IL BOLLETTINO: NOTIZIE EUROPA

OPINIONI SULLO SCIOPERO DELLA FAME (da Resistencia N°16 e 17)

NECESSITA' DI UNA DISCUSSIONE

Caro compagno,

comprendiamo molto bene tanto le motivazioni della sospensione dello sciopero come il rifiuto di alcuni di voi ad accettare tale decisione, perché, come tu dici, è stata una lotta lunga e dura. (...)

La tua lettera è molto chiara su ogni questione e i comunicati della Direzione del PCE(r) ci hanno fatto capire su quale base è stata presa la decisione politica di sospendere lo sciopero. Anche in questo caso siamo solidali con voi. Senza alcun dubbio, la guerra ha creato condizioni politiche diverse per tutti, anche per i prigionieri politici. Anche questo è chiaro per noi e, d'altra parte, è indispensabile una discussione politica sulla lotta, sul suo sviluppo ed i suoi risultati. Noi pensiamo che questa discussione racchiuda tutta l'esperienza dei prigionieri rivoluzionari europei in questi ultimi anni; poiché l'esperienza in ciascun paese europeo ha mostrato la necessità di una discussione.

Questa necessità è sorta anche nel movimento europeo di solidarietà e resistenza. Ho letto in una rivista del movimento che molti compagni hanno cominciato a notare un riflusso nella mobilitazione in diversi paesi nei quali prima, al contrario, si erano espresse molte iniziative di solidarietà e si poneva il problema di capire se questo era l'espressione di un limite, di un cambiamento o di qualche altra cosa.

(...) Tutti i materiali che ci avete inviato ci serviranno per poter esprimere una valutazione più profonda, ma sarebbe molto importante ricevere un vostro scritto collettivo (dei prigionieri) su questa questione o, semplicemente, una lettera che possa essere utilizzata in questo senso. (...)

Anna (Italia)

Aprile 1991

Uno sciopero diverso

Qui in Italia, e per quanto ne so anche nel resto d'Europa, l'aspetto più difficile da captare è stato ed è il ruolo del vostro sciopero della fame nel contesto della lotta del proletariato spagnolo e dell'attività del PCE(r). A me sembra che il vostro sciopero è stato assolutamente diverso dagli scioperi della fame portati avanti dai prigionieri politici in Germania e Francia (non parlo poi degli scioperi della fame portati avanti dai prigionieri politici in Italia, perché qui da noi sono sempre stati fatti nel quadro delle manovre concordate con lo Stato per favorire la dissociazione e il tradimento). Gli scioperi della fame portati avanti dai prigionieri politici in Germania e Francia sono stati proteste dei prigionieri politici fedeli alla causa rivoluzionaria, che agivano sui sentimenti democratici di una parte della classe dominante e dell'opinione pubblica, che per quella aveva una certa importanza. Mi sembra che l'esperienza e l'attività del PCE(r) e la parte che ha avuto in primo luogo la dispersione e lo sciopero della Comune Carlo Marx, hanno dato alla vostra lotta un carattere diverso, hanno fatto di essa un episodio portato avanti con determinazione ed eroismo dalla resistenza del proletariato spagnolo contro la liquidazione delle conquiste raggiunte sino ad ora e, di conseguenza, hanno fatto della vostra lotta un'iniziativa che aveva come referenti principali i lavoratori.

Ne Il Bollettino 45 e in Solidarietà Proletaria 15 appariranno prossimamente articoli di commento sullo scopo dello sciopero: non so quanto metteranno in rilievo questo aspetto. Sarebbe benvenuto, se fosse possibile, un vostro intervento argomentato: la vostra lotta è stata molto seguita e molti erano con voi con tutto il cuore. La vostra voce è oggi molto autorevole.

Gianfranco (Italia)

Maggio 1991

È stato un errore

(...) Secondo me lo sciopero della fame è iniziato in un momento non azzeccato. Cioè si erano appena concluse le elezioni generali ed essi si sentivano "forti". Credo che fu sbagliato gettarsi a capofitto in modo tanto precipitoso. (...)

