SENZA CENSURA N.4 - NOVEMBRE 1997

LE PROSPETTIVE DEL DIBATTITO

Intervento di compagni e compagne del movimento antagonista italiano al tavolo di Almunecar

Siamo un gruppo di compagni e compagne provenienti da diverse zone dell'Italia e che fanno parte del movimento antagonista italiano.

Prima di parlare specificamente della situazione della prigionia politica in Italia, vogliamo fare una premessa di carattere generale. La questione della prigionia politica deve essere considerata un riflesso della società capitalistica e delle contraddizioni che essa produce; per cui i/le prigionieri/e politiche, siano portato delle lotte per l'autodeterminazione e la liberazione di un popolo, siano interni ad un conflitto di classe all'interno degli stati, sono espressione dello scontro di classe sempre esistente. Finché ci sarà lotta di classe, ci saranno rivoluzionari prigionieri e il tentativo di annientamento di tutti coloro che cercano di opporsi all'oppressione e allo sfruttamento. Solo in un'ottica di liberazione di classe, si può affrontare la questione della prigionia politica.

Ritorneremo dopo su questo discorso; passiamo, intanto, ad analizzare il "caso Italia", caratterizzato dall'esistenza di circa 250 prigionieri e prigioniere politiche, di cui circa 80 ancora nelle carceri speciali, oltre a circa 200 esuli.

Questi/e prigionieri/e sono il portato di uno scontro di classe che aveva raggiunto livelli elevatissimi in Italia nel corso degli anni '70 e oltre, e che ha visto, da una parte, il movimento rivoluzionario lottare in svariate forme, anche la lotta armata, per una radicale e profonda trasformazione della società; dall'altra, lo stato dotarsi di un apparato repressivo sempre più elaborato ed articolato, teso ovviamente a spezzare questa volontà di lotta e di emancipazione, con vari strumenti di dissuasione e di deterrenza (usati ancora oggi) per chi non era disposto ad abbandonare la lotta: gli assassinii di piazza, gli arresti per manifestazioni non autorizzate, la carcerazione preventiva fino a 12 anni, l'applicazione del totale isolamento (art. 90) nelle carceri speciali costruite appositamente per questo.

Circa 7.000/8.000 tra compagni e compagne conobbero le "delizie" delle nostre galere, chi per pochi giorni, chi per svariati anni, chi è ancora oggi ostaggio di uno stato che, anche se ha facce diverse, è lo stesso di allora, ed utilizza gli stessi strumenti e la stessa logica "emergenziale", affinando l'uso preventivo della repressione, la strumentalizzazione della magistratura, la criminalizzazione delle lotte sociali, per impedire un innalzamento del livello del conflitto. La repressione che tutte le strutture e i collettivi di movimento devono affrontare quotidianamente, dimostra come l'apparato repressivo continua ad operare nei confronti dei conflitti sociali giovanili, operai e altro.

Ed è proprio perché consideriamo la lotta per la liberazione delle compagne e dei compagni prigionieri interna ad un percorso di lotte che si ponga la prospettiva di trasformazione dell'esistente, che non possiamo accettare le cd. opzioni "soluzionistische" della questione prigionia politica in Italia, che sono fra le posizioni del dibattito apertosi in Italia, che, a parte i limiti di alcune iniziative specifiche, ha avuto il merito di aver stimolato una discussione sul tema.

Questo dibattito vede, dunque, gruppi che richiedono la soluzione dell'"indulto", ossia di un provvedimento legislativo che riduca le pene comminate e che, secondo questa posizione, sarebbe la più facile da adottare e consentirebbe una soluzione immediata. Ma, questo purtroppo comporterebbe una differenziazione nel trattamento dei diversi prigionieri e prigioniere, in quanto non sarebbe possibile la scarcerazione di tutti e tutte contemporaneamente, e ci sarebbe, appunto, una differenziazione a seconda delle pene a cui erano stati/e condannati/e e del comportamento in carcere. A titolo esemplificativo, basti pensare che a fronte di chi ritornerebbe in libertà immediatamente, l'ultimo prigioniero uscirebbe dal carcere nel 2007.

