Spagna: LA LOTTA PER LA RIUNIFICAZIONE DEI PRIGIONIERI POLITICI CONTINUAComunicato del Comitato Centrale del PCE(r) In data 8 febbraio abbiamo inviato un telegramma in diverse carceri dello Stato chiedendo ai militanti del nostro Partito, che erano in sciopero della fame dal 30 novembre 1989, di cessare tale sciopero. Come si potrà capire, non è stato facile prendere questa decisione. Prima di decidere abbiamo valutato tutti i termini dell'attuale situazione. In particolar modo abbiamo tenuto conto della grave situazione fisica in cui versano i nostri compagni prigionieri. Non era possibile prolungare questo sciopero della fame senza che un buon numero di scioperanti andasse incontro a morte sicura in poco tempo. Pensiamo che non si possa chiedere di più di quanto già hanno dato questi uomini e donne alla causa operaia e popolare; pensiamo anche che è stato giusto e necessario intraprendere e prolungare lo sciopero della fame, sacrificare la salute e rischiare la vita per poter denunciare la politica criminale del Governo e lottare per la riunificazione. Però c'è un limite che non si può superare: il sacrificio non si può trasformare in qualcosa di inutile e contrario ai fini che ci eravamo prefissi all'inizio dello sciopero, non può condurre ad una morte predeterminata. Crediamo che sia sufficientemente dimostrato che il Governo cederebbe alle giuste rivendicazioni dei prigionieri solo dopo la morte di molti di loro; prezzo che non siamo disposti a pagare. Inoltre, riteniamo che la situazione dei prigionieri sia una questione che riguarda tutti i lavoratori e la società spagnola nel suo insieme, e che sia compito di questa impedire nel futuro la tortura nelle carceri, la politica di isolamento e di sterminio e ottenere la loro liberazione. Bisognerà continuare a lottare e a resistere in tutte le forme possibili, tanto dentro quanto fuori dalle carceri, evitando però di pagare un prezzo così alto come quello che ora pretendono. Questo è stato il motivo principale che ci ha portato a chiedere di porre fine allo sciopero della fame. Prima di prendere questa decisione ci siamo consultati con i compagni in sciopero della fame e con altri che lo avevano smesso; abbiamo raccolto le opinioni dei loro familiari e di altre persone legate al movimento di solidarietà. Prima di inviare il telegramma di cui abbiamo precedentemente parlato, abbiamo inviato agli scioperanti una comunicazione nella quale si annunciava la nostra decisione, in modo da evitare loro una sorpresa e per invitarli ad attuarla con lo stesso spirito di unità e la stessa disciplina che hanno sempre avuto, prima e durante questa lunga battaglia. Una volta assicuratisi della veridicità e autenticità del messaggio, tutti gli scioperanti hanno subito accettato la decisione della Direzione del Partito. Comprendiamo che un numero considerevole di prigionieri abbia manifestato il suo disaccordo con questa decisione e si sia mostrato disposto a proseguire lo sciopero della fame sino alle estreme conseguenze. Il fatto di non avere raggiunto l'obiettivo della riunificazione li porta a mantenere questa posizione di fermezza. Bisogna tenere presente, inoltre, che la situazione in cui versano, senza possibilità alcuna di rimettersi in salute, il fatto di essere oggetto di rappresaglia da parte dei secondini e della polizia, contribuisce ulteriormente a irrigirli su questa posizione. Per quanto ci riguarda li comprendiamo e continueremo a dar loro tutto il nostro appoggio. Ciò nonostante riteniamo che per quanto gravi siano le condizioni che saranno loro imposte, non saranno certo peggiori di quella di rimanere inchiodati ad un letto collegati a delle sonde. Nel peggiore dei casi ciò permetterà loro di ricominciare un nuovo sciopero della fame con maggior forza, quando le condizioni saranno più favorevoli. Non siamo riusciti a strappare nulla al Governo, abbiamo perso il compagno Sevi e la salute degli altri compagni è abbastanza compromessa. Però lo Stato e le forze reazionarie che lo appoggiano non sono riusciti a distruggerci, né a demoralizzare i compagni prigionieri, o a farli vacillare, o a portarli al pentimento, come era loro proposito. La loro sconfitta politica e morale è più che mai evidente. Al contrario i prigionieri conservano intatti il loro morale e il loro spirito di combattimento. Inoltre durante questa lunga lotta si sono conquistati il riconoscimento e l'appoggio di gran parte dei lavoratori. Ciò nonostante, dobbiamo riconoscere che questo appoggio non è ancora sufficiente poiché non si traduce in lotta politica cosciente e organizzata, capace di imporre alla Stato le rivendicazioni dei prigionieri, l'amnistia e ogni altra loro rivendicazioni o diritto. In questo senso continueremo la nostra lotta e proseguiremo la battaglia senza incertezze. Il recente sciopero della fame ha costituito un passo molto importante in questa direzione; anche se momentaneamente il nemico di classe si è imposto con la forza, non ci ha vinto su nessun terreno. Al contrario, ha perso la battaglia dell'opinione pubblica, è stato smascherato nel suo reale carattere socialfascista davanti agli occhi di tutto il mondo, è stato obbligato a mostrare la sua totale immoralità e la sua impotenza di fronte a quelli che osano lottare. Compagni, amici, la lotta continua. Questa lotta sarà ancora dura e ci costerà numerosi sacrifici. Per questo dobbiamo conservare le nostre forze e raccoglierne di nuove. Ora facciamo un passo indietro ma per poterne fare molti in avanti. La lotta continua ! Ora più che mai appoggiamo in tutti i modi i prigionieri e sosteniamoli nella lotta! Marzo 1991 Comunicato del Comitato Centrale del PCE(r) |