DA PARIGI
Il compagno Pietro Greco, 38 anni, militante comunista italiano, è stato ammazzato Sabato 9 marzo a Trieste dai corpi speciali di polizia, mentre il suo processo è ancora in corso a Padova. "Pedro", che non era armato, è stato atteso all'ingresso di un immobile da poliziotti in borghese che hanno fatto immediatamente fuoco al suo arrivo. Benché ferito è riuscito a trascinarsi in strada gridando che lo stavano ammazzando. Inseguito è stato raggiunto da altri colpi di arma da fuoco. L'ultimo colpo gli è stato tirato a distanza ravvicinata da un poliziotto appostato in strada. Nonostante "Pedro" fosse agonizzante sul marciapiede, gli uomini della Digos hanno avuto il tempo di ammanettargli le mani dietro la schiena prima di chiamare un'ambulanza. Questa esecuzione "alla cilena" si è svolta sotto gli occhi atterriti di numerosi testimoni, vicini di casa, passanti, commercianti. Proletario del sud, Pedro, aveva partecipato, dal 1968 in poi, a tutte le lotte del movimento comunista a Padova, all'Università, sul posto di lavoro, alle lotte sulla casa, contro i licenziamenti, per un reddito garantito per tutti i proletari, ecc. Si era guadagnato così la stima, la riconoscenza e l'affetto di tutti i proletari di Padova, con la sua capacità di comunicare, la sua determinazione e la sua costante presenza nelle lotte. Ed è precisamente tutto ciò che gli contestava il giudice Calogero, che lo aveva accusato e poi prosciolto una prima volta nel 1977, che l'aveva costretto alla latitanza nel 1980 prosciogliendolo poi in seguito, e che l'aveva infine accusato una terza volta nel 1982 di "costituzione di banda armata" sulla base delle sole dichiarazioni di un unico pentito. Pedro era stato costretto così un'ultima volta alla latitanza. I corpi di polizia e gli apparati repressivi dello stato italiano, che da decenni non oppongono che la forza ad ogni conflitto sociale, non hanno nemmeno aspettato la fine del processo in corso. Eseguendo la condanna a morte di Pedro lo stato lancia un chiaro messaggio a tutti coloro che, oltre a non pentirsi, rifiutano di dissociarsi o di abbandonare la lotta, a tutti i comunisti che continuano a lottare per una società migliore, per la libertà. A questo messaggio di morte i proletari hanno già cominciato a rispondere con diverse manifestazioni, assemblee, scioperi organizzati in questi giorni in tutto il paese e soprattutto a Padova, Bologna, Napoli ecc., e continueranno a farlo all'occasione della manifestazione nazionale convocata a Padova domenica 17 marzo. La responsabilità di questa "esecuzione" non ricade solamente sullo stato italiano, ma su tutti coloro che in Europa assumono la repressione come unico strumento per far fronte ai movimenti antagonisti e di liberazione, tutti coloro che partecipano alla costruzione di uno "spazio giuridico e poliziesco integrato" per dare copertura e legittimare ogni possibile forma della repressione: sia essa l'estradizione o l'incarcerazione per un militante comunista, l'espulsione per un immigrato, o la militarizzazione e il controllo sulla società. Pedro, con la sua generosità e la sua determinazione, resterà per sempre nel cuore e nella mente di tutti i proletari, di tutti i comunisti che lo hanno avuto al proprio fianco nella lotta. Parigi, marzo 1985 I compagni di Pedro [torna all'inizio della pagina]
Sabato 9 marzo a Trieste, Pietro Greco,
il militante del movimento antagonista in Italia, è stato assassinato,
freddamente dai servizi speciali della polizia italiana. Pietro era uno dei 300 rifugiati italiani in Francia, uno di quei fuoriusciti da una "democrazia" in cui lo Stato ha scelto la soluzione militare nei conflitti sociali, uno di quei compagni costretti a sfuggire alla repressione, alla prigione, alla tortura e alle pallottole dell'antiterrorismo. Questo avvenimento drammatico sottolinea
maggiormente la vastità della questione dei "rifugiati italiani"
in Francia. Da una parte lo stato francese è
combattuto tra il suo attaccamento (almeno formale) alla "tradizione
del diritto d'asilo" ed il suo ruolo attivo nella collaborazione
europea tra gli stati nella messa a punto dello spazio giuridico europeo. L'Italia democratica oggi è anche: Dappertutto l'antiterrorismo serve da alibi
per ingabbiare le lotte, per criminalizzare ogni volontà di trasformazione
sociale.
Libertà immediata per i rifugiati
italiani minacciati di estradizione Collettivo contro le estradizioni
e le espulsioni [torna all'inizio della pagina]
Pietro Greco, 38 anni, militante comunista italiano, è stato giustiziato Sabato mattina a Trieste dai corpi speciali della polizia italiana. Questo assassinio fascista sta suscitando una legittima indignazione. Ma aldilà dell'indignazione ci sentiamo direttamente coinvolti da questo atto sanguinario della repressione dello stato italiano, che rientra perfettamente nel quadro di quella messa in atto a livello europeo. Oggi ogni dinamica conflittuale che non possa essere integrata, ricondotta nel quadro istituzionale, costituisce un ostacolo a quella pacificazione sociale, che è condizione indispensabile per il capitalismo per ridefinire i rapporti tra le classi. Per questa ragione la repressione è, oggi, il fulcro attorno al quale si articola ogni proposta politica mirante alla gestione ed al superamento della crisi. La morte di Pedro è parte integrante delle lotte rivoluzionarie e di liberazione. Così come le retate nei quartieri, la militarizzazione del territorio, l'espulsione degli immigrati, l'estradizione dei militanti e tutte le altre forme di controllo sociale devono essere collocate nel contesto di conflittualità sociale e di strategia di pacificazione sociale messa in atto dagli stati Questa strategia di pacificazione sociale ha preso ormai una dimensione internazionale dovuta all'intreccio sempre più stretto di interessi economici e politici degli stati capitalisti. Ne è prova lo spazio giuridico europeo alla cui costruzione la Francia partecipa attivamente. Per lo Stato francese che ha intrapreso la pacificazione forzata del suo territorio, è indispensabile che la pace sociale regni ovunque siano in gioco i suoi interessi, sia in Europa (Italia, Spagna, Germania), che nel resto del mondo (Africa, Turchia, Medio Oriente). La condanna a morte di Pedro, Mitterand l'aveva già pronunciata un mese fa, designando esplicitamente come bersaglio della repressione gli "irriducibili", in antitesi ad ogni "pentito, dissociato, o a chiunque...si chiami fuori dal gioco" (dalla dichiarazione di F.Mitterand durante la conferenza stampa in occasione della visita in febbraio di Bettino Craxi a Parigi). La lotta di Pedro era anche la nostra, e la continueremo insieme. Commission Prison Repression, Collectif
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