Senza Censura n. 6/2001

[ ] Adeguamento militare e dell'industria degli armamenti



Per i nuovi paesi Nato, come affermato da Robertson, si pone il problema dell'integrazione dei propri modelli di difesa e militari con gli standard degli altri paesi dell'Alleanza. Questa esigenza apre una possibilità di valorizzazione del capitale bellico creando ulteriori elementi di competizione tra le fazioni delle borghesia (più precisamente Ue da una parte e Usa e Gb dall'altra) senza però disdegnare alleanze che rendono ancor più chiaro quanto qualsiasi cartello debba poi fare i conti con l'interesse primario di valorizzare il proprio capitale da parte delle varie fazioni della borghesia imperialista.
Già nel 1998, secondo un giornale bulgaro, l'azienda Marconi cercava di accaparrarsi una commessa per la realizzazione del maggior sistema di comunicazioni nazionale per circa 58 milioni di dollari. La sua denominazione completa è Marconi SpA e insieme al gigante britannico delle comunicazioni Global Payment Technologies ha dato vita a Londra alla società Marconi Communications. Della struttura di questa società fanno parte anche la filiale di Hong Kong della General Electrics e alcune società sudafricane. Al posto più alto nella gerarchia si trova la General Electrics che si interessa praticamente di tutto: dai rifornimenti di energia elettrica alle ricerche cosmiche.
Secondo dati ufficiali delle strutture della Marconi Communications fanno parte circa 18.500 dipendenti e il giro d'affari annuale della società è di 3 miliardi di dollari. Questo fatto ha portato, il quotidiano di Sofia "24 casa" a lanciare la tesi che la Marconi "vincerà il giorno prima dell'ultimo giorno del concorso". Secondo il quotidiano la decisione di scegliere l'azienda è del tutto politica poiché la General Electrics ha finanziato la campagna preelettorale della UDS, il partito di destra bulgaro alla guida del governo monocolore dal 1998, fatto debolmente smentito dal ministro della difesa Ananiev. L'intenzione era di dotare le squadre d'élite bulgare, in corso di formazione, di strumenti necessari per essere pronte a effettuare operazioni con altri eserciti della NATO. Sempre secondo un giornale bulgaro è difficile trascurare il fatto che membri autorevoli del governo abbiano agito sempre da lobby per tutto quanto riguarda in qualche modo Washington. E la Marconi Communications rimane pur sempre una struttura legata alla General Electrics.
E' chiaro come tale alleanza rispecchi il ruolo ambiguo dell'Italia: da una parte impegnata con i partners europei per una identità europea dell'industria della difesa per contendere i nuovi mercati militari agli Usa e GB, oltre che dare una spinta forte, con il governo di centrosinistra, alla creazione di un esercito europeo, in grado di competere, almeno in parte, con il predominio Usa, dall'altra legata agli interessi USA sia militari, sia strategici.
E' necessario precisare che i paesi dell'ex blocco sovietico disponevano di una industria degli armamenti specializzata, finalizzata a una produzione specifica e quindi non in grado di sostenere l'onere di adeguare la propria struttura militare e tecnologica agli standard Nato.
Da alcuni studi emerge la grande possibilità da parte del capitale occidentale, sotto la motivazione ufficiale di riconvertire parte della struttura bellica (quella non funzionale ai nuovi sviluppi internazionali) di espandersi all'interno di questi paesi appropriandosi di tale industrie. La debolezza economica e politica internazionale di questi paesi, peraltro accentuata dalla necessità di adeguarsi ai parametri dettati dal FMI, consente una massiccia entrata di capitale straniero.
Le commesse militari, nella maggioranza dei casi, si giocano proprio attraverso l'impegno ad una contropartita in investimenti all'interno del paese in questione come compensazione (e questo lega chiaramente lo sviluppo dell'industria bellica e la possibilità di esportarla) agli interessi generali della borghesia imperialista.
E del resto è la stessa debolezza economica e politica internazionale di questi paesi, accentuata dalla necessità di adeguarsi ai parametri dettati dal FMI, a rendere appetibile questi paesi alla borghesia imperialista.
Basti pensare alla formazioni di joint ventures nella repubblica Ceca per la riconversione dell'industria leggera, portata avanti per l'80% da capitale tedesco, Volkswagen, Siemens, Mercedes, o della Slovacchia con la americana RED per la fabbricazione di equipaggiamenti per l'estrazione del petrolio.
