SENZA
CENSURA N.3 - APRILE 1997 |
PRIGIONIERI PALESTINESI:
INIZIATIVE
Comitato di solidarietà ai prigionieri
palestinesi - Bologna
Centro di documentazione Krupskaja - Bologna
L'ipotesi di organizzare una serie di incontri
con un compagno palestinese, su cui avevamo già da tempo iniziato
a ragionare, trova in questo momento, a nostro avviso, una situazione
favorevole in un quadro di crescente interesse a creare momenti di solidarietà
internazionale, anche sull'onda di episodi che hanno catalizzato l'attenzione
e rimesso al centro i movimenti rivoluzionari e di resistenza, in particolare
quelli che rappresentano forme di risposta alla dimensione neoliberista
dell'economia globalizzata.
Rispetto alla resistenza palestinese si
riscontra già da anni una difficoltà ad individuare livelli
di comunicazione e di relazione, soprattutto collettivi, per uno stravolgimento
delle categorie classiche e dei riferimenti che avevano caratterizzato
i rapporti con questa resistenza e che sono stati profondamente modificati
dal quadro determinato dalla Conferenza di Madrid e dagli accordi di Oslo.
Questa diminuzione di interesse, di solidarietà
e di relazioni non ha risparmiato nemmeno le organizzazioni che fin dalla
conferenza di Madrid avevano denunciato e si erano opposte al progetto
di normalizzazione imperialista del Medio Oriente.
Se non stupisce che a livello di opinione
pubblica e di senso comune progressista sia prevalsa una lettura consolatoria
che ha dato per assodata l'irreversibilità di un processo definito
di "pace" e interpretato all'interno della traccia imperialista,
è causa di maggiore preoccupazione il distacco di compagni e di
collettivi che collocano le proprie analisi al di fuori delle compatibilità
internazionali definite dal "nuovo ordine mondiale".
Le ragioni del fallimento della "rivoluzione
palestinese" forniscono indicazioni che devono a nostro avviso essere
inserite come elemento indispensabile in uno sforzo di analisi rivolto
ad individuare il terreno comune e generalizzabile dello scontro a livello
globale.
Non solo perché anche in Medio Oriente,
con varie modalità, sono in atto gli stessi processi di aggiustamento
strutturale che FMI e Banca Mondiale impongono ovunque per adeguare il
mercato mondiale alle esigenze del capitalismo finanziario tansnazionale,
prevalentemente controllato dagli Stati Uniti, ma soprattutto perché
la situazione della resistenza palestinese rappresenta un esempio significativo
di quanto siano illusorie uscite di tipo riformista come momento intermedio
rispetto agli obiettivi rivoluzionari, un aspetto apparentemente scontato,
ma su cui è utile riaprire una riflessione alla luce dei processi
di normalizzazione e stabilizzazione che hanno caratterizzato varie aree
ad elevata conflittualità dopo il crollo dell'Unione Sovietica
e alla luce dei "tradimenti" delle varie dirigenze dei movimenti
di liberazione nazionale che vanno indagati nella loro strutturalità.
All'interno di questo quadro vanno individuati
gli indicatori della dimensione occultata del conflitto, indicatori che
siano in grado di fornire informazioni sull'articolazione dell'oppressione
in questa fase e su quali dinamiche sia prioritario intervenire.
Tra gli indicatori più significativi
pensiamo si possa collocare la questione dei prigionieri politici, che
rappresentano, sia che si trovino nelle carceri israeliane che in quelle
dell'autorità palestinese, gli ostaggi di una guerra di cui si
sono perse alcune coordinate, ma che non per questo deve essere meno riconoscibile
nella sua ferocia e nella sua irriducibilità.
Ostaggi, dunque, non tanto e non solo di
conflitti "locali", quanto invece della "pace imperialista"
così come tanti altri prigionieri che in ogni parte del mondo,
indipendentemente dal procedere o dal "risolversi" dei conflitti
"locali", rimangono prigionieri all'infinito... per essere giocati
come ostaggi all'interno di ogni possibile nuovo conflitto determinato
dall'imperialismo.
Questo tipo di riflessione può rappresentare
tra l'altro, se approfondita nel dibattito collettivo, uno sviluppo possibile
di mobilitazioni come quella contro l'assassinio "legale" di
Mumia Abu jamal.
Questa premessa, grossolanamente abbozzata
come uno degli spunti possibili per una riflessione più articolata,
ci porta a considerare particolarmente interessante un ragionamento sulla
situazione palestinese non solo in una logica di solidarietà internazionale,
che pure è auspicabile, ma come opportunità di rivitalizzare
un dibattito, qui ed ora, all'interno del quale si tenti di collocare,
la dimensione del "nostro" scontro.
Rispetto a queste considerazioni, che riteniamo
essere rilevanti per la scelta del compagno palestinese da invitare, crediamo
che il nostro riferimento debbano essere le organizzazioni di sinistra
che si sono opposte agli accordi fin dal loro delinearsi alla conferenza
di Madrid, in particolare il Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina, che tra di esse è la più rappresentativa, sia
nei Territori che nei Campi in Libano, Siria e Giordania, oltre che il
referente principale per molti di noi in una fase in cui i rapporti con
la resistenza palestinese erano decisamente più intensi.
Le difficoltà e il dibattito interni
al Fronte Popolare, le linee portanti della loro elaborazione in questa
fase, pensiamo possano anche essere di stimolo per un ragionamento, da
sinistra, sui movimenti radicali che fanno riferimento all'Islam Politico
e che sono certamente un fenomeno che è fondamentale cercare di
comprendere visto che, al di là di quanto siano lontani ideologicamente,
teoricamente e culturalmente da noi, rappresentano una contraddizione
difficilmente ricomponibile, non solo in Palestina.
Detto questo, invitiamo le situazioni e
i collettivi interessati a dichiarare la loro disponibilità all'iniziativa
(pensiamo ad una decina di scadenze in varie città nel periodo
aprile-maggio) tenendo presente che ci sono da affrontare spese di viaggio
e per permessi vari per circa tre milioni (che saranno da dividere tra
le varie situazioni) nonché chiaramente le spese per la permanenza
e gli spostamenti in Italia (a carico delle singole situazioni).
Inoltre invitiamo i compagni a contribuire
a questa discussione preparatoria, nella direzione di costruire un confronto
su questi temi tra le situazioni qui e a livello internazionale.
Comitato di solidarietà ai
prigionieri palestinesi - Bologna
(tel. 051/340208 - fax 051/398190)
Centro di documentazione Krupskaja
- Bologna
(tel e fax 051/6013010)
[torna
all'inizio della pagina]
|