Politicamente sappiamo che sono finiti e questo lo vediamo e lo vedemmo dopo l'inizio dello sciopero della fame. Ma ci sono fasi nelle quali essi si sentono più forti, e momenti nei quali sono più deboli, dentro tutta la debolezza che si trascinano dietro. (...)

La nostra rivendicazione è giusta e per essa combattiamo, per essa lottiamo, ma il momento politico non ci era favorevole, in questa lotta concreta dello sciopero della fame.

Credo che la situazione che stiamo vivendo ora nelle carceri non si può paragonare a quella dell'anno '81-'82 quando si iniziò lo sciopero della fame di Herrera della Mancha. In quell'epoca, noi prigionieri politici eravamo la punta del movimento di resistenza, tutta l'attività all'esterno girava intorno ai prigionieri politici.

Ora è molto diverso, noi prigionieri politici siamo parte di questo movimento di resistenza, ma non il centro di questo movimento. Siamo uno dei tanti fronti di lotta, ma nel movimento ce ne sono molti di più.

Sappiamo che abbiamo vinto la battaglia politica. Una volta di più abbiamo portato allo scoperto l'aspetto socialfascista dei "nostri" governanti. Abbiamo vinto perché con questa lotta (lo sciopero della fame) abbiamo dato coscienza (una volta di più) al movimento all'esterno, perché abbiamo risvegliato coscienze che erano "addormentate", perché si è levato un movimento di solidarietà molto grande, a livello nazionale ed internazionale. (...) La battaglia politica è vinta.

Credo che se si riprende lo sciopero della fame bisognerebbe cercare un momento più opportuno di quando si iniziò lo sciopero della fame. Delle elezioni, per esempio. (...)

Lola

Al nocciolo

Andrò al nocciolo e così risparmio carta.

Quando lo udii alla radio pensai che doveva essere un cambiamento di strategia più che un cambiamento di atteggiamento del Governo e questo anche perché la notizia coincideva con la sospensione di Asuncíon. Subito dopo, riflettendo, pensai che una revoca al livello a cui era giunto lo sciopero della fame, era un'idea strampalata: l'assassinio del compagno Sevi, mesi e mesi nei quali i compagni continuavano a resistere, il movimento di appoggio e solidarietà creato e l'imbarazzo (per dirlo in qualche modo) nel quale siamo riusciti a mettere il Governo. (...) Ma subito dopo, passeggiando per la cella, ho pensato che esattamente per queste ragioni e per quanto è cambiata la situazione da quando abbiamo iniziato lo sciopero, la revoca dello sciopero è stata opportuna, anche senza avere conseguito le nostre rivendicazioni di una vita dignitosa e di riunificazione. Un'altra delle cause da aggiungere a questa decisione di sospensione è l'impasse alla quale era sottoposto lo sciopero dal mese di giugno. Questa credo sia la cosa principale.

Lo sciopero si stava allungando sempre di più e così, con la piega che stava prendendo la guerra del Golfo con tutto quello che si trascinava dietro, avremmo potuto morire in una reazione a catena.

Ma credo che, per noi, si tratterà di scegliere il momento per fare il passo successivo verso la riunificazione, di ricominciare nuovamente lo sciopero della fame poiché, suppongo, che presto o tardi, dovremo ricorrere nuovamente ad esso. (...)

Credo anche che sia necessario raccogliere le forze all'esterno. La lotta la portiamo avanti qui concretamente, noi siamo al centro dello scontro tuttavia, è necessario che all'esterno si sappia dare l'appoggio necessario a questa lotta, collegarla, organizzarla. Può darsi che, in questo senso, sia necessario "sperare" che si creino le migliori condizioni per iniziare la nuova offensiva. (...) In ogni caso è un fatto che la sospensione dello sciopero ci fa arretrare.

Non tanto perché la lotta sostenuta si ferma qui ed anche l'interesse a mantenere fermo il nostro obiettivo, ma peché siamo stati noi a dover "cedere", senza raggiungere la nostra meta. (...)

