DAL CARCERE
Vi scrivo questa sera perché due notizie apprese per radio hanno fatto esplodere la rabbia che forse troppa "politica" fa dimenticare! Ma essa è sempre là, pronta ad uscire, ad esplodere quando si apprende una volta di più perché sia giusto battersi e volere cambiare questa sporca società. Oggi, in Italia, gli assassini dell'antiterrorismo (Digos) hanno ucciso, fucilato un compagno a Trieste. Era accusato da qualche pentito di partecipazione a banda armata e detenzione di armi che non aveva con sé al momento della sua fucilazione. Sono stati obbligati a dare questa notizia perché questo compagno è morto su un marciapiede tra la gente che credeva che i "terroristi" erano dei "robot". Il suo sangue ha voluto sporcare le mani di tutti coloro che vogliono essere protetti da questa banda armata che è la polizia, l'antiterrorismo. La sua storia poteva essere la nostra,
quella di ciascuno tra noi. Io sono qui in attesa di estradizione. Faccio parte dei 19 ergastoli di Milano più nove mesi di isolamento. Per tutto ciò che possiamo fare insieme durante la mia detenzione io sono qui! Il mio francese, spero, vi permetta di capirmi. Divido la vostra rabbia ma credo anche che il nostro comune nemico non potremo batterlo con la sola rabbia. La rabbia è il combustibile, ma è la coscienza il motore ed è insieme che fanno marciare il processo rivoluzionario!! Contro la schiavitù del lavoro salariato!! Saluti comunisti! Onore a tutti i caduti per il comunismo Parigi, 9 marzo 1985 Sergio Tornaghi [torna all'inizio della pagina]
A Trieste, sabato 9 marzo, il compagno
Pietro Maria Walter Greco, Pedro, è stato ucciso a sangue freddo
dalla polizia. Pedro, militante comunista, era conosciutissimo nel Veneto per la sua presenza politica all'interno delle lotte dei precari della scuola, sugli spazi collettivi, sulla casa, per la garanzia del reddito. L'omicidio legalizzato di Pedro non può
essere mascherato dietro un'inesistente conflitto a fuoco, poiché
egli era disarmato. I responsabili di questa esecuzione vanno ricercati fra coloro che, con accanimento persecutorio, lo hanno più volte inquisito, costruendo montature giudiziarie basate sulle dichiarazioni di pentiti. Ma la sua esecuzione trova le radici all'interno dell'attacco complessivo dello stato, del governo del "socialista" Craxi, nella volontà di annientare il movimento comunista e l'antagonismo proletario, chiudendo ogni spazio ad una reale opposizione di classe. Il tentativo del capitale di ridefinire ed allargare i propri margini di comando e accumulazione del profitto passa attraverso la costruzione forzata della pace sociale, che prevede un'escalation militare di azioni repressive fino alla pena di morte legalizzata. In questo contesto si spiegano i recenti arresti per banda armata a Milano e in Veneto di vari compagni, colpevoli di denunciare le inumane condizioni di vita dei detenuti; la realizzazione sempre più vicina di accordi fra Italia e Francia per l'estradizione di centinaia di compagni lì rifugiati; in tale clima si inserisce l'esecuzione da parte della polizia di due detenuti evasi dal carcere di Pescara, le cariche e gli arresti di 54 disoccupati a Casoria in provincia di Napoli. Il tutto puntualmente accompagnato e suggellato
dalle recentissime dichiarazioni di Craxi sulla ripresa del "terrorismo". Ed intanto si continuano a costruire, per il loro ruolo di deterrente verso le lotte, le carceri speciali, continuano ad esistere i braccetti morti, strumenti di differenziazione fra i detenuti; mentre si vogliono introdurre pesanti elementi di divisione nelle file del corpo proletario. Anche a Bologna gli arresti dei 5 compagni in piazza Verdi costituisce l'ennesimo tassello di questo mosaico repressivo. Ancora oggi, nonostante l'evidente pretestuosità e risibilità delle accuse, il compagno Marco Caroli continua a restare in galera, come ostaggio nei confronti di un possibile sviluppo delle lotte del movimento antagonista. Oggi, ad otto anni di distanza dall'assassinio del compagno Francesco Lorusso, manifestiamo tutta la nostra opposizione ad ogni progetto di forzata pacificazione sociale imposta dallo stato dello sfruttamento, della repressione, della pena di morte legalizzata.
