"L'applicazione estremamente
rigida delle leggi spesso genera estreme ingiustizie"
Terenzio, drammaturgo Romano (circa 190
- 159 aC)
Mentre sto scrivendo, l'ambasciata giapponese
a Lima è sempre occupata, e la situazione si modifica giorno dopo
giorno.
Forse quando leggerai questo articolo sarà già tutto finito.
Il tempo ce lo dirà.
Anche se molti di noi hanno letto pagine
e pagine sulla crisi in Perù, a molti non è familiare il
nome del gruppo che ha compiuto l'azione, il movimento Tupac Amaru, o
al massimo ricorda il defunto talento rapper e attore afro americano Tupac
Shakur, che ha avuto questo nome in memoria del ribelle anticoloniale
indio Tupac Amaru.
Siamo stati rassicurati dal Blablabla quotidiano della stampa, che i ribelli
che hanno preso gli ostaggi sono "terroristi" che stanno combattendo
contro la "più che legale autorità del governo".
Ed è questo che vogliono che voi pensiate.
Che cosa avete letto del Movimento Tupac
Amaru?
Molto poco, ci scommetto.
In un intervista con il periodico tedesco
"Junge Welt" un rappresentante del gruppo, conosciuto come MRTA,
l'acronimo spagnolo per Movimiento Revolucionario de Tupac Amaru, Norma
Velazco, ci da le reali ragioni dell'azione
(intervista tradotta in inglese dal giornale radicale canadese Arm The
Spirit)
D:- Quali sono gli obiettivi dell'occupazione
dell'ambasciata?
R:- In una situazione di violenza e crescente
repressione, esercitate dalle autorità peruviane contro i prigionieri
politici, l'azione militare dell'MRTA ha due obiettivi:
1. il rilascio dei prigionieri dell'MRTA e di chi è stato erroneamente
accusato dal governo di essere militante dell'MRTA
2. portare avanti un'azione contro la politica neoliberista messa in atto
dal regime peruviano.
D:- Perché l'MRTA, prendendo
come ostaggi dei diplomatici stranieri, cerca un confronto internazionale?
R:- L'MRTA vuole un confronto con la comunità
internazionale e rispetta l'immunità dei suoi rappresentanti. Ma
non rilasceremo questi diplomatici, perché solo così potremo
evitare un inutile bagno di sangue e cercare invece di raggiungere una
soluzione politica.
L'MRTA, nell'autunno del 1995, aveva progettato l'occupazione dell'edificio
del Parlamento peruviano a Lima. Questa azione non fu realizzabile perché
il commando fu scoperto immediatamente prima dell'azione.
D:- In generale si può dire che
la guerriglia nell'America Latina è finita. Anche l'MRTA vuole
cessare la lotta armata?
R:- Noi rispettiamo le decisioni della
guerriglia in El Salvador e in Guatemala di porre termine alla lotta armata
e, anche se siamo critici rispetto alle loro decisioni, pensiamo che essi
conoscano meglio di noi la situazione nei loro paesi. I militanti dell'MRTA,
comunque, rifiutano categoricamente colloqui di pace con il governo. Questa
è l'opinione della base e anche della dirigenza dell'MRTA; la lotta
rivoluzionaria per una trasformazione sociale è ancora uno strumento
indispensabile.
D:- Perché indispensabile?
R:- In seguito al declino del movimento
popolare negli ultimi anni, il nostro compito attuale è quello
di creare una coscienza rivoluzionaria.
La riorganizzazione delle organizzazioni popolari sarà possibile
grazie al contributo delle organizzazioni armate, vere e proprie spine
nel fianco del governo.
Il governo deve rendersi conto che l'MRTA esiste ancora e che, nonostante
quello che dice la propaganda governativa, non è stato distrutto.
Nella sua guerra l'MRTA ha inflitto più perdite all'esercito peruviano
di quanto non abbia fatto il governo dell'Ecuador [nella recente guerra
tra i due Paesi - ndt.].
Negli ultimi tre anni sono stati distrutti due caserme e quattro elicotteri
dell'esercito, anche se gli organi di stampa e il governo peruviano non
hanno mai confermato queste azioni militari.
Ma ora non possono ignorare l'occupazione dell'ambasciata.
D:- Quest'ultima azione è focalizzata
sui prigionieri politici. Qual è la loro situazione attuale in
Perù?
R:- Dopo la presa del potere di Fujimori
nel 1992, in Perù si è instaurata una dittatura civile e
militare. Sono state promulgate leggi speciali contro le organizzazioni
di sinistra fornendo alla polizia, all'esercito e ai tribunali tutti i
possibili strumenti di repressione.
Ci sono migliaia di prigionieri politici in Perù.
Appartengono a gruppi di agricoltori, studenti, donne, sindacati...
La maggioranza di questi prigionieri, sia uomini che donne, hanno rifiutato
le offerte di amnistia.
