SENZA CENSURA N.3 - APRILE 1997

LA LOTTA NELLE CARCERI TURCHE

Centro Popolare Autogestito Firenze Sud

Intervento introduttivo dell'iniziativa sulla turchia tenutasi al CPA il 16 gennaio1997

La Turchia è un paese anomalo nello scacchiere internazionale, è anomalo perché aspira sia ad entrare nella Unione Europea, per motivi di riconoscimento economico, sia a mantenere il suo ruolo di gendarme della N.A.T.O. che gli è conferito da un contesto geografico che gli permette di fungere da avanguardia militare sia per l'area mediterranea che per quella medio-orientale. Verifichiamo quindi che la Turchia si trovi in una situazione di contraddizione in quanto punto intermedio fra le due sfere d'influenza statunitense ed europea. Ciò deriva da due fattori:

1) Il primo è il ruolo politico e militare di controllo del Golfo con contrasti di carattere nazionale e internazionale. Si ricordi a questo proposito l'accordo di strategie politico-militari comuni che la Turchia ha stilato con Israele. Il contesto in cui tale accordo si svolge arriva addirittura ad appianare le contraddizioni normalmente ipotizzabili tra un governo islamico ed Israele.

2) i due blocchi statunitense ed europeo hanno entrambi intenzione di accrescere il proprio controllo sull'area e, contemporaneamente, di contenere l'uno l'influenza dell'altro. La Turchia diviene quindi lo stato in cui accrescere, per gli Stati Uniti, la propria influenza militare, per l'Unione Europea, quella economico-politica da cui trarre, oltre tutto, i vantaggi offerti dalle materie prime e dalla manodopera di cui questo paese abbonda. E' di esempio, di quest'ultimo discorso, la politica della Pirelli che, negli ultimi anni, sta trasferendo, in territorio turco, i propri stabilimenti.

E' nel contesto che abbiamo finora analizzato, anche se parzialmente, che si sono sviluppati, sia i movimenti sociali e di classe che si oppongono alle condizioni di sfruttamento ed al regime militare, sia la violenta repressione operata dall'esercito e dall'apparato poliziesco turco nei confronti delle lotte. Non possiamo inoltre non parlare dell'accanimento degli apparati repressivi contro coloro che hanno cercato di denunciare le atrocità commesse dal regime.

Denunce, arresti e torture vengono portate avanti nel più totale silenzio da parte dei mass-media. Il regime carcerario è disumano, in particolar modo per i prigionieri politici rivoluzionari nei confronti dei quali viene applicata una politica carceraria di annientamento psichico e fisico. E' in questo contesto che vanno inquadrati, sia lo sciopero della fame tenutosi fra maggio e luglio del '96 nel quale persero la vita 12 militanti rivoluzionari, sia le continue espressioni di protesta che si susseguono, nonostante la violenza repressiva, all'interno delle carceri.

D'altro canto, anche qui in Europa le rappresentanze organizzate del popolo turco e kurdo sono oggetto di costante repressione, ricordiamo ad esempio come la Germania e Francia, ma non solo, abbiano dichiarato fuori legge il PKK chiudendone anche i centri culturali. Ciò non ci stupisce, visto le politiche applicate dai paesi dell'Unione Europea nei confronti dei movimenti di rivendicazione sociale e di classe che hanno per 30 anni caratterizzato movimenti di opposizione e che sono stati sistematicamente repressi. Ancora oggi questa situazione persiste fuori e dentro le carceri. Possiamo ricordare la linea carceraria della dispersione e la violazione dei diritti umani fondamentali che gli stati francese e spagnolo stanno applicando sui detenuti politici baschi in palese violazione delle propria stessa legislazione; i blocchi H, la tortura e le politiche carcerarie disumane che il governo inglese utilizza contro i prigionieri irlandesi; le carceri di deprivazione sensoria tedeschi, nonché la vergogna italiana dei carceri speciali al cui interno sono ancora detenuti un centinaio di prigionieri politici.

Alla luce di tutto ciò è facile capire che non saranno certo i problemi etici ad impedire l'alleanza delle "democratiche" potenze europee con un regime militare quale quello turco. E' indicativo, oltre tutto, che lo stesso Prodi, durante la sua visita in Turchia avvenuta in settembre, abbia totalmente ignorato l'azione militare che l'esercito governativo stava svolgendo in quei giorni sulle montagne del Kurdistan e che si è concluso con un bilancio di oltre 1500 morti. E' altrettanto indicativo che alcuni paesi dell'Unione europea, Italia in testa, siano fra i maggiori fornitori di armi alla Turchia... e possiamo ben immaginarci a quale scopo tali armi verranno utilizzate.

Per concludere ricordiamo che in Turchia l'estrema povertà, le condizioni di miseria, l'estrema violenza della repressione che da sempre i proletari turchi subiscono fa sì, che qualsiasi opposizione di tipo parlamentare o istituzionale non possa avere nessuno sbocco nella democratizzazione in Turkia, anche perché ciò sarebbe comunque influenzato delle pressioni e dal controllo politico militare che l'esercito opera su qualsiasi scelta politica e di governo.

Detto questo, noi pensiamo che ogni forma di protesta democratico-pacifista non possa, per i suddetti motivi, avere nessuno sbocco nelle aspettative del proletariato turco e kurdo, quindi auspichiamo un maggiore sviluppo dell'unica forma di lotta che oggi può liberare i popoli turco e kurdo dalla dittatura politico militare per la propria autodeterminazione, ovvero, LA LOTTA RIVOLUZIONARIA

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