Sul piano militare, senza mai dimenticarsi del concetto dual-use (uso civile e militare della moderna industria della Difesa) è da ricordare il progetto di modernizzazione del carro armato T92 insieme all'impresa belga SABAR e quella francese SFIM. La creazione dell'unione dei grandi produttori militari cechi denominata RDP, con l'obiettivo di dotare le forze armate di armi compatibili NATO, ha trovato molto interesse nella francese SOFMA, come ha suscitato grande interesse la grande capacità ceca nella costruzione di velivoli da addestramento.
Numerose industrie degli armamenti polacchi hanno avuto supporto straniero, con il rinnovo di una collaborazione pre-seconda guerra mondiale con la Svezia (come la collaborazione tra la polacca OBR STALOWA WOLA e la svedese SVEDOIS BAFORS WEAPON SYSTEMS) o attraverso la collaborazione con industrie tra le quali MARCONI (GB), ERICSSON (SV), THOMSON(USA), SAGEM (FR), DEVEL (SUD AFRICA).
In Ungheria viene creato nel 1991, come strumento di coordinamento per garantire la coordinazione tra il settore industriale, commerciale e della ricerca per la difesa e per coordinare la riorganizzazione delle forze armate, l'"Office Military Industriel". Attraverso questa operazione sono state create imprese per fabbricare equipaggiamenti completi: da veicoli armati con armi legger, a materiali elettronici per l'artiglieria. Con l'aiuto degli Stati Uniti sono stati rimodernizzati quattro aeroporti militari e dotati i MIG 29, di produzione russa, dei sistemi di identificazione amico - nemico IFF, indispensabili per l'aviazione ungherese nel contesto di operazioni NATO.
L'Ungheria ha una tradizionale capacità di attrazione del capitale straniero. Basta ricordare che la BERD, solo nel 1992, ha fatto investimenti per 1500 milioni di dollari, oppure gli investimenti fatti dalle imprese in joint ventures ROVER (GB), FORD (USA), PHILIPS (OL).
Secondo alcuni studi del Centro Alti Studi per la Difesa, la Bulgaria evidenzia ancora numerose contraddizioni in relazioni ad esistenti rapporti di cooperazione con la Russia per quanto riguarda il settore aerospaziale e per le imprese in joint ventures e alla fornitura di materiale bellico con alcuni paesi del medio oriente (sempre con la Russia intrattiene rapporti per la produzioni di missili anticarro, terra-aria, armi leggere, esportate poi in zone di conflitto come Balcani, Georgia e Tadjikistan).
Questo non ha impedito di investire alla Mc-Donnel Douglas nella produzione di un elicottero militare, alla ROVER per la fabbricazione di veicoli militari dedicati ai paesi Nato e alla MATRIX di collaborare per il miglioramento dell'industria elettronica verso gli standard occidentali.
L'attuale ruolo della Bulgaria rappresenta una garanzia maggiore di "attaccamento" agli interessi del capitale occidentale.
Il Capo di stato maggiore bulgaro ha dichiarato, nel corso di una intervista del luglio 2001, che l'esercito acquisterà aerei per una nuova squadriglia. "Nei nostri programmi non è ancora stato deciso se si tratterà di F-16, F-18 o di altri modelli", ha detto Miho Mihov. In ogni caso si tratterà di aerei in armonia con gli standard della NATO, ha precisato. Secondo il generale, "per il 2002 rimane da prendere la decisione politica per un allargamento dell'Alleanza. L'intero stato, e non solo l'esercito, deve prepararsi per la NATO". In considerazione di ciò, continuerà la preparazione delle unità dell'esercito bulgaro al fine di renderle operativamente compatibili con le forze della NATO.
