Senza Censura n. 3/2000

[ ] Cosa scrive Mumia Abu-Jamal



In questo numero di Senza Censura vogliamo pubblicare due articoli di Mumia Abu-Jamal, entrambi riguardanti la figura ed il caso di Shaka Sankofa (precedentemente conosciuto con il nome di Gary Graham, di cui riporteremo le ultime parole), "giustiziato" dallo Stato del Texas il 22 Giugno scorso, dopo una carcerazione durata 19 anni. Al momento della iniezione letale che ha stroncato per sempre la sua vita, Shaka Sankofa aveva 36 anni.
Il suo caso ha rappresentato e rappresenta tuttora l'ennesima riprova di come le comunità (afro-americana e ispanica, in testa) escluse dai cicli produttivi e colpite dalle ristrutturazioni capitalistiche e dai tagli al welfare (anche se a questo punto è rimasto ben poco da tagliare), siano completamente alla mercé del razzista e borghese Governo degli Stati Uniti, che dopo aver reintrodotto la Pena Capitale quale strumento di morte nonché elemento di controllo sociale e fonte di profitto danaroso (basti pensare alle strette relazioni che intercorrono tra Governatori e multinazionali), ha negli anni aumentato qualitativamente questo strumento fino al punto di arrivare alle 98 esecuzioni del 1999, dopo aver cancellato per legge qualsiasi tipo di difesa che dovrebbe essere costituzionalmente garantita ad ogni prigioniero condannato.
E si badi bene: si sta parlando di "prigionieri", e non di semplici detenuti. Le cifre sono abbastanza esplicative in questo senso, e sbugiardano ogni tentativo da parte del Governo Usa e delle sue Istituzioni preposte ("Dipartimenti di Correzione") di definire la politica carceraria come una politica tesa alla rieducazione del "criminale".. Governo Usa e Istituzioni dovrebbero spiegare, invece, in quale contesto, nel Febbraio scorso, la popolazione carceraria statunitense ha raggiunto quota 2milioni, la più alta mondo relativamente alla popolazione generale. Dovrebbero spiegare in quale contesto si è arrivati ad avere una popolazione carceraria composta per più della metà da prigionieri afro-americani, quando la Comunità Nera rappresenta oggi negli Stati Uniti solo il 12% della popolazione generale.
Riurbanizzazione sociale delle grande metropoli americane (con conseguente militarizzazione del territorio e maggiori libertà d'azione per Dipartimenti e Agenzie di Polizia); nascita delle cosiddette "città fantasma", ovvero, quelle città nate e sviluppatesi attorno all'Industria Carceraria (trasformando vasti settori di una istituzione totale, quale è il carcere, in segmenti attivi della produzione capitalistica statunitense); una legislazione penale che alza giorno dopo giorno il livello di punibilità e di criminalizzazione dei soggetti; distruzione del tessuto sociale (con innalzamento dei conflitti tra comunità e all'interno delle stesse comunità): potrebbero essere questi alcuni nodi all'interno dei quali andare a trovare le risposte di cui sopra, che sappiamo bene, non ci giungeranno certo da qualche zelante politico o analista statunitense. Democratico o Repubblicano che sia. L'Amministrazione Clinton (Democratica) è stata l'Amministrazione ad aver investito i maggiori capitali (si sta parlando di migliaia di miliardi) nella costruzione di nuove carceri (soprattutto di carceri con sezioni speciali di lungo controllo dove l'azione da parte dell'Istituzione nei confronti dei prigionieri avviene sia a livello psichico che a livello fisico e che ha nel carcere di Pelican Bay lo standard maggiormente diffuso) e nell'incremento delle esecuzioni. La popolazione carceraria è passata dalle 883.656 unità del 1992 ai 2milioni nel Febbraio 2000. E le Amministrazioni che lo hanno preceduto, per inciso le Amministrazioni Reagan e Bush (entrambe Repubblicane), hanno aperto la strada e dato nuove direttive alla politica carceraria made in Usa, successivamente sviluppate.
