Senza Censura n. 3/2000 [ ] Crisi di internazionalizzazione e internazionalizzazione della crisi Elementi di dibattito su strutture sovranazionali e "controvertici" "Che cosa vuol dire l'accentramento! Il sistema creditizio che ha come centro le pretese banche nazionali e i potenti prestatori di denaro, e gli usurai che pullulano attorno ad essi, rappresenta un accentramento enorme e assicura a questa classe di parassiti una forza favolosa, tale non solo da decimare periodicamente i capitalisti industriali, ma anche da intervenire nel modo più pericoloso nella produzione effettiva ... questi banditi ai quali si uniscono i finanzieri e gli speculatori di borsa ... sfruttano la produzione nazionale e internazionale" K. Marx , Il Capitale, vol. 3, cap. 33. Nel settembre 1988, in occasione della riunione annuale del FMI-BM, più di 20.000 persone manifestarono a Berlino contro questa struttura economica sovranazionale denunciando gli effetti sociali devastanti dei piani di aggiustamento strutturale. Negli anni seguenti l'esigenza di lottare contro gli organismi e gli accordi internazionali della borghesia imperialista è divenuta un patrimonio comune del proletariato e dei movimenti di opposizione di tutto il mondo - inclusi i cosiddetti paesi avanzati. Memorabile, in questo senso, fu la protesta contro il FMI-BM degli operai sud-coreani che, vittime di licenziamenti di massa, nel corso di violente manifestazioni identificarono giustamente in questo organismo il maggior responsabile della loro condizione rileggendone correttamente l'acronimo: I'M Fired. Come memorabile fu l'insurrezione in Messico dell'EZLN il 1° gennaio 1994 in coincidenza dell'entrata in vigore del TLC (NAFTA). Si tratta di un processo che ha obiettivamente aperto un nuovo terreno di scontro tra proletariato internazionale e borghesia imperialista e che entrambi i contendenti affrontano con tutti i mezzi a propria disposizione cercando di volgerlo a proprio favore. Ma è evidente che le forme e gli sviluppi di questo confronto assumono contorni e si realizzano sulla base dei rapporti di forza esistenti tra le classi. E questi rapporti di forza sono dialetticamente connessi allo sviluppo storico delle gerarchie del sistema degli stati e alle oscillazioni della bilancia di potenza sul piano economico-finanziario e politico-militare. Nel secondo dopoguerra, questo sviluppo è contraddistinto strutturalmente da due fenomeni strettamente e reciprocamente condizionati: l'emergere di nuove potenze economico-politiche del già "terzo mondo" (in particolare nell'area asiatica) e l'espandersi della forma finanziaria del processo di accumulazione mondiale (tanto che essa rappresenta oggi - secondo stime ragionevoli - più di un decimo del prodotto mondiale). Dopo due conflitti mondiali, la "finanziarizzazione" dell'economia capitalista aveva portato all'istituzione di organismi sovranazionali incaricati di "dirigere" una politica finanziaria mondiale in assenza di una banca centrale mondiale e sulla base dei rapporti di forza allora esistenti. La permanente assenza di un potere monetario mondiale, l'espansione dell'economia finanziaria nelle nuove condizioni di produzione e l'emergere di nuove potenze hanno però determinato una crescente mobilità economica delle quote di capitale mondiale che impone la necessità di un maggior controllo politico-militare del pianeta da parte delle "vecchie potenze": un nuovo ordine mondiale, come ha recitato la propaganda del paese-guida imperialista nell'ultimo decennio del secolo scorso. Sta di fatto che con l'approssimarsi della fine del cosiddetto mondo bipolare è cresciuta la frequenza e l'importanza (anche e soprattutto propagandistica - o mediatica, come dicono certi esperti) dei vertici e delle "agende" dei vari organismi sovranazionali. Tuttavia, adottando come discriminante un criterio di gerarchia decisionale e tenendo conto dell'attuale processo di riallineamento delle gerarchie del sistema degli stati imperialisti e di definizione dei poli imperialisti, alcune istituzioni multinazionali della borghesia imperialista assumono un ruolo decisivo rispetto ad altre. Sotto questo punto di vista non è forse un caso che recentemente tra le strutture "economiche" sovranazionali (FMI-BM, WTO, OCSE ...) e del cosiddetto governo mondiale (ONU, G7, G8, NATO ...) quelle che esprimono realmente il tentativo di governo mondiale della borghesia imperialista siano la NATO e il FMI-BM: basti pensare da un lato alla guerra nei Balcani e alla questione del cosiddetto debito estero e, dall'altro lato, alla nutrita serie di fallimenti dei vertici degli altri organismi sovranazionali. In ogni caso, le proteste contro le strutture sovranazionali della borghesia