SENZA CENSURA N.2 - NOVEMBRE 1996

ED È GIÀ TEMPO DI BILANCI...

Coordinamento contro la repressione a sostegno di Mumia Abu Jamal

Quest'autunno '96 ci vede (quasi puntuali!) uscire col terzo numero di Senza Censura.

Un'uscita che cerca di migliorare la qualità tecnica della rivista ma che al tempo stesso vuole cercare di fare il punto sul dibattito del Coordinamento e sulle prospettive del nostro lavoro, sia per quel che riguarda la campagna su Mumia, sia in generale sulle tematiche relative a repressione e prigionieri/e politici/e.

Indubbiamente gli avvenimenti "estivi" hanno pesantemente rimesso al centro dell'attenzione di noi tutti il problema della repressione, sia sul piano internazionale (dal massacro dei Kurdi alle lotte dei prigionieri Baschi e Palestinesi) che su quello nazionale (il provocatorio blitz contro gli anarchici, le decine di sgomberi di case e centri sociali, lo stillicidio di processi e di condanne).

In questo quadro assistiamo spesso a risposte "isolate", parziali, che non brillano certo per incisività o per rilevanza.

Ed è proprio la necessità di trovare un filo comune che ci spinge a continuare il lavoro del Coordinamento e di Senza Censura, superando con decisione, ma senza tralasciarla, la specificità della campagna su Mumia (che peraltro non solo è stata la molla che ci ha mosso inizialmente, ma che dimostra di non aver perso minimamente di incisività, come dimostra il recente giro di conferenze dei "Move").

Superare la specificità significa tentatare di diventare strumento di collegamento e luogo di dibattito per tutti quei compagni e quelle compagne che si scontrano con la repressione, con l'obbiettivo di sviluppare una capacità maggiore di analisi e di intervento su queste tematiche.

Noi non crediamo che la questione della repressione o dei prigionieri/e politici/e rivoluzionari/e debba diventare oggetto di una campagna specifica o il punto focale del lavoro di intere collettività di compagni e compagne.

Pensiamo che ben altri siano gli spazi che l'approfondimento e l'estensione delle contraddizioni offrono ai percorsi di ricomposizione nella classe.

E questi spazi devono essere l'obiettivo prioritario del lavoro politico dei/delle compagni/e, dei militanti nei loro settori e nei loro territori.

Pensiamo però che non sia assolutamente possibile separare questioni che per noi sono legate da un vincolo inscindibile, che va colto proprio per impedire allo stato di avere campo libero nella sua incessante opera di attacco e di controllo ad ogni forma di organizzazione e di sviluppo antagonista.

Impedire ogni processo di rimozione della memoria e dell'esperienza di lotta rivoluzionaria, non lasciando i/le prigionieri/e nell'oblio delle carceri speciali o delle "fasi storiche finite", significa non disperdere un patrimonio indispensabile per ogni prospettiva di trasformazione.

Come pure non scordare mai che ogni momento o movimento di lotta dovrà inevitabilmente scontrarsi col tentativo dello stato di chiuderlo nella gabbia "compatibilità/repressione" significa affrontare con maggiore lucidità il lavoro nella classe.

Infine tenere ben presente quale importanza riveste oggi l'organizzazione e il coordinamento internazionale delle politiche repressive per le forze del capitale, significa non affrontare con leggerezza o faciloneria qualsiasi dibattito sulla progettualità rivoluzionaria.

Non solo la nostra storia, non solo la nostra quotidianità, ma le esperienza di lotta e di liberazione in tutto il mondo ci impongono di non dimenticare tutto questo, di non relegare questo lavoro solo sul piano parziale o difensivo, di non tentare di lasciarlo patrimonio del "politico" quando peraltro è proprio nel sociale che questo scontro spesso si materializza.

Quindi un Coordinamento nazionale sulla repressione non può e non deve essere pensato come luogo esso stesso di ricomposizione politica o sociale: significherebbe inevitabilmente ricadere nel pantano settario della logica gruppettara che tanti danni ha fatto e (sigh!) continua a fare nel movimento antagonista.

Il Coordinamento Nazionale, e quindi Senza Censura, possono essere invece un importante strumento proprio per intersecare in maniera attenta e produttiva il necessario lavoro di informazione e di iniziativa sul carcere e la repressione con il lavoro politico nella classe, dandogli allo stesso tempo maggiore risalto e diffondendolo sul piano nazionale.

Solo con questa chiarezza si può pensare di dare una continuità al nostro lavoro, reinvestendo la grande spinta e gli spazi apertisi con i grossi successi della campagna su Mumia.

Queste considerazioni però non vogliono solo rimanere spunti rivolti all'interno del Coordinamento: troppo spesso abbiamo visto queste logiche caratterizzare il comportamento di compagni/e che magari si sono mossi sulla campagna per Mumia, ma continuano a mostrare una diffidenza troppo sospetta per non farci tornare alla mente logiche settarie e gruppettare.

D'altro canto non vogliamo fare nessuno sterile appello all'unità fine a sé stessa: le differenze ci sono, grandi e piccole, dentro e fuori al Coordinamento.

Si tratta solo di decidere se vogliamo valorizzare le differenze oppure i possibili momenti di unità, anche se parziali, individuando i modi e i tempi di una sana cooperazione politica.

E questo, compagni/e, crediamo sia un bell'esercizio, un'importante palestra utile a tutti coloro che pensano di investire ancora le proprie energie per la costruzione di processi di trasformazione politica e sociale.

Il lavoro su Mumia non è finito, la sua vita dipende ancora dalla forza che sapremo esprimere a livello internazionale in suo appoggio, contro la violenza degli yankee.

Come da questa stessa forza possono trovare sostegno le migliaia di prigionieri/e rivoluzionari/e incarcerati/e per il loro impegno contro l'imperialismo, per la giustizia o l'autodeterminazione dei popoli.

Come pure questa stessa forza può trasformarsi in avanti in un potente strumento nelle mani di tutti coloro che subiscono quotidianamente la violenza dell'oppressione e dell'ingiustizia nel proprio posto di lavoro, a scuola a nel territorio.

E allora, come ci insegna Mumia, ONA MOVE, dobbiamo muoverci!

(editoriale)

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