Generalmente, su questioni quali carcere, e soprattutto, Pena di Morte, le tesi che vanno per la maggiore (anche a "sinistra") sono quelle di tipo umanitario, quelle cioè che rincorrono i singoli casi o le esecuzioni che di volta in volta vengono decretate. Ma questo tipo di percorso si è dimostrato storicamente perdente. Perdente perché teso ad eludere la concezione del carcere e della Pena di Morte quali elementi strutturali del sistema capitalistico, che parimenti con gli altri strumenti del sistema borghese (economici, ideologici, politici e militari), agiscono non soltanto nel tentativo di liquidare i momenti di conflitto ma nel trasformare gran parte del "sommerso dietro le sbarre" in fonte di guadagno. Perdente perché non atto a recuperare la vasta lacerazione (volutamente imposta attraverso una accurata differenziazione) che divide oggi, come corpi del tutto estranei tra loro, da una parte, i Prigionieri Politici e i Prigionieri di Guerra dal proletariato e sottoproletario detenuto; dall'altra parte, il sistema carcerario in generale dalla popolazione (anche se la distanza reale, viceversa, si è velocemente ridotta, attivando un ricambio costante dentro/fuori). Perdente perché manca di sostenere politicamente espressioni di radicale lotta di classe indirizzata alla sopravvivenza collettiva dei prigionieri. Lotte espresse dai prigionieri stessi dietro le sbarre, tra mura di cinta, unità di controllo e unità di massima sicurezza. Lotte che, come ad esempio quella del Panthers Unite for Revolutionary Education (P.U.R.E., collettivo di Prigionieri del Braccio della Morte in Texas), meriterebbero di essere valorizzate e sostenute e rilanciate.
Scriveva George Jackson poco prima di essere ammazzato dalla guardie del carcere di San Quintin, nell'estate nell'estate del 1971: "...quel che sta avvenendo nelle prigioni è la guerra. Una guerra che ha altri fronti: nei ghetti Neri, in seno all'esercito, davanti ai tribunali. Un tempo un militante in prigione era un soldato fuori combattimento. Per il potere la prigione era, dopo l'omicidio, l'arma più efficace contro i suoi avversari. Oggi, grazie ai militanti rivoluzionari imprigionati e ai detenuti 'comuni', trasformatisi in rivoluzionari nel corso stesso della loro detenzione, il fronte della guerra è arrivato all'interno delle prigioni. E' una lotta terribilmente impari perché le armi (lo si è visto molto recentemente ad Attica) sono tutte da una parte sola; ciò nonostante questa lotta preoccupa i dirigenti americani perché, ormai, le sentenze dei tribunali non riescono a farla cessare. Verdetti scandalosi hanno trasformato i detenuti in militanti; e, a sua volta, la lotta nelle prigioni rende derisoria la sentenza dei tribunali, qualunque essa sia. A questo punto al potere rimane una sola risorsa: l'omicidio..."
Dai primi anni '70 ad oggi molte cose sono cambiate. Il numero e la conseguente influenza dei prigionieri rivoluzionari (che rimangono comunque più di cento cinquanta) si è andata negli ultimi venti anni dissolvendo, portandosi dietro le più radicate organizzazioni di lotta. Pur tuttavia, le necessità di uccidere (attraverso "morti pulite") e di neutralizzare sia lo scontro di classe tuttora presente che il bacino stratificato del proletario extralegale, da parte del governo statunitense, rimangono intatte. Del resto, se consideriamo la dichiarazione di guerra non formale, frutto delle periodiche crisi economiche, che i governi hanno lanciato nel corso della storia nordamericana contro le comunità afro-americana, la comunità ispanica e latina, contro i nativi indiani e il sottoproletariato bianco non potrebbe essere altrimenti. Una guerra a tutto campo, che ritrova nel carcere (e nelle sue tipologie) uno dei suoi anelli portanti. E che individua nella sua distruzione uno degli obbiettivi principali come risposta alla sempre più crescente domanda di liberazione.


