SENZA CENSURA N.3 - APRILE 1997

IL BUSINESS DELLE CARCERI PRIVATE

LE PRIGIONI PRIVATE NELLO STATO DEL VICTORIA (AUSTRALIA): PARTE DI UNA INDUSTRIA MONDIALE

Con poca pubblicità e quasi nessuna contestazione del meccanismo degli appalti, il governo Kennet è riuscito a completare il suo piano di privatizzazione del sistema penitenziario dello Stato di Victoria: prigioni private per circa l'80% delle donne incarcerate e per il 45% del totale dei prigionieri del Victoria.

Tutto questo è avvenuto senza che sia circolata alcuna informazione in merito a questi appalti per una clausola istituita dal governo Kennet a difesa della cosiddetta "riservatezza commerciale" [vi è un analogia con quanto avviene in Italia con quei tipi di privatizzazione che lo stato conduce attraverso trattative private, che vengono scarsamente pubblicizzate e di cui spesso si viene a sapere solo a fatti compiuti ndt].

Questa clausola rende virtualmente impossibile ai gruppi che intervengono nel sociale e a chiunque sia interessato, accedere alle informazioni circa le proposte di privatizzazione o le gare di appalto.

La stessa clausola è stata anche utilizzata nel caso di altri grandi affari con l'obiettivo nascondere alla maggioranza della popolazione fatti riguardanti impopolari progetti di speculazione come il Crown Casino, l'Albert Park Grand Prix, il Citylink, la privatizzazione dell'industria elettrica... e la lista potrebbe proseguire.

Allo stesso tempo, invece, le lobbies del grande business sono riuscite a volgere a loro favore il sistema giudiziario ottenendo la condanna di molti attivisti.
Queste condanne, così come il fatto che le stesse corporation abbiano ripetutamente inviato lettere piene di minacce a quegli stessi attivisti, mostrano chiaramente come queste grandi imprese temano che l'opinione pubblica possa essere informato della loro storia e delle loro attuali speculazioni.
E molto probabilmente la maggior parte di queste compagnie hanno veramente una storia che preferirebbero tener segreta.

Le compagnie di cui stiamo parlando sono la Australian Correctional Management (A.C.M.), la Corrections Corporation of Australia (C.C.A.) ed il Group 4 Remand Services Ltd.

La Australian Correctional Management

La ACM, che ha ottenuto l'appalto per una prigione maschile da 600 posti a West Sale, è di proprietà della American Warkenaut Corporation e attualmente sta gestendo il Junee Correctional Centre in N.S.W. e la Arthur Gorrie Remand and Reception nel Queensland.
Entrambe queste prigioni sono state afflitte da problemi sin dalla loro apertura.

Le rivolte e le agitazioni a Junee sono state innumerevoli a causa del personale senza esperienza, con una formazione veramente insufficiente e pagato di meno rispetto ai loro colleghi impiegati dallo Stato, a fronte di peggiori condizioni di lavoro .

Un gran numero di agenti di basso grado, con solo uno o due anni di esperienza nel sistema carcerario statale, fu collocato (con procedure poche chiare) dalla A.C.M. come assistente/rappresentante del direttore del carcere di Junee, ruolo che normalmente è ricoperto da agenti con dieci o più anni di esperienza.

Questa circostanza ha avuto un impatto molto pesante sui quei detenuti così sfortunati da essere incarcerati in questa prigione, in cui episodi di violenza e di abuso di droghe avvengono in una percentuale maggiore di quella ordinaria e ha determinato numerose proteste per la assoluta mancanza di programmi educativi e formativi all'interno della prigione.

Ma sicuramente l'aspetto più drammatico del disordine determinato dalla logica di profitto è il numero di quanti sono morti in questa prigione di media sicurezza.
Dall'aprile del 1993 ci sono state quattro morti fra i detenuti a Junee: una per omicidio, due per suicidio e una quarta relativa ad un episodio la cui dinamica deve ancora essere determinata dall'inchiesta giudiziaria.

Lo Arthur Gorrie Remand and Reception Center di Brisbane segue purtroppo la stessa "tradizione A.C.M." e la sua gestione è oggetto di una grande quantità di proteste per l'affollamento e la mancanza di servizi. In questo carcere vi sono stati otto morti fra i detenuti dal novembre 1992 al settembre 1995, che vuol dire una percentuale di decessi che non può essere paragonata con quella di qualsiasi altra prigione in questo decennio.