Charo

Qualcosa di molto positivo

(...) Sullo sciopero, la prima cosa da dire è che, nel quadro della situazione politica che vive il paese già da qualche tempo (crisi generalizzata e fino alla decomposizione in alcuni campi dei monopoli e dei loro politici, il movimento di resistenza popolare che ha ripreso l'iniziativa con grandi difficoltà sul terreno dell'organizzazione e della direzione politica, il superamento per il Partito dei problemi di riorganizzazione ecc.) abbiamo visto lo sciopero della fame come qualcosa di molto positivo, perché ci ha posto al centro dell'attenzione degli elementi avanzati delle masse in momenti in cui era molto importante che questa gente sapesse che ci sono dei comunisti in questo paese e che c'è un Partito Comunista (e una resistenza a tutti i livelli, compresa la lotta armata).

Parimenti, si sono conseguite importanti vittorie parziali sul terreno politico-propagandistico. Di fronte a questo, il fatto che non si sia ottenuta la riunificazione non cessa di essere secondario (quantunque ci rompa i c.); in fin dei conti neanche gli operai dei Cantieri navali sono riusciti a fermare la riconversione, no? Diciamo che, utilizzato opportunamente, questo ci avvicina ai settori popolari in lotta che si rompono la testa senza ottenere le loro rivendicazioni, oltre a confermare le altre analisi del Partito riguardo alla rapida politicizzazione delle lotte rivendicative, la fragile posizione del Governo, costretto a non mostrare qualsiasi cosa che sembri una debolezza poiché si rivolterebbero tutti gli scontenti, ecc. (...)

Alberto

Una grande sfida

Durante i primi mesi pensavamo che il bilancio dello sciopero non potesse essere più favorevole e inoltre ci sorprese la ripercussione che arrivò ad ottenere. (...) Per noi questa fu una tappa fondamentale poiché non riuscirono a togliere forza allo sciopero della fame come metodo di lotta. (...) Ma il Governo corse tutti rischi e per non dover cedere scommise tutto sull'alimentazione forzata, l'aumento dell'isolamento, la repressione sui prigionieri per prolungare il conflitto e tentare di spezzarlo. Questo sapevano che non l'avrebbero ottenuto, ma, intanto, essi guadagnavano tempo per risolvere le contraddizioni che erano sorte con giudici e medici, richiamare all'ordine ed al silenzio i mezzi di comunicazione e confidare nella stanchezza e nel riflusso del movimento.

(...) Sapevamo che avrebbero finito per controllare la battaglia legale. Per quanto riguarda il movimento, questa era la nostra grande sfida: fino a che punto saremmo stati in grado di sostenerlo e, anche, di svilupparlo. Per questo aspetto, ed essendo realisti, nessuno poteva sorprendersi del fatto che, una volta ottenuto il silenzio, messe a tacere le voci discordanti e funzionando al massimo l'alimentazione forzata, si sarebbe prodotto un arretramento considerevole.

A nostro modo di vedere, ciò che finiranno per ottenere unendo questi tre fattori lo devono all'alimentazione forzata. (...) Noi eravamo impotenti ad inasprire lo scontro dall'interno. (...) La nostra resistenza era una necessità morale, politica e, anche, in ultima analisi, di testimonianza. (...) Per noi cominciò ad essere chiaro che ci stavano togliendo questa arma di lotta, se non completamente, almeno in una dimensione consistente. In quel momento un altro fattore influiva negativamente a nostro parere. Crediamo che già allora il movimento si trovava in una fase calante e che rivitalizzarlo, nel silenzio imposto e con la situazione fisica dei compagni sotto controllo, sarebbe stato realmente difficile.

In questo contesto si verifica la morte di Sevi. (...) La cosa più importante è che diede impulso al movimento di solidarietà.

Ma a partire da qui, in questi momenti, vi furono due fattori che, a nostro parere, giocarono contro di noi: non c'erano nuove situazioni di pericolo che urgessero e il movimento, pur prendendo slancio, non lo fece nella misura che sarebbe stata necessaria. A noi diede l'impressione che fosse minore di quanto sperassimo. Tutto questo ha delle cause che comprendiamo.