Onore al compagno Pedro assassinato dalla polizia!! Alcuni imputati del processo [torna all'inizio della pagina]
Care compagne e compagni, dopo giorni di angoscia ho deciso di scrivere questa lettera per cercare di esternare un po' del dolore che mi porto dentro da quando la televisione ha sparato in cella l'annuncio dell'uccisione di Pedro. Una cosa assurda ed inconcepibile, una
notizia allucinante. La testa impazzisce e riimmagina mille volte la scena dell'omicidio: il feroce tiro al bersaglio su di un compagno ed un amico carissimo che cerca disperatamente di salvarsi, il sangue, gli spari, le grida, le bestie assassine che ammanettano e si portano via il corpo massacrato. Le sequenze si ripetono davanti agli occhi nelle diverse varianti che mettono insieme i particolari più credibili delle sciagurate e forcaiole versioni giornalistiche. La disperazione e la rabbia nuotano in un mare di impotenza. L'impotenza dell'essere prigioniero, l'impotenza dell'isolamento e della mancanza di comunicazione. In questi momenti la galera è mille volte più soffocante, la voglia di stare con i propri compagni e di reagire insieme concretamente è frustrata e castrata. La solidarietà carceraria solo in parte compensa, anche se è una partecipazione concreta: seicentomila lire sono state raccolte per una corona per i funerali. Tutti sono sconcertati da questa fucilazione, da questa condanna a morte eseguita sul campo. Ci si scervella per capire il motivo di questa sentenza e nelle teste rimbalzano considerazioni e supposizioni che si accavallano e si scontrano. La ferocia di quella banda di sbirri assassini puzza di predeterminazione. La riconciliazione, la fine dell'emergenza,
di fronte a questo episodio svelano tutto il loro carattere strumentale
e falso. La vita di Pedro è stata spezzata
dagli artigli della vera anima di questo stato. La sua ideologia di morte
ha aizzato le bestie assassine. Parlare di Pedro, della sua vita, della sua figura di compagno a questo punto è struggente. Molti lo hanno conosciuto e ancora di più ne avranno sentito parlare. Senza retorica si può dire che pochi hanno la sua capacità di comunicare e socializzare, la sua carica e la sua determinazione, la sua intelligenza e la sua coerenza. Di questo sono testimoni tutti i proletari che lo hanno avuto affianco nelle lotte: gli studenti proletari, gli occupanti di case, i lavoratori delle mense, gli inquilini della IACP, i precari della scuola, i disoccupati del Censimento, i giovani occupanti del Centro Sociale Nuvola Rossa e tutti i compagni del Movimento che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Pedro vivrà nei nostri cuori e nelle nostre lotte e non ci dimenticheremo dei suoi carnefici. Padova, Carcere "Due Palazzi", 13 marzo 1985 Claudio Latino [torna all'inizio della pagina]
ho ascoltato oggi come faccio ogni giovedì la vostra trasmissione alla radio. Ed ho avuto conferma di quello che speravo non fosse che un brutto sogno. "A caldo" ho buttato giù queste poche righe, ve le mando, ma non vedeteci una pagina di poesia, non vogliono essere che una testimonianza tra le testimonianze, affinché un giorno non si abbia più a testimoniare la nostra solidarietà in occasioni come queste. Pietro Greco è morto. '75, '80, '85 sempre la solita logica di
morte. Quanti dovranno ancora cadere? Pietro, ma avrebbe potuto chiamarsi
Pedro, Peter o Pierre. E ancora loro sopravvivono nel cuore dei proletari e dei rivoluzionari. Ma tutti gli anonimi? Quelli che crepano in fondo a una miniera o sotto le bombe di una multinazionale imperialista? E ad uno scalino inferiore, i murati vivi, ostaggi di un capitale sempre più e per questo sempre più vendicativo. Pietro è morto, non sono stati i fascisti ad ucciderlo come ho sentito dire, sono stati i nostri democratici e la loro logica del profitto ad ogni costo. Del sudore, delle lacrime e del sangue, ecco cosa ci promettono. Basta! La bestia ha sete, ma non le daremo più da bere! Senz'altro Pietro non sarà l'ultimo a cadere, la strada per il comunismo è ancora lunga; ma noi faremo in modo che ciò per cui lui si è battuto cresca e trionfi. Ciao Pietro Parigi, 14 marzo 1985 Regis Schleicher [torna all'inizio della pagina]