imperialista si sono andate moltiplicando nel corso del tempo coinvolgendo i più disparati settori politici e di classe dei diversi paesi e prendendo di mira i più disparati organismi sovranazionali. Più recentemente l'informazione borghese, con riferimento al fallito Millenium Ruond del WTO, ha paventato la "globalizzazione" del cosiddetto popolo di Seattle: i mezzi di "informazione" sgomitano a pubblicizzare i movimenti di protesta (i controvertici) che, puntualmente e ormai specularmente, accompagnano i vertici delle diverse strutture sovranazionali. Si è arrivati al punto che nei paesi avanzati le "agende di lavoro" di movimenti antagonisti, neoimprenditori anticapitalisti (sic!), esperti mediatici e uomini di buona volontà vari traboccano di iniziative contro ogni riunione di ognuno di questi organismi e naufragano nell'indistinto attivismo di una notte in cui tutte le vacche sono nere: first to go last to know! Di fronte a questo fenomeno il dibattito e l'analisi del movimento rivoluzionario, come capita frequentemente, sono stagnanti da anni e spesso ci si accontenta di interpretazioni evidentemente unilaterali e parziali, ma emotivamente consolatorie. In sintesi possiamo individuare due posizioni "estreme": la prima (ottimista) considera positivamente, nel suo complesso e indipendentemente dalle posizioni politiche "arretrate" che oggi esprime, questo movimento in quanto oggettiva espressione della resistenza delle masse agli organismi di dominio della borghesia imperialista; la seconda (pessimista) considera negativamente, nel suo complesso e per le prevalenti posizioni politiche "arretrate" che oggi esprime, questo movimento che relega comunque ad una funzione di "opposizione virtuale e spettacolare" ad un poco evidente governo mondiale. La prima si consola considerando l'attivismo delle masse, la seconda considerandone la passività. Ma è evidente che si tratta di posizioni errate perché riduttive e che afferrano solo aspetti parziali del fenomeno decontestualizzandolo dalla profonda crisi di sviluppo del sistema degli stati e del modo di produzione capitalista. La prima assolutizza la giusta considerazione dell'emergenza di un nuovo terreno di confronto tra proletariato internazionale e borghesia imperialista, ma ne sottovaluta la direzione e i contenuti politici. La predominanza di tendenze che propugnano la riforma e la democratizzazione (magari con un rilancio di un modello ONU riveduto e corretto) di istituti quali il WTO, il FMI-BM, l'OCSE, la NATO ecc. indebolisce il proletariato mondiale svolgendo - oggettivamente e spesso a rimorchio di alcuni settori della borghesia imperialista - proprio una funzione di legittimazione politica di questi organismi: contribuiscono alla costruzione di una "travagliata storia" dell'affermazione del pacifico governo mondiale della borghesia imperialista! La Banca d'Italia o la BCE (i cui rappresentanti partecipano alle riunioni del FMI) sono forse "democratiche"? e forse per gli operai di Melfi lo è la Confindustria? La democrazia, fin dalla Grecia antica, è il potere politico dei liberi sugli schiavi e gli stranieri. E le cose, oggi, non sembrano cambiate molto. Perciò queste tendenze vanno criticate e combattute. La seconda assolutizza la giusta considerazione dell'attuale predominanza delle tendenze borghesi in questo movimento, ma sottovaluta che si tratta di un terreno reale e non semplicemente "virtuale" dello scontro di classe nei singoli paesi e su scala globale. Sicuramente manca la percezione che come esiste una gerarchia nel sistema degli stati imperialisti, esiste una analoga gerarchia negli organismi sovranazionali a cui questi stati hanno dato vita sia sul piano delle strutture economiche sovranazionali (FMI-BM, WTO, ASEAN ...) che su quello delle strutture del "governo mondiale" (ONU, NATO, G7 ...). Inoltre, non si considera che questi organismi - espressione concreta della gerarchia del sistema degli stati e della borghesia imperialista - insieme ai governi e agli istituti economici e finanziari dei singoli paesi non solo sono effettivamente responsabili dello sfruttamento e della miseria di un intero pianeta, ma rappresentano anche le "stanze di compensazione" in cui si realizza il dominio della borghesia multinazionale sul proletariato mondiale. E' noto che l'ultimo prestito del FMI-BM all'Italia fu negoziato (con le opportune "garanzie" da parte del nostro paese) nel 1977: 530 milioni di dollari che segnarono una svolta decisiva nello scontro di classe in atto dando slancio ad un attacco economico-politico-militare senza precedenti da parte dello stato nei confronti della classe e delle sue avanguardie per restaurare condizioni accettabili di valorizzazione