ANARCHICI: E' COMINCIATO IL PROCESSOLo scorso 17 Luglio, una cinquantina di compagni/e anarchici/e sono stati/e rinviati/e a giudizio davanti alla Corte d'Assise di Roma per rispondere dei reati previsti dagli artt. 270, 270 bis e 306 del codice penale (associazione sovversiva con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico e banda armata) in quanto, secondo il teorema accusatorio, avrebbero costituito, dal 1986 al 1996, un'agguerritissima organizzazione armata (denominata O.R.A.I.) con la finalità di sovvertire violentemente l'ordinamento democratico e costituzionale. A prescindere dalla non irrilevante considerazione che nessuno, fino al settembre 1996 (quando cioè si aprirono le porte delle galere per alcune decine di compagni e compagne), aveva mai sentito parlare dell'O.R.A.I. (Organizzazione rivoluzionaria anarchica insurrezionalista, secondo quanto comunicato agli organi di informazione dal PM dott. A. Marini) e che nessuna azione od attentato è mai stato rivendicato con questa sigla, durante 10 anni di supposta attività sovversiva, va sottolineata la mole di gravi illegalità che, dal punto di vista dello stesso diritto borghese, si è consumata nel corso dell'inchiesta. Intanto, non è stato rispettato l'obbligo di interrogatorio nei cinque giorni dall'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare, e per far valere questo diritto, sancito sia dalla Costituzione che da convenzioni internazionali, è stato necessario arrivare fino alla Cassazione. Dopo oltre un anno, la corte suprema ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare per Alfredo Bonanno ed Emma Sassosi, e per il 26 novembre è fissata l'udienza che dovrebbe portare alla scarcerazione di tutti gli altri compagni. Ma ciò che come compagni e compagne dovremmo considerare con più attenzione, è il significato dell'informativa riservata dei ROS, giunta nel mese di luglio, alla vigilia dell'udienza preliminare, in plichi anonimi, ad alcune radio di movimento, ed allegata, poi, dagli avvocati agli atti del processo. Il magistrato inquirente, anzichè disporre un'immediata perquisizione nella sede ROS, ha delegato l'inchiesta agli stessi carabinieri e ordinato perquisizioni e sequestri presso alcuni compagni e presso la sede di Radio Black Out a Torino, con la chiara finalità di dimostrare che il documento in oggetto era un falso fabbricato dagli stessi anarchici. Il documento di circa 15 pagine, di cui pubblichiamo alcuni stralci, appare invece altamente veridico ed è significativo di come nel concreto operino ancora oggi gli apparati repressivi. I vertici del ROS (nell'informativa citata) ammettono che al momento (1994) gli anarchici cosiddetti insurrezionalisti non costituiscono un pericolo concreto per le istituzioni, ma, per ciò che dicono e scrivono, potrebbero costituirlo; quindi, meglio agire nei loro confronti preventivamente, utilizzando qualsiasi mezzo idoneo allo scopo, anche il falso pentito. L'invio, poi, di questa informativa riservata ad alcune realtà del movimento antagonista non deve sorprendere. Lo scontro tra i vecchi apparati dello stato e le nuove politiche imperialiste di governo e controllo del conflitto di classe è evidente. Da un lato, la vecchia solita repressione, dall'altro, il nuovo carattere di controrivoluzione preventiva che tende a convogliare ed inglobare nelle istituzioni democratiche, per svuotarle di contenuto, le tensioni antagoniste. La mano tesa con l'invio del documento ROS non può avere quindi che un significato: chiamare l'area antagonista a difesa delle istituzioni! Non può infine non rilevarsi come il vecchio metodo repressivo adottato nei confronti degli anarchici rappresenti una contraddizione, una non insignificante anomalia nell'attuale progetto generale di pacificazione. Ma che la partita non sia chiusa lo dimostra l'ultima bomba rinvenuta a Roma presso la corte di cassazione... che i ROS e i servizi segreti siano estranei a tutto questo?
Il processo agli anarchici riprende il 1° dicembre all'aula bunker del Foro italico, V. dei Gladiatori, Roma. [torna all'inizio della pagina] |