Se si vuole avere un quadro realistico di quello che può accadere in una prigione privata, allora si devono esaminare le prigioni della American Wackenhut Corp.
Funzionari di questa compagnia sono stati accusati (e sono state fornite le prove) di essersi appropriati indebitamente di più di 700.000 dollari dei fondi pubblici del Texas. Questi fondi statali, che erano destinati a programmi di riabilitazione dalla tossicodipendenza, venivano invece usati per l'acquisto di telefonini ed per viaggi privati in Inghilterra.

Alla prigione di Lochart della Wackenhut, lavorano in subappalto altre tre compagnie private.
Una di queste, la Lochart Technologies Inc, che produce componenti meccanici, con il lavoro dei detenuti è riuscita a costruirsi una nuova fabbrica e quindi ha chiuso i propri impianti di Austin (Texas), licenziando i dipendenti e traslocando nella fabbrica-prigione tutti i macchinari industriali.
Chiaramente i detenuti di Lochart vengono pagati con salari minimi e l'amministrazione carceraria ne trattiene l'80%.
Purtroppo in tutto questo non ci sarebbe niente di cui stupirsi se non fosse che il Wackenhut's Board [la direzione - ndt] del carcere e composta da ex-membri del F.B.I., della C.I.A. e delle forze armate americane.

La Correction Corporation of Australia

La Correction Corporation of Australia (C.C.A.), che concorre per l'appalto di una prigione femminile da 125 posti a Melton, partecipa alla gestione del Borallan Correctional Centre in Queensland. Anche se la compagnia e il governo del Queensland parlano di questa prigione dipingendola come una prigione privata modello, entrambi nascondono l'accordo in base al quale in questa prigione non viene trasferito alcun detenuto che richieda protezione, che abbia tendenze suicide, disfunzioni psichiatriche o che necessiti di sorveglianza medica a lungo termine.

Non è un caso allora che se ne possa parlare come di un carcere modello dal momento che tutti i detenuti sono soggetti che possono essere facilmente tenuti sotto controllo. E infatti al Borallan Correctional Centre, dalla sua apertura nel 1990, c'è stato un solo caso di morte nella popolazione detenuta.

La C.C.A. è di proprietà della Correction Corporation of America che gestisce, sin dal 1983, alcune prigioni negli stati del sud degli USA e cioè Texas, Tennessee, Florida e New Mexico, tutti Stati che sembrano quasi essere in gara tra loro per vedere chi riesce ad imprigionare il maggior numero di persone.

In questi stati non esiste praticamente nessuna forma di rappresentanza delle pur vaste popolazioni di detenuti, il che si accorda perfettamente con la "filosofia" di compagnie come la Correction Corporation of America, che su una situazione di questo tipo fonda i propri profitti.

Il direttore della C.C.A. è un certo Don Hutto, ex direttore di carcere in Virginia ed in Arkansas. che fu condannato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti per violazioni all'ottavo e al quattordicesimo emendamento della costituzione americana, in relazione a "crudeli ed insoliti metodi punitivi". Questa è la persona che Jeff Kennet vuole collocare a guardia di donne detenute.

Il Group 4 Remand Services Ltd

Il Group 4 Remand Services Ltd, che concorre per l'appalto della gestione di una prigione maschile da 600 posti (destinata a detenuti in attesa di giudizio) a North Laverton, è un impresa britannica che si è sviluppata in Australia sin dalla fine degli anni 70.

Questa corporation ha recentemente cercato di acquisire delle quote nella privatizzazione del sistema di trasporto pubblico di Adelaide e gestisce il Mt. Gambier Correctional Centre: in soli sette mesi dall'apertura (giugno 1995) è già morto un detenuto.

