (per la gravità dell'azione) e delle attenuanti per i casi già previsti di pentitismo ("cooperazione dei pentiti") ed eventualmente di dissociazione.
Per quanto riguarda il mandato di arresto viene completamente saltata la fase di approvazione politica, che è alla base dell'accordo e, cosa ancor più grave, di dimostrazione delle prove. Riprendendo lo spirito dell'accordo italo-spagnolo (vedere SC n.5) , è più che sufficiente il mutuo riconoscimento di democraticità tra gli stati, alla base dell'UE. Tra stati democratici non vi è nessun bisogno di garanzie ed è necessaria solamente la richiesta da "autorità giudiziaria ad autorità giudiziaria". Il controllo del giudice dello stato che ha eseguito l'arresto si limiterà solo alla regolarità formale del mandato. Ogni stato potrà comunque "rifiutare ed eseguire un mandato di arresto europeo per dei fatti che non costituiscono infrazione sul loro territorio". Proprio per evitare differenze tra i paesi diventa necessario portare avanti la prima parte del progetto (uniformare i reati) e comunque vengono previste delle sanzioni, e addirittura l'esclusione dall'Unione, se "la sua giustizia (del paese che non si attiene) violi di forma grave e ripetuta i diritti fondamentali".
Queste proposte devono ora passare al vaglio degli esecutivi nazionali, ma non vi è dubbio che da qui a breve entreranno ufficialmente in corso. Del resto la presenza spagnola alla presidenza europea per il primo semestre 2002 rappresenta una sicurezza per gli alfieri della "lotta al terrorismo". E' proprio la Spagna (come riportiamo anche nell'articolo di seguito) uno dei paesi maggiormente impegnati su questo.
L'esecutivizzazione delle procedure di estradizione, il rafforzamento di Europol (vedi SC n.5) , la trasformazione di uno spazio giuridico continentale assommano tutte le caratteristiche di repressione come di prevenzione di conflitti che sempre più escono in superficie. Il polo imperialista UE si attrezza di fronte all'insorgere di movimenti internazionali ed europei, come di strutture rivoluzionarie, per darsi gli strumenti che in ogni buono "stato di diritto" necessitano alla classe dominante per mantenere il controllo. Il processo di centralizzazione nelle mani dell'esecutivo, già presente negli stati nazionali, ed in Italia portato avanti in questi anni con coerenza da centrosinistra e centrodestra, si afferma definitivamente come metodo in tutta Europa.

Nella proposta della Commissione Prodi viene fatto esplicito riferimento per la lotta al terrorismo alla collaborazione stretta con gli organismi internazionali ed in particolare con l'ONU ed il G8. Quest'ultimo viene assunto come un organismo con personalità giuridica smentendo così gli assertori della sua presunta illegittimità.
Nel dicembre del 2000 veniva firmata a Palermo la Convenzione dell'Assemblea Generale dell'ONU sulla criminalità organizzata transnazionale. Questa convenzione, tendenzialmente improduttiva in quanto ad immediata efficacia, rappresenta il quadro di tutte le indicazioni necessarie al contrasto di qualsiasi forma di illegalità organizzata ed è del resto ripresa in successive convenzioni regionali. E' proprio alle organizzazioni regionali transfrontaliere che si rivolge nei primi articoli evidenziando lo scopo di dare un indirizzo alle stesse strutture. La Convenzione dà prima una sua definizione di organizzazione criminale e di quando i suoi atti rientrino nella sua previsione. "Gruppo criminale organizzato indica un gruppo strutturato, esistente per un periodo di tempo, composto da tre o più persone che agiscono di concerto al fine di commettere uno o più reati gravi o reati stabiliti dalla presente Convenzione, al fine di ottenere, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale"; e poi, "Gruppo strutturato indica un gruppo che non si è costituito fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata"; il reato è di natura transnazionale se "è commesso in più di uno Stato;
(b) è commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avviene in un altro Stato;
(c) è commesso in uno Stato, ma in esso è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; o
(d) è commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali in un altro Stato". Sono puniti come partecipazione al gruppo anche "l'organizzare, dirigere, facilitare, incoraggiare, favorire o consigliare la commissione di un reato grave che coinvolge un gruppo criminale organizzato".