del capitale e di dominio politico della borghesia imperialista. E' altrettanto noto che i cosiddetti piani di aggiustamento strutturale, oltre a determinare uno "sviluppo dipendente" dei paesi della periferia della metropoli imperialista, sono risultati uno strumento fondamentale, ad esempio, nell'eliminazione dell'obliata area del non allineamento. Dalla fine degli anni '70 in poi, lo strangolamento finanziario della Yugoslavia ha aperto la strada a quello politico-militare degli anni '90: le divise monetarie europee e quella statunitense hanno solo anticipato quelle militari della NATO! Perciò delle due, piuttosto che non tenerne conto, bisognerà avere nella massima considerazione gli sviluppi concreti che questi organismi avranno nel prossimo futuro. La crisi di internazionalizzazione del modo di produzione capitalista nasconde una internazionalizzazione della sua crisi che rimette in discussione le gerarchie del sistema e le sovrastrutture - nazionali ed internazionali - in cui si incarnano. Le ricette miracolistiche della "new economy" come strumento di gestione di un mercato mondiale sempre più integrato nella produzione e riproduzione delle condizioni materiali di esistenza - ma sempre più dilatato e rarefatto nella sua forma astratta di equivalente generale - e quale strumento di soluzione di questo processo di internazionalizzazione della crisi cominciano ad apparire in tutta evidenza per quello che sono: gli odierni strumenti di quell'aggressivo "protezionismo imperialista" che ha già prodotto due conflitti mondiali. Un esempio "giornalistico" per tutti. Quando nel marzo scorso venne ufficializzato l'accordo Fiat/Gm (che per altro si inserisce nel recente processo di rapida e gigantesca concentrazione del settore automobilistico mondiale) i rappresentanti "dell'azienda-Italia", del suo governo (D'alema in testa) e dei suoi sindacati sottolinearono in coro la bontà dell'accordo asserendo in gergo "neweconomese" che, in sostanza, le economie di scala che si sarebbero prodotte avrebbero consentito uno "sviluppo" dell'industria nazionale. Appena tre mesi dopo la cordata industrial-finanziaria Fiat/Gm annunciava la propria proposta di acquisto della sud-coreana e (finanziariamente) moribonda Daewoo! In un processo di internazionalizzazione della crisi del modo di produzione capitalista che non registra precedenti storici di estensione e profondità simili a quella odierna, le gerarchie di sistema nella pluralità di sovrastrutture del dominio mondiale della borghesia emergeranno con sempre maggior evidenza. In queste circostanze l'alternativa è elaborare, esprimere e praticare quando possibile un'iniziativa autonoma della classe sulla questione o accodarsi alle "rivendicazioni" di questa o quella frazione della propria borghesia imperialista (magari pretendendo "clausole sociali" di tutela delle condizioni di mercato da essa stessa determinate). Oggi la lotta per la riconquista della propria autonomia da parte della classe proletaria poggia su condizioni storiche inedite e su condizioni materiali più solide del precedente ciclo rivoluzionario mondiale. Nel secondo dopoguerra il proletariato si è rafforzato ed esteso sul piano quantitativo attribuendo alla classe un carattere fortemente internazionale ed urbano. Le stesse difficoltà evidenziate dalla crisi di espansione dell'attuale ciclo di accumulazione capitalista tendono a livellare sul piano internazionale, generalizzandole, le condizioni di riproduzione del soggetto proletario: è la stessa borghesia imperialista che, per arginare le sue faide interne, rivendica contemporaneamente "clausole sociali" per i suoi schiavi salariati del tricontinente e maggiore "flessibilità/precarizzazione" per i suoi schiavi salariati delle metropoli imperialiste. D'altro canto le spinte all'integrazione economica mondiale (la cosiddetta globalizzazione) cozzano con i meccanismi di realizzazione della legge del valore su scala mondiale e col processo di polarizzazione della ricchezza e delle classi imposte dal necessario sviluppo ineguale del modo di produzione capitalista. Ciò favorisce una accelerazione della strutturazione economico-politico-militare dei poli imperialisti che non sono più in grado di risparmiare neanche ai propri salariati gli effetti di un ormai inevitabile militarismo interventista. In queste condizioni, affidare ad una "riforma democratica" delle istituzioni sovranazionali la soluzione di questi problemi sarebbe come pretendere che le nuvole facciano smettere di piovere. L'ultimo ciclo di accumulazione capitalista ha cambiato la faccia del mondo: il proletariato sta imparando a sopravvivere in queste nuove condizioni, deve imparare anche ad agirle! [ ] Close |