Senza Censura n. 2/2000

[ ] Repressione e mondo del lavoro


Intervento di apertura dell'iniziativa sulla repressione dei lavoratori
al CPA di Firenze-Sud il 12 maggio 2000

Venerdì 11 febbraio si è svolto al CPA un dibattito sul tema della repressione politica, il cui intento era quello di riaprire una riflessione sulle forme e sulle strategie che lo stato adotta contro i soggetti che si oppongono alla profonda trasformazione in atto negli ultimi 20 anni.

In continuità con tale iniziativa il CPA, il movimento per la confederazione dei comunisti/e e il collettivo politico di scienze politiche, propongono un nuovo dibattito per approfondire il tema della repressione messa in atto nel mondo del lavoro che colpisce le avanguardie e i lavoratori in generale.
Anche nella specificità della repressione dei lavoratori e più in generale nel mondo del lavoro è necessario affrontare la questione tentando di individuare la struttura repressiva tesa a prevenire e controllare il conflitto, e l'apparato giuridico-poliziesco utilizzato in particolare contro le avanguardie di lotta.
In questi anni si sono susseguiti leggi ed accordi con lo scopo di accrescere i profitti; per raggiungere tale scopo questi accordi contengono numerose norme tese a limitare la capacità conflittuale dei lavoratori come gli accordi di luglio del '92 e del '93 e i patti sul lavoro.

I rinnovi contrattuali sono stati così privati della spinta rivendicativa che li accompagnava sottraendo agli operai quel ruolo di soggetto trainante delle lotte di tutta la classe, rimandando alla concertazione ogni decisione che regola i rapporti tra le parti.

In nome della flessibilità vengono sempre più spesso sia stipulate che utilizzate forme di contratto che non garantiscono la stabilità lavorativa (contratti di formazione e lavoro, contratti a termine, lavoro interinale) e diventano per questo strumento di ricatto nei confronti dei lavoratori meno propensi a sottomettersi a questa logica. Altre forme di contratti particolari sono i contratti d'area utilizzati al sud, che prevedono salari più bassi e che sono possibili visto l'elevato tasso di disoccupazione; o forme come il Patto per il lavoro di Milano, che regola il lavoro degli immigrati, riducendo salari e garanzie lavorative. La necessità di avere un lavoro per ottenere il permesso di soggiorno rende questi lavoratori l'anello debole della classe, in quanto maggiormente ricattabili. Questa mancanza di stabilità lavorativa impedisce il radicamento nell'ambiente di lavoro, ostacolando di fatto forme di organizzazione durature ed incisive.

La stessa riorganizzazione della produzione, processo intrinseco alle esigenze del mercato, è passata con una connotazione neutra, mentre ha in realtà anche l'effetto di disgregare e dividere la classe, dato che il precedente modello di produzione fordista aveva reso possibile l'aggregazione di operai che vivevano le stesse condizioni e che, quindi si univano per le stesse lotte.

I processi di esternalizzazione funzionano da strumento forte per dividere la classe, limitare la capacità di rivendicazione collettiva attraverso la frammentazione dell'azienda madre in tante piccole aziende, molte volte di sua proprietà. I lavoratori si ritrovano con contrattazioni diverse, spesso dipendenti l'uno dal lavoro dell'altro, l'uno controllore dell'altro.
Un ruolo chiave è stato giocato dai vertici sindacali che, totalmente dipendenti dalle forze politiche, con il loro consenso facilitano questo processo e sono diventati strumento di controllo sui lavoratori e stanno riprendendo a pieno titolo il ruolo di delatori delle avanguardie.

I massmedia preparano il terreno a questi continui attacchi nei confronti dei lavoratori trasformandoli da soggetto portante delle rivendicazioni di tutto il proletariato, a soggetto conservatore, corporativo. Un esempio è Termoli dove il tentativo di introdurre i sabati lavorativi con contratti atipici è stato giustamente contestato dai lavoratori dello stabilimento etichettati come conservatori che pur di mantenere il loro impiego non permettono nuovo lavoro ai giovani. Questa situazione oltretutto è facilitata dalla stessa dislocazione della fabbrica, dalla cui attività dipende gran parte della cittadinanza, che si sente legittimata a controllare e a sindacare le scelte di lotta degli operai. Inoltre, una dura campagna massmediatica viene portata avanti per spianare la strada alle nuove norme di limitazione al diritto di sciopero, diritto duramente conquistato con il sacrificio di molti lavoratori, sancendo, secondo loro, la definitiva scomparsa della contraddizione capitale/lavoro. Così come negli anni passati le avanguardie delle fabbriche sono state etichettate dalla stampa come "terroristi" e "criminali", oggi giornali e televisione parlano di coloro che scioperano soltanto nei termini di chi crea danni e disagi alla cittadinanza e diserta il lavoro.

Nella stessa ottica di attacco ai diritti dei lavoratori vanno visti i referendum sociali proposti dai radicali. Il tentativo di abrogare l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori non è soltanto un attacco ad un singolo diritto, ma è soprattutto un modo per soffocare preventivamente le lotte.

L'attività dei massmedia precede sempre l'azione di magistratura e polizia. I licenziamenti politici, l'emarginazione in reparti confino, sono solo alcune delle forme di repressione poliziesca che si aggiungono alle cariche ogni qual volta lavoratori e disoccupati si avvicinano al centro del potere politico, sia esso rappresentato da governi locali o nazionali.
Il controllo all'interno dei posti di lavoro assume caratteristiche di vero e proprio intervento poliziesco, fatto di falsi lavoratori, spie varie, perquisizioni, relazioni segrete e digossini infiltrati nelle assemblee.

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