Per cui se passasse una legge simile, i prigionieri e le prigioniere rivoluzionarie verrebbero considerate singolarmente e personalmente, e non come parte di un tessuto collettivo di cui sono prodotto e a cui continuano a richiamarsi.

L'altra proposta di cui si discute, nell'ambito di questo dibattito in Italia, è quella relativa all'amnistia, che, comunque, attualmente, dati i rapporti di forza tra le due parti contrapposte del conflitto, sarebbe un provvedimento legislativo adottato dallo stato e concesso come perdono, e non il risultato di percorsi di lotta, per cui perderebbe la sua valenza di liberazione.

L'altra posizione, all'interno di questo dibattito, che rispecchia le nostre idee, è quella di portare avanti e stimolare un dibattito che sia in grado di creare una pratica continua, capace di superare l'ambito istituzionale e di richiesta nei confronti dello stato e della trattativa pura e semplice per approdare ad un percorso di liberazione della classe.

Ed è per questo che riteniamo importante rivendicare i compagni e le compagne prigioniere come soggetti interni e riconosciuti dalle lotte sociali. Parlare di prigionia politica significa riappropriarsi della memoria per comprendere la situazione attuale alla luce di quella passata e reinvestire quel patrimonio nello sviluppo della lotta proletaria.

Quello che la borghesia vuole impedire è proprio la trasmissione della memoria rivoluzionaria ed è per questo che tenta di distruggere l'identità dei prigionieri e delle prigioniere rivoluzionarie con gli strumenti dell'isolamento. della tortura, delle leggi sul pentimento e sulla dissociazione...

Lottare per la loro liberazione, quindi, significa lottare contro il carcere nel suo complesso e contro tutte le istituzioni totali: il carcere è uno strumento del dominio di classe.

Altro punto che vogliamo evidenziare è la dimensione internazionale della questione della prigionia politica. Come è emerso da tutti gli interventi dei compagni e dalle compagne presenti a questo tavolo di discussione e provenienti da varie parti del mondo - anche se vogliamo sottolineare la mancanza di compagni/e rappresentativi di realtà di lotta in cui si vive in modo drammatico il problema della prigionia politica (Kurdi, Turchi, Palestinesi, Peruviani, Cileni...) - l'imperialismo usa con tutti i popoli del mondo gli stessi strumenti repressivi accennati prima: carceri speciali, torture, deprivazione sensoriale, situazioni di desolidarizzazione, e continua ad investire nella costruzione di carceri in ogni angolo del mondo.

Di fronte all'estendersi a livello mondiale del capitalismo che deve mantenere una politica di globalizzazione, una prospettiva di liberazione dei/delle prigionieri/e va necessariamente affrontata in relazione con quella di liberazione a livello globale.

Ed è per questi motivi che riteniamo importante promuovere "Incontri" di strutture, collettivi, soggetti che, nei diversi paesi del mondo, lottano contro il carcere per la liberazione, in modo da condividere e socializzare le nostre esperienze di lotta.
Ed è per gli stessi motivi che avanziamo alcune proposte:

1) una rete di comunicazione a livello internazionale costante e stabile, utilizzando fax, internet, etc... da organizzare a livello tecnico al più presto;

2) l'organizzazione e la partecipazione ad un convegno internazionale, magari a livello continentale, in cui si discuta la questione della detenzione politica in termini di prospettiva di liberazione;

3) una giornata di mobilitazione internazionale, con iniziative contemporanee in vari paesi del mondo, nelle date da decidere in questa "mesa" di Almunecar, pur senza dimenticare le giornate internazionali di lotta per la liberazione dei/delle prigionieri/e rivoluzionari/e già esistenti e vissute: il 19 Giugno (strage nel carcere di El Fronton in Perù) e il 10 Dicembre (giornata internazionale dei "diritti dell'uomo") indicata come giorno di lotta per i prigionieri e le prigioniere politiche a livello mondiale, dai partecipanti al I Incontro intercontinentale in Chiapas nel 1996.

compagni e compagne del movimento antagonista italiano

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