Il Group 4 gestisce attualmente il Wolds Remand Centre e la Buckley Hall Prison in Gran Bretagna.
Il sistema carcerario britannico è stato fatto oggetto di un programma radicale di privatizzazione, in modo analogo a quello in atto nello stato australiano del Victoria. un programma di privatizzazione che ha tra i suoi risultati quello di un incremento delle aggressioni rispetto alla media delle prigioni statali e rapporti sugli incidenti pieni di omissioni

La Correction Corporation of America che gestisce la prigione di Blakenhurst ha ricevuto multa di oltre 40.000 sterline per questi motivi.
Un agente di Blakenhurst è stato arrestato a causa della morte di un uomo di 33 anni, Alton Manning, dopo un pestaggio. Il Wolds Remand Centre è stato fatto oggetto di molte proteste dopo questo episodio, ma il Group 4 è riuscito a darsi una "riverniciatura" grazie anche all'aiuto di diversi giornali.

Stephen Twinn, il direttore operativo del Group 4, ha affermato sull'Herald Sun di Melbourne del 13-4-96, che la sua compagnia voleva ovviare alla "cultura negativa diffusa fra il personale di servizio a Pentridge" attraverso il taglio dei costi di detenzione da 65.000 a 36.000 dollari all'anno.

Una riduzione dei costi che può essere raggiunta in una moderna (e costosa) prigione solo attraverso l'abbassamento dei livelli del personale, l'assunzione di agenti con poca o nessuna qualificazione ed esperienza, e pagando salari più bassi di quelli statali.
Questo facilmente determinerà una situazione negativa fra i detenuti ed il personale di servizio, certamente peggiore di quella che già constatiamo nelle prigioni statali.

Uno degli aspetti più inquietanti di questo schema di privatizzazione è il fatto che questa ha portato alla creazione di 450 posti in più nell'apparato carcerario del Victoria, quando invece le statistiche del governo indicano una caduta del 4% del tasso di criminalità.

Si capisce il perché guardando all'esperienza americana, in cui gli imprenditori di prigioni private costruiscono sempre più carceri e fanno pressioni sulle autorità governative e sulla magistratura per un incremento del tasso di carcerazione.

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CONTINUA LA BATTAGLIA CONTRO LA DETENZIONE DELLE DONNE E LE PRIGIONI PRIVATE

Domenica 19 Maggio 1996 più di 2500 persone si sono riunite fuori dalle mura di Fairlea e hanno preso parte al quarto Wring out [una manifestazione pacifica che accerchia simbolicamente la prigione - ndt]
E' stato un enorme successo sia in termini di numero che di eterogeneità delle persone che si sono riunite ed anche in relazione alla quantità di informazioni presentate e raccolte tra i presenti.

Sebbene sia stato uno schiacciante successo, la battaglia andrà avanti fino a quando tutte le nostre prigioni saranno vuote.
"La Fairlea Womens Prison chiuderà nel luglio di quest'anno esattamente 40 anni dopo la sua apertura. E' stata la prima prigione in Australia progettata specificatamente per le donne detenute.
Le vite di molte donne, dei loro bambini, delle loro famiglie e dei loro amici sono state devastate dalla detenzione in questa prigione e dalle sue caratteristiche punitive.
Tre donne sono morte in un incendio nel 1982. In seguito altre tre donne sono morte in questa prigione.
E' normale che le donne detenute vengano spogliate e perquisite.
Su un totale di 100 donne in prigione, sono state fatte 13750 perquisizioni corporali negli ultimi due anni.
Quando il regime punitivo di Fairlea non veniva considerate sufficienti, le donne detenute erano mandate nei reparti carcerari correttivi a Pentridge: la Jika Jika e la Barwon Prison.
Altre cinque donne sono morte in questi reparti.
A Fairlea, a dispetto di ogni tentativo di ottenere con la forza la loro sottomissione e obbedienza, le donne detenute hanno trovato il modo di sopravvivere, scrivendo una storia di 40 anni fatta di resistenza fuori e dentro.
Gli scritti, le canzoni, le lettere, i giochi, i lavori artistici, le voci delle donne e le proteste ufficiali sono parte di questa storia.
La nostra lotta insieme continua.
La ricerca di profitto delle compagnie delle prigioni private non ci fermerà"

(programma Wring out delle donne della prigione di Fairlea, 19 Maggio 1996).

Nei prossimi due mesi le 100 donne di Fairlea saranno trasferite nella prima prigione femminile privata e diventeranno proprietà della più grande compagnia di prigioni private nel mondo, la Correction Corporation of America (C.C.Am.).