Successivamente la Convenzione da indicazioni, anche precise, sui comportamenti da tenere principalmente nella prevenzione e quindi sulla durata della prescrizione del reato (che deve essere sottoposta ad allungamento) come nella fase esecutiva invitando gli stati "ad assicurare che le condizioni alle quali sono subordinate le decisioni riguardanti la messa in libertà in attesa di giudizio o dell'appello tengano conto della necessità di assicurare la presenza dell'imputato nel corso della procedura penale successiva....tenendo conto della gravità dei reati di cui alla presente Convenzione nel momento in cui prendono in considerazione l'eventualità di una liberazione anticipata o condizionale di persone condannate per tali reati".
Anche rispetto alle procedure di estradizione "gli Stati Parte si adoperano, salvo quanto previsto dalle proprie leggi interne, per accelerare le procedure di estradizione e semplificare i relativi requisiti probatori per i reati cui si applica il presente articolo". Gli Stati Parte devono cercare di concludere accordi o intese bilaterali o multilaterali allo scopo di accrescere l'efficacia dell'estradizione". Inoltre "Gli Stati Parte si concedono reciprocamente la più ampia assistenza giudiziaria in materia di indagini, azione penale e procedimenti giudiziari per i reati di cui alla presente Convenzione così come previsto dall'articolo 3 ed estendono reciprocamente analoga assistenza nel caso in cui lo Stato Parte richiedente abbia fondati motivi di sospettare che il reato di cui all'articolo 3, paragrafo 1 (a) o (b) , sia di natura transnazionale, comprese le ipotesi in cui le vittime, i testimoni, i proventi, gli strumenti o le prove relativi a tali reati si trovino nello Stato Parte richiesto e che nel reato sia coinvolta un gruppo criminale organizzato".
Infine si arriva ad invocare lo sviluppo economico, l'ingresso del capitale occidentale nei paesi terzi, per frenare lo sviluppo della criminalità: "Gli Stati Parte compiono sforzi concreti per quanto possibile e in coordinamento fra loro, così come insieme alle organizzazioni internazionali e regionali:
(a) Per accrescere la loro cooperazione a vari livelli con i Paesi in via di sviluppo, in modo da rafforzare la capacità di questi ultimi di prevenire e di combattere la criminalità organizzata transnazionale;
(b) Per accrescere l'assistenza finanziaria e materiale in modo da sostenere gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo nell'efficace lotta alla criminalità organizzata transnazionale e per aiutarli ad attuare con successo la presente Convenzione;
(c) Per fornire assistenza tecnica ai Paesi in via di sviluppo ed ai Paesi con economia in via di transizione in modo da aiutarli a far fronte alle loro necessità per l'attuazione della presente Convenzione".
E buona ultima arriva la propaganda, come vendere il proprio prodotto in modo pulito: "gli Stati Parte si impegnano a promuovere la consapevolezza da parte del pubblico dell'esistenza, cause e gravità della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata transnazionale. Se del caso si possono diffondere informazioni tramite i mass media, incluse misure atte a promuovere la partecipazione pubblica alla prevenzione ed alla lotta contro tale criminalità". Dal quadro definito è facile evincere la logica che segue la Convenzione. Spingere per formare una cornice comune e condivisa, la lotta a quella che viene definita la criminalità organizzata, ma che potremmo tranquillamente equiparare al reato di terrorismo previsto dalla Commissione UE.
Nel vertice dei ministri di Interni e Giustizia del G8 di Milano, febbraio 2001, i ministri esprimono la soddisfazione degli stati guida per la Convenzione di Palermo, concordando di promuovere la ratifica della suddetta e di intraprendere ai livelli regionali e bilaterali "ogni opportuna azione di sensibilizzazione sull'importanza della Convenzione e dei suoi Protocolli e incoraggiare quegli Stati che non lo hanno ancora fatto a pervenire ad una sollecita ratifica"; sollecitano "una soluzione per localizzare ed identificare i criminali che utilizzano le comunicazioni in rete per scopi illegali; perciò sosteniamo il lavoro costante del Gruppo di Lione su tale questione e auspichiamo di ottenere esiti al più presto"; ed invitano "gli esperti a studiare la realizzazione di una Banca Dati dei Paesi del G8, coordinata dall'Italia, da estendersi successivamente ad altri Stati, con lo scopo di garantire uno scambio di informazioni in tempo reale anche utilizzando la rete già esistente dei punti di contatto operanti sulle 24 ore", auspicando la cooperazione con l'industria privata per migliorare le capacità di controllo sulle reti. Ovviamente ribadiscono "l'impegno comune per raggiungere il più alto livello possibile di cooperazione internazionale e di mutua assistenza giudiziaria nelle indagini e nel contrasto al terrorismo"; incoraggiano "il Gruppo di Esperti Antiterrorismo a pervenire in tempi brevi ad ulteriori risultati con particolare riguardo al cyber-terrorismo ed all'analisi degli sviluppi internazionali a più alto rischio"; anche attraverso questi passaggi comprendiamo la natura di queste e delle precedenti enunciazioni ed a chi interessano questo tipo di trattati.