Alcune morti avrebbero potuto costringere il Governo a cedere e se questo era per noi un prezzo altissimo, non lo è di meno il fatto che altri compagni resteranno colpiti per tutta la vita, senza recupero possibile.

A volte ci dicevamo, lo otterremo, sì, ma chi di noi si riunirà? La risposta che si sarebbero riuniti solo quelli che avevano interrotto (lo sciopero) o pochi di più, faceva sì che il raggruppamento in queste condizioni e a questo prezzo perdesse di senso. Per questo, quando sapemmo che lo sciopero era terminato non possiamo negare che respirammo. Dopo, quando potemmo leggere il comunicato del C. C. (il solo che abbiamo potuto leggere fino ad ora), l'unico dubbio che ci ponemmo fu fino a che punto fosse stato necessario prolungarlo tanto. Tuttavia, discutendo ci rendemmo conto che stavamo entrando in una contrattazione del tipo di: "due mesi in più, tre in meno" che non porta a nulla. Partimmo dal principio che prendere una decisione di questo tipo non sarà stato facile e nelle nostre condizioni avrà richiesto il suo tempo, senza contare altri fattori politici che possono sfuggirci.

Aggiungiamo qualcosa che viene già indicata nel comunicato e che ci sembra molto importante: non considerare la fine dello sciopero come una sconfitta. Neanche loro hanno raggiunto i loro obiettivi e politicamente tutto quello che ha presupposto lo sciopero è qualcosa che non possono toglierci più. Sappiamo che dipendiamo molto dal movimento esterno per il conseguimento degli obiettivi ancora da raggiungere. In ogni caso, lo sciopero è stato un importante passo in quella direzione. Ritirarsi in un determinato momento non solo può essere giusto ma perfino necessario.

Nuria e Amparo

Accettiamo la decisione

Dobbiamo dire che accettiamo e condividiamo la decisione di porre fine allo sciopero della fame. Crediamo che, date le circostanze così avverse - circostanze che non ignoravamo - era la migliore e possibilmente l'unica forma di porre termine allo sciopero. Per quanto ci riguarda, era da tempo che partecipavamo allo sciopero quasi principalmente perché non volevamo sospenderlo individualmente, poiché questo avrebbe avuto ripercussioni negative. Credevamo che, quali che fossero i risultati, la fine dello sciopero doveva essere frutto di una decisione collettiva, anche se conoscevamo le grandi difficoltà di coordinarci e decidere qualcosa in questo modo. Pertanto, ripetiamo che l'iniziativa presa dal Partito è stata la più opportuna. Il prezzo che si stava pagando era già troppo alto e, continuando la sciopero, sarebbe stato molto maggiore.

Ignoriamo - e ci interesserebbe conoscere - i ragionamenti dei compagni che non volevano interrompere lo sciopero, ma supponiamo che si riferiscano al fatto che non siamo riusciti ad imporre l'obiettivo della riunificazione, per il quale essi erano disposti persino a dare la vita. Da parte nostra, dobbiamo riconoscere che, dopo le successive riprese e la susseguente alimentazione forzata, non ci sentiamo ora la forza sufficiente per ciò.

Su questa esperienza tanto importante e prolungata ci sarebbero molte cose da dire e da discutere. Tutto un cumulo di successi ed errori individuali, di debolezze sopra i quali in qualche occasione potremo fare un approfondimento.

Ma in questo momento né ci sono le condizioni migliori per questo né, sinceramente, ci sentiamo in grado di valutare nei giusti termini gli aspetti positivi e negativi. Tuttavia, ci sembra sicuramente di vitale importanza questa analisi collettiva, dalla quale si devono ricavare i necessari insegnamenti per le future battaglie. Fra gli aspetti negativi ci sembrano rilevanti i limiti oggettivi che si sono posti allo sciopero della fame come metodo di lotta con l'aggiunta della tortura dell'alimentazione forzata, così come l'ancora insufficiente sviluppo del movimento all'esterno che ha costretto nuovamente noi prigionieri a farci carico del maggior peso della lotta.

