Senza Censura n. 3/2000 [ ] Sulla strada dell'"adeguamento europeo". Sono purtroppo già tristemente famose le mobilitazioni dei prigionieri politici, oltre 12.000, detenuti nelle carceri turche, che si sono succedute negli anni con le richieste principali di condizioni di vita più dignitose in carceri dove chiunque farebbe fatica a sopravvivere. Sovraffollamento, mancanza di igiene, torture, pestaggi sistematici, corruzioni, vitto indecente, assenza di una possibilità di difesa legale... "In questo paese madri e padri vedono i loro figli e figlie uscire dalle prigioni nelle bare. Nei loro cuori bruciano le immagini dei giornali dei corpi dei prigionieri ridotti a pezzi, bruciati, perforati dai proiettili. Ricevono i corpi all'obitorio. Tutto ciò in uno stato che dicono stia diventando democratico"1. Le lotte dei detenuti politici, appoggiate in numerose carceri anche dai comuni, hanno anche portato qualche successo, impedendo per esempio alcuni trasferimenti di massa, ma spesso si sono risolte in ulteriori massacri. Dopo la morte di 12 prigionieri nello sciopero della fame del 1996, che, al di là della tragica fine, riuscì ad innescare comunque un'importante catena di solidarietà e mobilitazione, sollevando una ondata di indignazione in Turchia ed all'estero, lo stato turco ha cercato, e sta cercando, di impedire che nuovi momenti di lotta si sviluppino, per cercare di arrivare all'annientamento della soggettività politica rivoluzionaria. Questa soggettività continua però valorosamente a venire fuori con ogni mezzo possibile. Sequestri dei secondini, tentativi di gestione dei bracci carcerari, scioperi bianchi e della fame, mobilitazioni dei familiari all'esterno delle carceri sono tentativi per non essere dimenticati, per non essere dei "sepolti vivi", riportando l'attenzione sulla detenzione drammatica per i proletari nelle prigioni turche. Situazione che del resto riflette le pessime condizioni di vita dei proletari, moderni schiavi, all'esterno. Le risposte dello stato turco non si fanno attendere. Di fronte alla capacità di reazione dei prigionieri non bastano più pestaggi e torture. Prima i drammatici massacri che negli ultimi due anni hanno portato all'uccisione di decine di prigionieri, con irruzioni nei bracci in agitazione. L'ultimo il 26 settembre del 1999 che è costato la vita a dieci prigionieri nella prigione di Ulucanlar ad Ankara, soggetti ad ogni forma di tortura prima e dopo la morte. Ora nuove e più moderne pratiche di controllo e prevenzione del conflitto all'interno delle carceri si stanno diffondendo anche in Turchia. Così assistiamo all'inserimento di legislazioni di tipo premiale, con l'obbiettivo di arrivare ad una differenziazione tra i prigionieri, spingendoli all'abiura, la delazione, la dissociazione ed il pentimento. Per rafforzare ciò si sta introducendo il sistema dell'isolamento carcerario dei detenuti politici, che fino ad ora vivevano in camerate miste con i comuni. Nuove celle di 3 metri per 2 dove rinchiudere i prigionieri, esclusi definitivamente da qualsiasi contatto esterno. Nuove celle dove ottenere la distruzione fisica e psicologica del detenuto. "I risultati degli studi sull'uso dell'isolamento in Europa provano infatti che queste celle portano all'erosione della psiche, un senso di vuoto e nullità, impossibilità di andare avanti, alienazione dalla realtà, allucinazioni, percezioni sbagliate ed errori sensoriali, perdita di peso..." Non è un caso che queste ricerche si siano svolte sull'Europa. E' infatti qui che si sviluppano dai primi anni '70, questi sofisticati metodi. In Germania, Italia, Spagna, come negli USA, fecero parte delle risposte statali alle crescenti istanze rivoluzionarie del proletariato metropolitano e delle sue avanguardie politiche. Così si esprimeva nel 1986 il Direttore Generale delle Carceri spagnole: "La massima sicurezza è acquisita con il massimo isolamento". L'isolamento introdotto ora in Turchia persegue un duplice scopo: raggiungere il controllo delle prigioni, cosa che nelle strutture turche non è data viste le condizioni di vita fuori e dentro le carceri. "Lo stato non controlla le prigioni ma le controllerà", così spiegava i nuovi metodi il ministro della giustizia turco nel 1999. " I terroristi non devono comunicare con nessuno. Perché quando il prigioniero non comunica muore, come un pesce fuor d'acqua.....quando le fonti che nutrono lo spirito e l'idea terrorista sono tagliate fuori e prosciugate, il lato rivoluzionario del prigioniero, che è il lato distruttivo, sarà sradicato", spiegava ancora il ministro2. Il secondo scopo dell'isolamento è proprio la distruzione dell'identità rivoluzionaria del prigioniero. Quindi attraverso questa pratica lo stato turco, così come i suoi predecessori europei ed americani, vuole arrivare al controllo delle strutture carcerarie ed all'annientamento della soggettività rivoluzionaria. Del resto uno stato che vuol definirsi democratico, ed apparire come tale, non ha bisogno di massacri continui e dell'evidenza delle pratiche disumane ma necessità di adeguarsi alle legislazioni cosiddette democratiche, affinando gli strumenti di repressione e controllo. Quali migliori maestri degli stati occidentali cui ci si ispira. Nel 1999 il Procurato Capo della Germania così consigliava ai turchi come comportarsi con il terrorismo. " Non come fate voi con massacri e assassinii. Noi mettiamo i terroristi nelle prigioni per la vita e se per caso escono non ci pensano nemmeno a fare qualcos'altro". Proprio i tedeschi sono maestri nella messa in pratica dei metodi di isolamento carcerario e tortura fin dal 1970 con le Aree di Massima Sicurezza, dove vennero rinchiusi i primi prigionieri della RAF. Stanze di pochi metri completamente isolate, anche acusticamente, con l'esterno, dove la tortura era pratica continua. In Germania essa è ancora pratica corrente. Ha colpito nel 1999 il prigioniero del DHKP-C Ilhan Yelkuvan, arrestato e condannato al carcere a vita in isolamento ad Amburgo. Egli intraprese un lungo sciopero della fame per 63 giorni dal 30 novembre. Nonostante gli sforzi del governo tedesco di porre fine allo sciopero numerosa fu la solidarietà di altri detenuti del DHKP-C in Europa. Dopo 63 giorni la Germania ha dovuto concedere al prigioniero la revoca del provvedimento di isolamento. La "Qualità Europea" è l'etichetta migliore per la tortura delle celle di isolamento. Per contatti ed ulteriori informazioni: Committe for struggle against torture through isolation Kreuzweg no 12 20099 Hamburg www.noisolation.de tel/fax 00 49 4028053625 Note 1) Tratto dal bollettino dell'Associazione(turca) per i familiari dei prigionieri e coloro in attesa di sentenza per la lotta contro la tortura attraverso l'isolamento. In questo testo raccogliamo l'appello dell'Associazione per cercare di prevenire il massacro fisico e morale dei rivoluzionari prigionieri in Turchia. 2) The Ministry of Justice of Turkey's Handbook on Management of Prisons 1999 [ ] Close |