L'Italia fa immediatamente la sua parte in ambito regionale, ponendosi anche su questo terreno come uno dei paesi-guida del capitale internazionale.
Il 26 e 27 marzo del 2001 l'incontro a Trieste dei Ministri della Giustizia dei paesi INCE, Albania, Austria, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Macedonia , Moldova, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ucraina e Repubblica Federale di Jugoslavia , detta le regole in materia di cooperazione giudiziaria ed armonizzazione legislativa. Assumendo che la criminalità rappresenta un problema internazionale i contraenti giudicano che "il coordinamento tra le autorità requirenti e giudicanti nazionali costituisce un elemento fondamentale per contrastare la criminalità organizzata; l'accesso alla giustizia dovrebbe essere reso più semplice, anche per i cittadini stranieri" (non si capisce in che senso visto l'origine dei detenuti in Italia); stabiliscono dei principi per cui "il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie può rafforzare lo stato di diritto; le procedure di estradizione dovrebbero essere accelerate e le procedure di mutua assistenza giudiziaria dovrebbero essere più efficaci"; sottolineano come "l'Iniziativa Centro Europea costituisce un importante foro internazionale di concertazione in cui gli Stati membri possono monitorare l'attuazione di uno spazio comune di Legalità e cooperare appieno per armonizzare i loro rispettivi sistemi legali per essere in sintonia con gli standards europei.
Decidono di:
• impegnarsi per la sollecita ratifica della Convenzione di Palermo delle Nazioni Unite. In questo quadro diventa centrale una accurata opera di preparazione per i giudici dei paesi terzi attraverso "l'integrazione culturale dei giudici e dei pubblici ministeri da ogni parte d'Europa, tramite la divulgazione delle migliori prassi (indoviniamo quali) , la costituzione di una rete di punti di contatto, la regolare diffusione di informazioni pertinenti;
Quindi si propone il fine di realizzare uno spazio comune di legalità all'interno della regione Ince con "l'armonizzazione delle norme legislative e amministrative degli Stati membri INCE, in relazione ai loro rispettivi ordinamenti giudiziari, tramite lo scambio di informazioni concernenti:
- gli attuali sistemi legali nazionali, con particolare riferimento al diritto penale e al diritto processuale penale;
- la riforma del sistema giudiziario;
- misure legislative o di altra natura di armonizzazione dei sistemi legali su base regionale o bilaterale;
- l'adesione a pertinenti trattati internazionali o regionali;
• migliorare la mutua assistenza e la cooperazione giudiziaria in materia penale nella Regione INCE si ritiene necessaria:
- la definizione di un nucleo di reati comuni e relative sanzioni, come previsto dalla Convenzione di Palermo e relativi Protocolli e da altri strumenti regionali pertinenti;
- la cooperazione diretta tra le autorità responsabili dell'applicazione delle leggi e quelle responsabili dell'azione penale, inclusa la costituzione di pool comuni di indagine in relazione a specifici reati, in sintonia con gli strumenti internazionali pertinenti in vigore;
- la creazione di banche dati di decisioni giudiziarie significative riguardanti procedimenti penali;
• sviluppare un sistema di punti di contatto per:
- un rapido scambio di informazioni sulla mutua assistenza e la cooperazione giudiziaria;
- il coordinamento di procedimenti connessi a reati transfrontalieri;
- facilitare l'acquisizione di prove;
- la prestazione di assistenza specializzata;
• individuare modalità appropriate per lo scambio di magistrati di collegamento; individuare problemi pratici ricorrenti in materia di mutua assistenza e cooperazione giudiziaria tra i Paesi INCE e trovare soluzioni appropriate a questi problemi; incrementare le opportunità di una formazione multidisciplinare comune di giudici e pubblici ministeri e stabilire collegamenti tra gli esistenti istituti nazionali di formazione".


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