Francamente, il sicuro prolungamento e la durezza di qualsiasi sciopero futuro, ci porta a dubitare che, giunto il momento, avremo la stessa forza e la dedizione sufficiente per ricominciare lo sciopero o, nella situazione critica, dare la vita per esso. Questo non vuol dire che siamo demoralizzati o ci sentiamo sconfitti per non aver ottenuto la riunificazione attraverso lo sciopero. Vogliamo solo dire qui che se l'ostacolo è diventato molto più alto di quanto fosse quando iniziammo lo sciopero, non crediamo possibile abbassarlo a forza di volontà e di buoni desideri. Ciò che possiamo assicurare è che, qualsiasi siano le condizioni di vita che ci impongono, il nostro nemico di classe non otterrà da noi alcun pentimento, umiliazione, né che rinneghiamo le nostre idee, i metodi e gli obiettivi per i quali ci hanno incarcerato.

Mario

L'importante è continuare a resistere

(...) Passo a parlarvi un po' dello sciopero della fame. (...)

Credo che la decisione del Partito, presa dalla Direzione, è stata opportuna e, oserei dire, necessaria. Da parte nostra e nelle condizioni in cui eravamo, senza possibilità di discussione e lottando ciascuno con le sue idee e contraddizioni, penso che sarebbe stato impossibile prendere una decisione unanime, o almeno maggioritaria, per porre fine allo sciopero o ricorrere ad un'altra forma di lotta.

Non negherò che il mondo mi è crollato addosso di fronte alla prospettiva di veder allontanarsi la riunificazione senza che nessuna sappia fino a quando. Ma se la decisione è quella di resistere e continuare la battaglia, lì dove ci troviamo, questa prima delusione si supera.

Quale altra cosa si sarebbe potuta fare dopo tanti mesi trascorsi ingannando la morte, con tutti i mezzi di comunicazione e stampa che collaboravano con il silenzio del Governo? Come peggiorare la situazione politica quando non ci permettevano di morire né ci lasciavano vivere? E, inoltre, non risultava difficile a molta gente credere che eravamo in sciopero della fame? Inoltre, le mobilitazioni popolari stavano cessando e, se ora non ricordo male, in un numero di Resistencia, si parlava del fatto che solo con un ampio movimento di massa, in solidarietà con la nostra lotta, avremmo ottenuto di far retrocedere il Governo e che lo Stato desistesse dalla sua politica repressiva, in quanto non si trattava unicamente della dispersione di una serie di prigionieri rivoluzionari, ma di tutta un'offensiva repressiva contro il movimento e le lotte popolari. Naturalmente, oggi vedo tutto molto più chiaramente di allora, poiché in questi mesi, si è prodotta tutta una serie di eventi che, secondo me, lo dimostrano.

A mio parere, la battaglia politica l'abbiamo vinta abbondantemente ed abbiamo contribuito allo smascheramento totale del PSOE mostrando alla maggioranza della gente fino a quali estremi è capace di giungere nella repressione e persecuzione dei rivoluzionari. E tutto questo in nome della democrazia. Inoltre, noi continuiamo qui, non abbiamo abbassato la bandiera, non hanno ottenuto che ci pentissimo nonostante abbiano fatto di tutto per questo.

Come potete supporre, non mi sono liberato di certi traumi e conseguenze mentali dovuti al corso dello sciopero della fame: atteggiamenti, errori, mancanze e perdita di orientamento in alcune occasioni. Diciamo che sono fantasmi che pullulano da queste parti e fanno più "male" dei dolori fisici. Questi li supero con lo sforzo ed il sacrificio fisico; ma, per gli altri, ho bisogno della discussione e dell'aiuto degli altri compagni. Credo che soltanto con alcune buone sessioni di assemblee popolari prolungate potrei fare un bilancio di fondo di tutto questo e vedere ciò che ho fatto bene o non del tutto male.