L'industria bellica della Romania disponeva della capacità di produrre quanto necessario alla propria struttura militare oltre che ad esportare verso il medio oriente. Il processo di riconversione in settore civile rischiava, secondo alcuni esperti militari, di compromettere la capacità di produrre difesa. La scelta è passata attraverso l'attrazione del capitale occidentale nel settore aeronautico, di grande tradizione, che consentiva da una parte di mantenere una produzione civile attraverso la creazione della holding IAROM, gruppo di stato composto da 12 industrie aeronautiche, o gli accordi con la British Aerospace per la produzione di Boeing 737 e 757, dall'altra di reperire finanziamenti per la produzione militare, come per lo sviluppo dell'elicottero Puma 2000, su licenza francese, ma con la collaborazione israeliana per la realizzazione degli equipaggiamenti elettronici. Nuovi tipi di elicottero da attacco sono in sviluppo con l'impresa americana BELL HELICOPTERS e la europea EUROCOPTERS, con esiti ancora da definire.
Nell'ultimo anno si è definito il quadro di sviluppo nuovo per quanto riguarda la fornitura di materiale bellico per l'adeguamento alle forze Nato dei nuovi paesi aderenti o di quelli candidati.
Pur rimanendo aspra la competizione per aggiudicarsi le commesse degli stati dell'europa orientale, particolarmente dopo che Israele è sceso in campo ricercando una collaborazione con Lockeed Martin, la Turchia assume il ruolo di portatore e concorrente degli interessi dell'industria bellica americana.
E' bene ricordare che da tempo esistono stretti rapporti tra l'industria bellica turca e quella israeliana per quanto concerne la modernizzazione degli aerei da combattimento, in particolare riguardo i congegni elettronici.
La Turchia cerca così di ritagliarsi, all'esterno, una fetta di mercato tale da consentire di bilanciare la riduzione della spesa interna per gli armamenti, provocata dalla grave crisi economica. Alla Turchia viene concessa, dagli Usa, la possibilità di partecipare alle gare per le commesse di fornitura di aerei militari a Ungheria, Polonia e Austria, attraverso la fornitura di F16 prodotti da Lockeed Martin ma assemblati in Turchia dalla Turkish Aerospace Industry, facendo certamente infuriare i contendenti europei. Seconde alcune indiscrezioni, riportate da alcune riviste sul tema, tutto ciò è da ricercare nell'impegno turco nell'impedire le pretese iraniane nell'area dell'Azerbaijan e del Mar Caspio e per il suo ruolo di gendarme nell'area caucasica e dell'asia ex sovietica.
Non bisogna dimenticare che dall'area Turchia, Iran, Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan gli Usa puntano dal 1991 a creare sfere d'influenza nell'area compresa tra il Mar Nero e i confini occidentali cinesi per controllare una regione ricca di risorse energetiche (Riad ha offerto al Kazakhistan l'ingresso nell'OPEC), sia per mettere le mani sui corridoi strategici interessati dal passaggio di gasdotti e oleodotti.
La Saab/Bae si è aggiudicata la gara per la fornitura di aerei militari alla Repubblica Ceca dopo che Locheed Martin e Mc Donnel Douglas/Boeing hanno deciso di ritirare i jet F 16 ed F 18 dalla gara. Anche il Consorzio EADS e la Dassault hanno ritirato i jet EF 2000 Eurofighter e Rafale, mentre la Boeing ha confermato che la decisione di uscire dalla competizione è stata presa dal governo statunitense dopo che erano emerse chiaramente le pressioni politiche tese a far vincere la competizione al Gripen, che aveva riposto positivamente alle richieste del governo ceco di compensazioni all'industria nazionale superiori al 50% dell'importo del contratto, par i a 2,5 miliardi di dollari. Negli ultimi anni gli Usa hanno fornito aiuti militari alla Repubblica ceca per molti milioni di dollari e la mancata aggiudicazione delle sue industrie fa temere, ai ministri locali, un cambiamento nella politica Usa verso questo paese.
Secondo la rivista Analisi Difesa, l'Austria sembrava improntata a sostituire i 24 vecchi Saab Draken con altrettanti Gripen, ma avrebbe deciso di acquisire gli F-16 turchi, secondo quanto trapelato dopo la visita ad Ankara del premier Wolgagng Schussel, alla fine di luglio.
In Ungheria sembrava ormai certa l'acquisizione di 24 F-16 ex USAF offerti in leasing ad un costo complessivo di circa 500 milioni di dollari, ma l'offerta turca ha giocato decisamente al ribasso, garantendo lo stesso numero di velivoli ad appena 345 milioni di dollari. I vantaggi offerti dalla proposta di Ankara non riguardano solo la cessione di velivoli del tutto simili a quelli statunitensi, ma anche le garanzie offerte dalla TAI per quanto concerne assistenza tecnica, supporto logistico, ricambi e addestramento del personale.