VITA E LIBERTÀ PER SHAKA SANKOFA (GARY GRAHAM)

(Questo articolo è stato scritto il 5 Maggio 2000, nei giorni in cui Shaka Sankofa veniva "condotto" nella cosiddetta Fase 2, isolato quindi da tutti gli altri prigionieri e impossibilitato a comunicare con chicchessia)

Alla giovane età di 17 anni, un giovane di nome Gary Graham si è trovato di fronte ad una terrificante realtà. Lo Stato del Texas e il procuratore distrettuale della contea di Harris avevano posto il sigillo sulla vita di un altro uomo Nero; un giovane Nero tra gli ingranaggi della macchina della morte. All'interno di un caso di omicidio, dove né impronte digitali, né perizie balistiche, né prove credibili furono portate a sostegno dell'accusa, Gary Graham veniva messo nelle mani del linciaggio legalizzato.
Dopo aver trascorso più della metà dei suoi anni nelle celle della morte del Texas, Gary Graham, che oggi conosciamo con il nome di Shaka Sankofa, è un giovane uomo che ha preso coscienza del suo ruolo e del ruolo della sua comunità dentro la storia.
Se c'è un crimine per cui l'assassino Stato del Texas cerca la sua morte, è certamente questo: un giovane Nero che pensa coscentemente in termini politici e collettivi, e che quindi va eliminato. Per Shaka Sankofa essere innocente non è abbastanza. Lo Stato e la giustizia federale, questa è la verità, ha provveduto a fare numerosi processi, tuttavia privi di qualsivoglia briciolo di giustizia. La sua vita, così come quella di migliaia di giovani uomini e giovani donne, è stata segnata fin dalla nascita, non certo all'interno di un procedimento penale.
Il caso di Shaka Sankofa rappresenta una sfida per tutti noi, non solo per quelli che combattono contro la pena di morte, ma per tutti noi che affermiamo di credere nella giustizia e nei diritti umani. Secondo i termini della legislazione internazionale (di cui gli Stati Uniti fanno parte), l'esecuzione di una persona minorenne al tempo dell'accaduto per cui viene accusato, è una violazione dei trattati internazionali. Ma l'Impero Americano si prende gioco di tutto ciò.
È necessario mobilitare la protesta e rafforzare la resistenza contro la macchina della morte per ottenere quello che deve essere il nostro evidente obbiettivo: la vita e la libertà di Shaka Sankofa

Mumia Abu-Jamal



UCCIDERE PER LAVORO: IL LINCIAGGIO DI SANKOFA

(Questo articolo è stato scritto il 22 Giugno 2000, poche ore dopo l'avvenuta esecuzione di Shaka Sankofa)

La sera del 22 giugno 2000, all'incirca alle 20:49, la vita di Shaka Sankofa è stata spenta dallo stato del Texas. Con un sorriso stentato e un cenno del capo, il Governatore del Texas George W. Bush ha spianato la strada per l'uccisione di un giovane Nero. Il linciaggio legalizzato di Sankofa, il 132° nella storia recente del Texas (il 135° secondo il TDJ, N.d.T.), è stato l'ultimo in ordine temporale di una lunga scia di uccisioni di stato. Tutti hanno avuto un solo obiettivo: spingere Bush, il più giovane, alla Casa Bianca. Con seri interrogativi sulla sua colpevolezza e altrettanti sulla competenza del suo primo avvocato d'ufficio che ha seguito il processo originale, il caso di Sankofa ha portato alla luce importanti contraddizioni sull'intera macchina della morte del Texas.
L'avvocato di Sankofa si è storicamente distinto per aver gestito una sottosezione nel braccio della morte in Texas chiamata in modo non ufficiale: "l'Ala della Beffa". L'ala prende il nome dall'avvocato della difesa della Contea di Harris, Ronald G. Mock, i cui dodici clienti da lui seguiti furono spediti diritti nel Braccio della Morte. Il processo di Sankofa durò a suo tempo 2 giorni e l'avvocato (Mock) non chiamò alcun testimone a deporre nella fase probatoria del procedimento. In una recente intervista, Mock ha detto davanti ai giornalisti, per altro vantandosene, che egli era stato bocciato all'esame di legge criminale alla Scuola di Legge "Thurgood Marshall" della Southern University del Texas. Non chiamò a deporre, né interrogò, i due testimoni oculari che avrebbero discolpato Sankofa dall'assassinio del 13 maggio 1981 di un uomo bianco di 52 anni. Uno dei suoi ex colleghi, l'avvocato Chester L. Thornton, in un'intervista recente ha descritto Ron Mock come il tipo di "avvocato che non si attiene alle leggi" (New York Times, 11/6/2000). Ha fatto gli interessi dei giudici, forse, affrettando i tempi dei processi, ma di certo si può difficilmente dire che abbia fatto gli interessi dei suoi clienti, la maggior parte dei quali sono morti. Lo spirito forte e ribelle di Sankofa ha attirato centinaia di sostenitori nella città della morte, Huntsville, per manifestare in favore della vita.
Il caso di Sankofa è un atto di accusa verso uno stato che è, in sostanza, costruito sul più premeditato degli omicidi. I politici e i loro portavoci, i media corporativi, commettono molti dei tipi di crimini che scuotono le principali città degli Stati Uniti, come gli stupri, le rapine e gli omicidi. Ma, di solito, i poveri commettono i crimini per denaro. I politici uccidono i poveri per un loro vantaggio politico: per una promozione, per un lavoro. Qual'è peggio? Chi condannerà un sistema politico criminale? Ricordate Shaka, e come il suo possente omonimo (dell'Impero Zulu), costruiamo un esercito dedicato alla vita e alla distruzione della macchina di morte. Comprendiamo che non ci sarebbe stata differenza se ci fosse stato un democratico a impartire il veleno nella stanza della morte ad Huntsville. Shaka Sankofa è stato ucciso da un sistema politico mortale, non da un partito politico.
Facciamo crescere il movimento!

Mumia Abu-Jamal


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