Davanti al primo dubbio se fossi stato o no capace di arrivare fino alla fine, fino alla morte, appaiono le mie prime incertezze e vedo che, con il passare dei giorni, si inclina di più la bilancia dalla parte che non sono disposto a morire. Posta così la cosa, si pone la questione dell'alimentazione forzata e se è più onesto e giusto interrompere lo sciopero punto e basta, in quanto l'alimentazione forzata lo faceva cessare, se lo si ammetteva. Alla fine, un mondo di contraddizioni, ogni volta che, senza essere disposto ad arrivare fino alla fine, non avrei voluto neppure interrompere lo sciopero della fame giacché, a mio parere, almeno per un lungo tempo, era importante che ci fosse il maggior numero possibile di compagni in sciopero, quantunque fossero "imboccati" ecc. Ma, a sua volta, il Governo poteva stare relativamente tranquillo, poiché non moriva nessuno.

Quindici mesi hanno molti giorni e molte ore, nei quali uno ha tempo d'avanzo per rompersi la testa con tutto quanto il possibile. Scadenze, illusioni, obiettivi, vaghe notizie e mai nulla di sicuro; aggrappandosi, sul filo del rasoio, alla più lieve possibilità di soluzione. Cambio di Governo, dimissioni di ministri, cambio di giudici... qualsiasi cosa era motivo di mille congetture. E tutto basato sulla possibilità che non avremmo conseguito la riunificazione e che, tuttavia, avremmo posto fine allo sciopero. Ora dico che mi costa parlare così, per iscritto, di tutto questo, poiché molte cose e male espresse possono trarre in inganno. Prima di tutto, poiché credo che ci sono - ci furono a suo tempo - temi di grande importanza che hanno un loro nome e che nel tempo e nell'occasione propizia dovranno essere affrontati. L'importante, per me, in questi momenti, è che ognuno continui a resistere nelle circostanze e nel posto che gli sono capitati. (...)

Alfredo

Trarre esperienza dagli aspetti negativi

Mancava un dibattito sullo sciopero della fame e penso che, nonostante le nostre condizioni di isolamento, si sarebbe dovuto cominciare prima.

Sono fondamentalmente d'accordo sull'analisi che ne viene fatta anche se, come si dice nell'analisi «non siamo in condizioni di affrontare (l'elaborazione del bilancio) in forma definitiva...» Per questo, è effettivamente importante che, da qui dentro, noi inviamo le nostre impressioni, nella misura del possibile, ma dovrebbero anche partecipare al dibattito i compagni del movimento di solidarietà, i familiari e gli amici, poiché le loro opinioni ed i loro punti di vista sono ugualmente necessari perché questa analisi sia la più globale ed obiettiva possibile...

Concordo sul fatto che lo sciopero è stato provocato dal Governo e che quello era il miglior momento per incominciarlo; tuttavia, credo che non si discusse sufficientemente fra di noi - parlo della Comune di Soria - per cercare di capire a fondo il momento politico e che cosa realmente mettevamo in gioco. Sapevamo, come ci disse la Direzione, che lo sciopero sarebbe stato lungo e duro per tutto quello che presupponeva, ma fino a che punto potevamo aver assimilato che «... un passo indietro da parte del Governo avrebbe avuto gravi ripercussioni politiche, non solo per esso, ma anche per lo stesso regime». Forse, avevamo più chiaro che il fattore decisivo per inclinare la bilancia a nostro favore era lo sviluppo di un ampio movimento di massa. In ogni modo, partivamo da queste questioni come base, insieme alla nostra pressione (e sacrificio) dall'interno... C'era da vincere la battaglia, resistere ad ogni costo, probabilmente alcuni morire... Eravamo preparati psicologicamente (e politicamente) più che nell'altro sciopero. Non si prevedeva per niente la possibilità di non ottenere la riunificazione ma, invece, di vincere una battaglia politica, così come è avvenuto. In questo senso, penso che si partisse da uno schema troppo fisso, rigido che, nel momento di poter valutare questi fattori positivi raggiunti, non lasciava spazio alla manovrabilità ed a utilizzare correttamente la dialettica nella lotta, in accordo con le nuove forze e possibilità che si fossero presentate.