Anche in Polonia i turchi potrebbero trovare aperture inattese. All'offerta di acquisto statunitense per 48 F-16 usati a 850 milioni di dollari hanno risposto Dassault (60 Mirage 2000 da costruire negli stabilimenti polacchi) e Saab/Bae (compensazioni pari al 100% della commessa per nuovi Gripen valutata circa 3 miliardi di dollari), ma secondo indiscrezioni i turchi si apprestano a rilanciare con un'offerta da una cinquantina di F-16 a circa mezzo miliardo di dollari.
I jet turchi potrebbero trovare un mercato anche in Slovacchia a spese del caccia leggero Bae Systems Hawk, favorito nella gara da un miliardo di dollari per 40 velivoli destinati a sostituire un centinaio di velivoli ex sovietici.
Nel frattempo nella repubblica Ceca si intensificano gli sforzi per l'ammodernamento degli aeroporti militari in modo da garantire la piena operabilità per le operazioni Nato.
Per la Bulgaria si prospetta la necessità di adeguare la aeronautica militare procedendo all'acquisto di mezzi in armonia con lo standard Nato, senza ancora aver ben definito se si indirizzerà verso gli F16 o altri tipi.
Certo le offerte turche potrebbero spiazzare i contendenti, ma nello stesso tempo la Turchia deve fare estremamente attenzione a non indebolire la presenza aeronautica nella sua area di controllo e deve fare attenzione a non superare i limiti concessi dagli Usa, che potrebbero intervenire facendo pressioni sugli stati dell'est per imporre il proprio interesse.
Le repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) hanno concordato al meeting di Tallinn del 13 febbraio scorso di acquisire congiuntamente materiali ed equipaggiamenti per le rispettive forze armate peraltro già integrate tra loro in un battaglione trinazionale per le operazioni internazionali di supporto alla pace. L'obiettivo è standardizzare gli equipaggiamenti e risparmiare denaro in vista del probabile ingresso nella NATO.
La repubblica ex sovietica dell'Azerbaijan, che prima partecipa al PFP e quindi ad esercitazioni congiunte e gode della protezione americana attraverso la Turchia per impedire l'espansione nell'area da parte dell'Iran, punta sul Pakistan per migliorare le proprie capacità militari e bilanciare il sempre più marcato sostegno di Mosca all'Armenia. Nel corso della visita compiuta a Islamabad il 23 e 24 maggio dal ministro della difesa azero, il generale Safar Abiev, sono stati messi a punto i termini di un accordo economico militare che includerebbe commesse per carri armati, artiglieria, armi leggere e munizioni "made in Pakistan" pagabili con forniture di petrolio.
L'accordo, che prevederebbe anche l'addestramento in Pakistan degli ufficiali azeri, contribuisce ad alimentare le preoccupazioni di Mosca per la costante penetrazione pakistana in Asia Centrale già concretizzatasi con il supporto diretto ai talebani afghani e con il sostegno ai movimenti di guerriglia islamici in Cecenia, Uzbekistan e Kirgyzistan.
L'Unione Europea è interessata ad affittare parte degli aerei cargo Iliushin 76 e Antonov in servizio nell'Aeronautica Ucraina per garantire rapidità di intervento al Corpo Europeo per la gestione delle crisi attualmente in fase di costituzione. Le grandi capacità di carico dei velivoli ucraini compenserebbero le carenze attuali dell'Unione Europea nel settore della mobilità strategica in attesa dell'ingrasso in servizio degli Airbus A 400M. L'impiego dei cargo ucraini garantirebbe al Corpo Europeo la capacità di intervenire in aree molto distanti senza il bisogno dei velivoli statunitensi C 5 Galaxy e C 141 Starlifter.
E ' chiaro che l'industria militare rappresenta un tassello fondamentale nel processo di sviluppo della economia capitalista e rappresenta un pezzo importante della strategia di dominio della borghesia imperialista sul proletariato internazionale. Incidere, in chiave rivoluzionaria, sugli interessi della industria bellica, rimane un elemento importante nello scontro contro la guerra e l'imperialismo.


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