La privatizzazione è un deliberato tentativo da parte di Kennet [il governatore dello Stato - ndt] e dei suoi compari di depoliticizzare la detenzione di propri concittadini e di soffocare il dibattito sul perché migliaia di persone vengono messe in carcere.

La verità è che la prigione è la pietra angolare di ogni Stato che decida di creare ed istituzionalizzare una "sottoclasse" di due milioni di persone, che vivono al di sotto del livello di povertà.

La prigione deve continuare ad essere usata come uno degli strumenti chiave dello sviluppo dell'espropriazione e del genocidio ai danni degli Aborigeni e dei nativi dello isole dello stretto di Torres.
In prigione, ogni contatto delle donne con il mondo esterno, con i propri figli, con la propria famiglia, con il proprio fidanzato, è condizionato dall'essere sessualmente assaltate, dall'essere denudate con la forza, e costrette ad urinare a richiesta di fronte ad un agente.
La prigione privata in cui le donne saranno trasferite è orrenda e barbara.
Un terzo dei 125 posti in questo abominio di prigione è costituito da celle di deprivazione sensoriale con isolamento totale e regime di massima sicurezza.
Sono celle dotate di sorveglianza audio-video e in cui la luce rimane accesa 24 ore su 24.
Le donne dovranno sempre rimanere nel mirino delle telecamere di sicurezza, guardate dagli agenti.
La C.C.A. (Correction Corporation of Australia) ha costruito questo zoo elettronico al mero scopo di sfruttare gli enormi profitti derivanti dal lavoro delle detenute senza nessun riguardo per il senso di isolamento e violazione che le donne soffrono in queste condizioni brutali ed oppressive.

Dal 1992 ci sono stati 14 casi di morte nelle prigioni private in Australia.
Il nuovo carcere privato femminile della C.C.A. sembra progettato apposta per innalzare ulteriormente questo numero.
I reparti per i bambini in questo carcere privato sono del tutto inadeguati, non sono conformi ai regolamenti governativi e sono gestiti da personale volontario. Crediamo che sarà impossibile per le donne avere i propri figli con sé in questa prigione.
Non c'è intenzione di costruire un centro di disintossicazione, né di dotarlo di infermeria e supervisione medica. Le donne in recupero da tossicodipendenza saranno messe in uno dei quattro reparti nell'unità di gestione, senza luce naturale, né aria fresca, senza palestra ed un qualsiasi momento di privacy.

La prigione è stata costruita su un terreno precedentemente di proprietà della Australian Defence Industries (A.D.I.) che adibito dall'A.D.I. all'immagazzinaggio ed alla sperimentazione di munizioni ed esplosivi nonché di motori per razzi e prototipi di armi, vi sono stati inoltre sotterrati munizioni ed esplosivi pericolosi.
Quando abbiamo visitato il posto, lo scorso anno, era cosparso di esplosivi potenzialmente funzionanti e dei rottami di 40 anni di esperimenti militari e chimici.
Quando abbiamo chiesto spiegazioni al Dipartimento di Giustizia rispetto alla pericolosità del terreno, la loro risposta è stata: "sono solo delle detenute".

Inoltre il Dipartimento di Giustizia ha tentato di nascondere le informazioni relative alla contaminazione del luogo sulla base del fatto che il loro rilascio "sarebbe stato contrario al pubblico interesse"; questo la dice lunga su quanto siano mercificate le donne e le vite dei loro figli.
Il direttore della Correction Corp. of Australia, Don Hutto, è stato direttore generale dei Dipartimenti Carcerari della Virginia e dell'Arkansas ed è stato giudicato colpevole dalla Corte Suprema degli USA di violazione all'8° e al 14° emendamento della costituzione americana, per aver inflitto "insolite e crudeli punizioni" ai detenuti delle carceri sotto la sua amministrazione.

La C.C.Am. ha costruito e gestito il primo carcere femminile privato al mondo, situato nel mezzo del deserto del New Mexico.
In questa prigione le donne soffrono di discriminazioni, isolamento e deprivazione. La C.C.Am. si è rifiutata di provvedere a programmi educativi, ricreativi e lavorativi.
Le donne sono state costrette a vestirsi inadeguatamente e sono state stipate in dormitori aperti.
La C.C.Am. ha anche rifiutato di provvedere al servizio postale per le lettere delle donne.
L'ex ministro dei penitenziari australiano, Pat Mac Namare, ha visitato la prigione l'anno scorso, e immediatamente dopo la C.C.Austr. ha vinto un contratto per le prigioni private femminili nel Victoria.