Sono soggetti a metodi speciali di tortura fisica e psicologica.
Ci sono dodici prigioni di massima sicurezza in Perù. Una di queste
è una base della Marina militare. La nostra compagna Maria Cumpa
è tenuta lì in totale isolamento e, a causa della grande
distanza con la sua famiglia, le è negato il diritto alle visite,
dal momento che, secondo le leggi antiterrorismo, i prigionieri politici
possono essere visitati solo dai familiari.
Un'altra prigione si trova sulle Ande a un'altitudine di 4.000 metri,
dove il clima rende la vita molto difficile per i prigionieri. Il vento
soffia tra le sbarre e fa sempre freddo. Molti detenuti soffrono di malattie
respiratorie e di disturbi allo stomaco.
La gente arrestata [con le leggi antiterrorismo] viene processata in 24
ore senza diritto alla difesa.
I prigionieri devono vivere in totale isolamento per un intero anno.
In seguito possono ricevere una visita di 30 minuti una volta al mese,
ma solo da parenti stretti.
Sono confinati nelle loro strette celle per tutto il tempo tranne mezz'ora
al giorno. Non hanno radio o TV.
Non possono ricevere nemmeno cure mediche.
Il cibo è davvero cattivo, molto spesso è andato a male
e le guardie vi aggiungono topi o scarafaggi.
Le condizioni di prigionia sono le stesse per gli uomini e le donne, ma
le donne, in più, devono subire violenze sessuali e intimidazioni.
Anche l'acqua è scarsa nelle prigioni. I detenuti ricevono due
litri di acqua al giorno con cui lavarsi e bere.
Ora, perché non avete letto nulla
di tutto questo sul Blablabla quotidiano della stampa? Solo con queste
informazioni potrete capire i motivi dell'occupazione dell'ambasciata
giapponese a Lima.
30 dicembre 1996
(Ringrazio "Junge Welt" e: Arm
The Spirit P.O. Box 6326, Stn. A Toronto, Ontario M5W 1P7 Canada)
Articolato pubblicato in: "MRTA solidarity page" all'indirizzo
http://burn.ucsd.edu/%7Eats/mrta.htm
Altri materiali in italiano sono reperibili sulla "M.R.T.A. homepage
di TM Crew" all'indirizzo http://vivaldi.nexus.it/commerce/tmcrew/news/mrta.html
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[versione inglese]
[dal Derry Journal di Venerdì, 31
Gennaio, 1997 - supplemento "Bloody Sunday"]
Mumia Abu Jamal, giornalista americano
di spicco e militante delle Pantere Nere, attualmente detenuto nel braccio
della morte in Pennsylvania, ha inviato un messaggio di solidarietà
alle famiglie dei martiri del Bloody Sunday.
Ex presidente dei giornalisti Neri di Philadelphia
e speaker di una radio della Pennsylvania, Mumia, condannato a morte per
l'uccisione di un poliziotto nel 1981, si è sempre dichiarato innocente
e sostiene che la persecuzione contro di lui è motivata dalla sua
appartenenza al Partito delle Pantere Nere.
Nella sua lettera ai familiari dei martiri del Bloody Sunday, Mumia scrive:
"Mandiamo un forte abbraccio a chi
lotta per la giustizia in Irlanda, ricordando il 25° anniversario
del Bloody Sunday.
La vostra lotta è la nostra lotta.
Voi non siete soli nella lotta contro il sistema che vi opprime come popolo
nativo.
Assieme a tutti quelli che resistono in ogni parte del globo, domandiamo
dignità e rispetto per tutti e non solo per pochi.
Fintanto che durerà la vostra difficile lotta per la democrazia
e la giustizia contro il potere coloniale, avrete sempre il nostro sostegno
e la nostra solidarietà."
Altri gruppi e singoli cittadini nord americani
hanno inviato messaggi di solidarietà. Tra questi ricordiamo: il
"National Lawyers Guild", il "Irish Unity Committee",
Sissy Farenthold (candidato alla presidenza dello Stato del Texas per
il Partito Democratico), e la "Texas Coalition to Abolish the Death
Penalty".
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Il Centro Sociale Auro e Marco di Roma
ha tradotto dall'originale in inglese questo libro, che ripercorre con
estrema semplicità la storia dei MOVE.
Il testo, corredato da fotografie documentali,
racconta la storia di un gruppo di donne e di uomini rivoluzionari che
hanno fatto delle loro vite "l'opera che si compie per libera scelta".
Parte del ricavato delle vendite del libro
(8000 lire) andrà ai Move, ai quali il sistema repressivo americano
impone di dover sostenere esorbitanti spese legali.
CSOA "Auro e Marco" Viale dei
Caduti per la Guerra di Liberazione, 268 - Spinaceto 00128 Roma
Tel e Fax 06/5088565 e-mail auroemar@ats.it
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