Negli ultimi tempi in Italia si è appesantita la repressione poliziesca contro il movimento rivoluzionario. Noi, prigionieri politici spagnoli del PCE(r) e dei GRAPO vogliamo comunicare, dal carcere di Soria, la nostra solidarietà internazionalista a tutti i compagni italiani colpiti dalla repressione e a tutti coloro che mantengono alta la bandiera della Resistenza, del Comunismo e della lotta rivoluzionaria, nonché al combattivo proletariato italiano che li appoggia e li sostiene. In primo luogo il nostro ricordo va al militante comunista "Pedro", Pietro Greco, vigliaccamente assassinato il 9 marzo a Trieste dai "pistoleri" della Digos, ricordo che si aggiunge a quello dei compagni delle BR caduti in combattimento il 14 dicembre dello scorso anno. A tutto questo si affianca la repressione, con rastrellamenti di massa, con fermi e arresti, nei confronti dei militanti che si impegnano nella lotta contro gli Stati imperialisti, che praticano un coraggioso lavoro di lotta contro la repressione e di appoggio ai rivoluzionari prigionieri e sottoposti a un regime carcerario di annientamento. In questo quadro si evidenziano gli arresti
di Donatella Bassi e di Giuseppe Maj l'8 febbraio scorso, con l'intenzione
dichiarata da parte dello Stato italiano di cancellare il Coordinamento
dei Comitati contro la Repressione e il suo organo, "Il Bollettino". Dove sono finite le tanto declamate libertà borghesi di parola e di associazione? L'offensiva controrivoluzionaria della reazione europea si sta definendo oggi con tanta ferocia che sono oggetto della sua persecuzione non solo quei rivoluzionari e comunisti che combattono nella clandestinità e praticano la forma più elevata di lotta proletaria, la guerriglia, ma viene colpito da una repressione sistematica anche l'ampio movimento di resistenza al potere capitalista e ai suoi governi fascisti o socialfascisti (come in Spagna, Francia, Grecia e Portogallo), anche le masse proletarie e popolari che lottano in difesa dei propri giusti interessi fino a colpire chiunque sia sospetto di diffondere concezioni comuniste e autenticamente democratiche, chiunque denunci la corruzione di un sistema capitalista in piena decadenza. La reazione europea e in particolare quella italiana, con la copertura dell'alleanza imperialista della Nato, stanno mettendo in atto, in forma operativa e sistematica, una "internazionale antiterrorista" che non solo combatte con l'obiettivo delle loro eliminazione le organizzazioni combattenti guerrigliere e comuniste del proletariato, ma soprattutto vuole schiacciare anche la semplice resistenza e ogni espressione di lotta del proletariato europeo. All'interno di questo spazio giuridico, poliziesco e repressivo europeo si collocano le leggi speciali già poste in essere negli ultimi dieci anni, nonché i più recenti progetti di pentimento e dissociazione. Progetti attraverso i quali sperano di comprare il tradimento dei rivoluzionari in cambio del loro "perdono". Progetti con cui lo Stato italiano si pone come modello per i più reazionari tra i governi europei. Quello che permette di contrapporsi a tutto ciò è la resistenza e la lotta, la denuncia e lo smascheramento da parte dei comunisti e dei rivoluzionari del carattere fascista delle false democrazie occidentali. Per questo motivo appoggiamo tutte le iniziative che prenderà il movimento rivoluzionario in Italia contro gli assassinii, le persecuzioni, gli arresti e contro i pentiti e i dissociati. Libertà per tutti i comunisti
e i rivoluzionari prigionieri! Carcere di Soria, 23 marzo 1985 Comune "Carlo Marx" dei
prigionieri politici [torna all'inizio della pagina]