Un altro esempio dell'orrenda politica applicata sulle donne detenute dal C.C.Am., è quello relativo ad una detenuta morta in carcere, Rosalyn Bradford, la cui famiglia citò in giudizio la C.C.Am. perché non si era occupata di dare assistenza medica a questa donna lasciandola gridare nella sua cella per 18 interminabili ore.
Le guardie della C.C.Am. credevano che stesse "mimando" il suo straziante dolore. Morì a causa di un parto prematuro.
La C.C.Am. non comparì in giudizio pagando una piccola somma di denaro.

Che valore può avere la vita di una donna di colore rispetto ai vasti interessi delle compagnie che si occupano di prigioni private nel mondo? Un valore uguale a quello dei contributi statali: un dollaro al giorno!
L'Australia ha oggi 4 prigioni private. Fra il 1992 e il 1996 14 uomini vi hanno trovato la morte.
Durante l'inchiesta istruttoria riguardo al primo caso di morte, il Pubblico Ministero decise che non c'erano irregolarità riguardo al contratto di gestione, e alla conformità delle compagnie.
Anche in caso di morte, il detenuto rimane proprietà delle compagnie. Le compagnie sono pienamente protette dalle leggi sulla "trattativa privata". Non c'è bisogno di responsabilità quando le vite dei detenuti sono in vendita.

Per proteggere i loro enormi profitti e la delicata reputazione commerciale queste stesse compagnie hanno anche intimidito e richiesto mandati contro chi ha contestato delle prigioni private. Quel che succede nelle prigioni viene nascosto da un muro di silenzio: i detenuti non hanno voce.
Quando si finisce in prigione, si perde ogni legittimità di esseri umani.
Le condizioni in prigione cambiano solo quando quelli che stanno fuori hanno lo stomaco di parlarne.
E' questo parlarne fuori che è stato il catalizzatore delle inchieste, delle commissioni, che ha contribuito a creare una consapevolezza ed un'informazione nell'opinione pubblica.
Se noi non parliamo, non cambierà niente.
Bisogna continuare, parlando sempre più forte, più chiaro e in numero sempre maggiore.

Dobbiamo continuare a ricordare a noi stessi chi sono le donne in carcere:
- oltre l'80% delle donne detenute lo sono per reati contro la proprietà;
- la maggior parte delle detenute sono tossico e/o alcool dipendenti e, dopo aver sperimentato dolori estremi nelle loro vite, fanno uso di droghe e alcool come medicina per alleviare il dolore;
- il 48% delle detenute ha meno di 29 anni;
- il 14,5 % delle detenute sono Koori ( ovvero il doppio della percentuale Koori nella comunità);
- il 12% delle detenute non sono di cultura inglese;
- l'81% erano disoccupate prima di essere incarcerate, il 70% sono madri;
Approssimativamente l'80% delle detenute sono sopravvissute a violenze sessuali, incesti e/o violenze domestiche.

Del piccolo numero di detenute (10,3%) incarcerate per reati violenti, la maggior parte di esse sono sopravvissute a violenze domestiche e sessuali ed il loro "crimine" è stato di difendere se stesse ed i propri figli.

Dobbiamo combattere contro la privatizzazione delle prigioni e la carcerazione delle donne. Stare fermi e non fare niente è come essere complici di chi vuole rendere le donne schiave di queste compagnie corrette e ingorde.
Dobbiamo svegliarci e combattere la brutalità che viene praticata dietro le mura di Fairlea, ogni giorno ed ogni ora.
Diciamo che non c'è posto nella nostra comunità per la violenza, la brutalità, il saccheggio, tuttavia nell'esperienza delle detenute i più brutali atti di saccheggio e violenza avvengono a livelli che probabilmente non possiamo concepire.
Dobbiamo mettere i nostri corpi, la nostra anima, la nostra energia contro il governo, contro tutte le prigioni e ancora di più contro quelle private.
Le donne non sono proprietà dello stato e non dovranno mai essere proprietà delle compagnie.

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