Con la dispersione e l'isolamento selvaggio ai quali ci avevano sottoposti, era impossibile gestire dall'interno un minimo di coordinamento e ancora meno la direzione politica dello sciopero. Il movimento di solidarietà ha una crescita, che perfino ci sorprende, fino al terzo e quarto mese, ma qui raggiunge il suo culmine. Con il tempo, il riflusso avrebbe invertito la tendenza. Questo è quanto vede e analizza un compagno responsabile (in sciopero) nel mese di marzo. L'analisi diceva, più o meno che, vista l'intransigenza del Governo e la denuncia politica che già aveva importato lo sciopero con i suoi risultati, si poteva considerare la possibilità di fermare lo sciopero e aggrapparsi a tutto quel movimento di solidarietà, nato in quei mesi, per continuare la battaglia per altre vie, nel momento in cui la solidarietà si incanalava verso il recupero dei prigionieri. Questa è, almeno, l'idea che ho captato io, stando qui, dove sto ora. Questo, a me in particolare, mi fece riflettere e superare lo schema più chiuso che avevo. Gli obiettivi non erano già conseguiti in quel momento? Sinceramente, penso che, nella sostanza lo erano e che, d'altra parte, il movimento non si sarebbe "bruciato" e sarebbe stato molto più partecipe a questa lotta disuguale che abbiamo condotto.

Spero che si capisca quello che voglio dire e che, in definitiva, penso. Non desidero che le conclusioni sul mio scritto siano che io do più peso ai lati negativi. So perfettamente che i valori politici positivi frutto dello sciopero sono immensamente superiori a tutti gli aspetti negativi che ho citato e che questo, con i nuovi tempi complessi che corrono, ci colloca in una situazione molto migliore rispetto a solo due anni fa.

Il prossimo sciopero, di simile ampiezza, non lo vedo ancora all'orizzonte. E certamente dovremo contare molto di più su tutto il movimento esterno, che speriamo sia più organizzato e sviluppato, poiché, al contrario, questo può essere persino molto più duro, con un logoramento inimmaginabile, che ora può sfuggirci, perché credo che sia solo un'ipotesi nel quadro delle possibilità che possiamo considerare. (...)

Carlos

Considero molto necessario questo dibattito

Cari compagni,

mi sono deciso a scrivervi questa lettera per fare alcune valutazioni, perché considero molto necessario il dibattito che si è aperto.

Giudicai opportuna la fine dello sciopero perché già si cominciava a percepire che, presto o tardi, doveva concludersi.

Il Partito era l'unica voce che, avendo una visione più globale dei pro e dei contro, poteva decidere il momento. E anche perché noi prigionieri, a causa del costante isolamento e dello stretto controllo dei nostri movimenti, non eravamo nelle condizioni di prendere alcuna decisione al riguardo.

All'inizio, quando mi comunicarono che si doveva porre fine allo sciopero, credetti che forse eravamo riusciti ad ottenere una riunificazione parziale. Ma, subito, la realtà mi confermò che non era così. Vedendolo freddamente, penso che, alla fine, ci avevano condotto al punto in cui ci troviamo oggi.

Malgrado non si sia ottenuta la riunificazione, non ci hanno sconfitti. Che la vittoria politica e morale sia stata nostra e dell'insieme del movimento rivoluzionario è più che dimostrato. E sebbene questa volta abbia potuto giocare a loro favore l'alimentazione forzata, questo non vuol dire che lo sciopero della fame non sia più valido come metodo di lotta per il futuro; fra le altre cose, ritengo che il fatto che essi decidano di utilizzare o meno la suddetta pratica di tortura e altri metodi di pressione psicologica dipenderà molto dalla situazione politica e, fondamentalmente, dallo sviluppo del movimento di solidarietà e dal fatto che il movimento operaio assuma come proposta le rivendicazioni dei prigionieri politici. (...)

Amparo

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