A quasi un anno da quel tragico 9 marzo che resterà per sempre una data scritta col sangue nella nostra memoria, vive nella mobilitazione, nelle lotte, nel ricordo militante. Le belve hanno ucciso il suo corpo, ma le pallottole non possono nemmeno scalfire il patrimonio di lotte e di esperienze che la vita generosa di Pedro ci ha lasciato. La sua umanità, la sua immediatezza, la sua irruenza non le dimenticheremo mai. La sua capacità di coinvolgere, la sua lucidità giustamente estrema, la sua determinazione forte ed aggressiva ci hanno dato moltissimo e sono ancora dei fari che illuminano le nostre riflessioni e le nostre azioni. C'è un patrimonio di lotte e di vita collettiva che il suo omicidio di stato ha reso indelebile. E' un patrimonio nostro che nessuno ci può togliere. E' un patrimonio che non si sclerotizzerà nel necrologio perché è una cosa viva che investiamo e rinvestiamo nella nostra vita di lotta e ricomposizione, nel nostro pensiero di guerra al capitalismo e al suo stato, nella nostra azione rivoluzionaria contro lo stato presente delle cose per una società senza sfruttamento. Il suo essere naturalmente comunista, che più di una volta ci ha stupito per la sua limpidezza e spontaneità, è ricordo che conserviamo gelosamente nella nostra memoria. Una cosa che per noi sarà un riferimento imprescindibile, un esempio di militanza che arricchirà per sempre la nostra esperienza collettiva. Pedro è stato ammazzato, fucilato con fredda determinazione, anche perché la sua militanza comunista non si è fermata difronte ai mandati di cattura. La latitanza non gli aveva impedito di continuare ad esprimere il suo impegno politico rivoluzionario sia in Italia che in Francia, con il coinvolgimento assoluto che lo ha sempre caratterizzato. L'omicidio di Pedro è stato uno dei tragici episodi di una primavera di sangue scadenzata dalla strage dei "sinti" a Pordennone, dalla fucilazione nel sonno degli evasi di Pescara e dalla caccia all'uomo sulle montagne di Orgosolo. Picchi di ultraemergenza figli forse dell'euforia della vittoria dello stato forte oppure più probabilmente monito feroci. L'omicidio di stato di Pedro è maturato presumibilmente all'interno di una campagna repressiva su scala internazionale. Questo assassinio è una pagina oscura, una sporca faccenda della lotta al cosiddetto euroterrorismo. Riunioni di ministri degli interni e coordinamenti di servizi segreti hanno aperto la strada a questa furia omicida. Quella di Pedro è una morte feroce che doveva essere un preciso messaggio rivolto a chi, costretto alla latitanza, non si arrendeva, ma anzi esprimeva una militanza "senza frontiere". Nel 1984 a Parigi, i servizi segreti italiani, francesi e tedeschi hanno promosso una attività coordinata che si è concretizzata anche nel sequestro e nell'interrogatorio di compagni italiani costretti all'esilio. Non è un caso che le segnalazioni su Pedro a Trieste siano entrambe del Sisde, il servizio segreto del ministero degli interni, come non è un caso che la squadretta di sbirri assassini che lo ha ammazzato sia stata, di fatto, comandata da un agente del Sisde. La volontà non casuale di uccidere Pedro è ormai ampiamente dimostrata dalle ricostruzioni più credibili di quello che è accaduto quel tragico sabato 9 marzo in via Giulia. L'agente del Sisde ha determinato l'agguato dall'inizio alla fine. E' stato lui, contravvenendo alle disposizioni ed in disaccordo con gli altri, a decidere di entrare nello stabile. E' stato lui ad affrontare Pedro per primo, è stato lui a sparargli il primo colpo, frontale, calibro 38, con traiettoria mortale, da 45 cm. di distanza. Non ci vuole molto a capire che la decisione omicida è stata presa come minimo a livello di servizi segreti e che la questura di Trieste ha espresso subalterna connivenza. La forza di Pedro che è riuscito, anche se ferito mortalmente, ad uscire per strada ha reso impossibile la messa in scena della sua reazione armata. Decine di passanti hanno potuto vedere che Pedro era disarmato. Il movimento poi ha avuto la capacità di smascherare la sequenza di provocazioni che sono state imbastite sul suo cadavere. La grande manifestazione di Padova, le manifestazioni di Trieste, di Milano, di Parigi e la mobilitazione vasta in risposta a questo omicidio di stato hanno dimostrato al di là dei settarismi la vitalità del movimento, la sua caratteristica plurale, la sua possibile dimensione internazionale. Tutte cose per cui Pedro ha lottato fino in fondo. Pedro continueremo la tua corsa verso la libertà carcere Due Palazzi Claudio Latino lettera letta all'assemblea regionale tenutasi a Padova in preparazione della manifestazione del 9 marzo 1986. |