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Svizzera:

AUTOCRITICA E RIFLESSIONI ESSENZIALI

Sulla lotta di lunga durata nel contesto dello sciopero della fame dei detenuti appartenenti al PCE(r) e ai GRAPO

Cari compagni,

sul Dossier di Solidarietà Proletaria è stato pubblicato un comunicato del console spagnolo di Zurigo. Vi alleghiamo un testo che spiega in quale contesto e a quale scopo quel comunicato è stato emesso. Viste le difficoltà che generalmente si incontrano nel promuovere iniziative di sostegno alle lotte dei compagni prigionieri, il problema del comunicato del console è stato inserito in una riflessione politica più generale. Saremo molto contenti se pubblicherete la traduzione dal tedesco di questo scritto. Esso riflette tra l'altro anche le difficoltà che il movimento rivoluzionario incontra di fronte agli scioperi della fame: sia prima quello dei compagni tedeschi, sia ora quello dei compagni spagnoli. Anche in Germania questi problemi politici, sorti dall'ultimo sciopero della fame dei compagni della RAF e della Resistenza, vengono discussi e dibattuti. Si tratta di una questione fino ad ora irrisolta.

Vi saremo grati se farete circolare e se pubblicherete questa traduzione.

Saluti comunisti e solidarietà.

Dal 1° dicembre 1989 i detenuti appartenenti al PCE(r) e ai GRAPO stanno facendo uno sciopero della fame. Sin dall'inizio gruppi di compagne e di compagni di Zurigo, di Berna e di altre città svizzere hanno solidarizzato con questa lotta. Come mai questa solidarietà?

Da un lato essa si basa sulla consapevolezza che l'isolamento, l'individualizzazione, l'alienazione e la solitudine dei singoli individui sono sinonimi del sistema capitalista, ragion per cui alla tortura dell'isolamento come strumento moderno della lotta antinsurrezionale va attribuita una grande importanza. Dall'altro lato la solidarietà si basa sull'idea della collettività senza della quale non esiste alcun avvenimento storico, alcun processo rivoluzionario, alcuna identità rivoluzionaria. Questo tipo di collettività non si manifesta soltanto nei collettivi dei detenuti del PCE(r) e dei GRAPO, nelle comuni Carmen Lopez e Carlo Marx, tra i detenuti politici in RFT, in Belgio e in Italia, ma si manifesta anche nei processi rivoluzionari armati del movimento post-68 di questi paesi. In questa lotta più che ventennale le posizioni ideologiche più diverse tentarono di trovare delle risposte teoriche e pratiche alla questione centrale: come è possibile costruire e sviluppare la collettività proletaria e con essa coscienza di classe, solidarietà di classe, internazionalismo proletario, antimperialismo? In altre parole: come è possibile costruire e sviluppare posizioni rivoluzionarie?

In generale, sia durante le fasi di lotta sia durante le fasi di riflusso, hanno grande importanza la continuità e l'identità rivoluzionaria dell'organizzazione (che non deve essere lasciata solo ai detenuti). La lotta dei detenuti politici e la nostra lotta di solidarietà con loro devono essere inserite, come sua parte, nella lotta di classe generale combattuta giorno per giorno. Dunque resistenza che da un lato vuol dire indebolire il nemico e dall'altro vuol dire sviluppare punti di forza per la costruzione rivoluzionaria. E' una lotta che offre molte possibilità per sviluppare i diversi aspetti della politica rivoluzionaria.

Noi pensiamo che questioni come l'estensione delle lotte, la forza della pressione sviluppata sulle autorità, il successo, i risultati tangibili e misurabili, le prospettive, visti sotto quest'ottica, acquistino una nuova dimensione. Ma la chiarezza, ossia una consapevolezza maggiore circa queste questioni, può essere raggiunta solo attraverso la lotta stessa. Del resto è noto che gli errori fatti e l'analisi dei diversi passi compiuti sono fattori importanti nel processo di formazione della coscienza. All'origine di un ciclo di lotte non sta una chiara linea politica sulla base della quale vengono decise e dirette le varie iniziative. Questa semmai si sviluppa soltanto nel corso della lotta dalla dialettica tra azioni pratiche e l'analisi di esse.

Prima di entrare nel merito di alcune questioni fondamentali in questo contesto, vogliamo concretizzare il processo prima descritto riferendoci a due esempi.

- Primo esempio

Una delle azioni compiute nello scorso mese di marzo destò un certo clamore. Si trattava di un'azione di solidarietà coordinata tra Zurigo e Berna: attacchi con acido butirrico nel Consolato spagnolo a Berna e nell'Ufficio turistico spagnolo e alla sede della Banca di Bilbao a Zurigo. L'iniziativa aveva due scopi: doveva colpire non solo simbolicamente lo Stato spagnolo ovvero i suoi esponenti politici qui raggiungibili e doveva rompere il black-out dell'informazione che i massmedia borghesi praticavano oramai da mesi. A questo scopi furono impiegati diversi mezzi. Ad esempio il giorno dell'attacco da diversi ponti di Zurigo pendevano striscioni relativi allo sciopero della fame. L'attacco con acido butirrico fu accompagnato da un comunicato stampa inventato, che sembrava provenisse dal Consolato spagnolo. Esso venne inviato a numerosi massmedia borghesi. Si contava sul fatto che alla sua pubblicazione sarebbe seguita un'immediata smentita da parte del Consolato. L'emissione del falso comunicato era quindi parte di un'operazione complessa.

Ora riteniamo che l'impiego di falsificazioni di questo genere come mezzo tattico implica seri problemi. Solo in rari casi esse si prestano a comunicare il contenuto dell'iniziativa. La (apparente) necessità di ricorrere a tali mezzi è ovviamente espressione del rapporto delle forze che oggi è sfavorevole per noi. E' da qui che parte la nostra critica/autocritica. Si è ricorsi alla emissione di un falso comunicato perché eravamo troppo fissati sui massmedia borghesi. Si era perso di vista il vero obiettivo, cioè quello di raggiungere quella parte della popolazione che è potenzialmente interessata alla lotta. E proprio questa parte a causa del falso comunicato venne più disorientata che informata. Un errore ulteriore consistette nel fatto che il falso comunicato, originariamente destinato ai massmedia borghesi, venne in realtà diffuso anche ai massmedia di sinistra e da questi ripreso. E' vero che questa autocritica viene resa pubblica relativamente tardi, perché prima di arrivare ad essa si è dovuti passare attraverso un processo di presa di coscienza dell'errore e dei suoi motivi. Ma nella pratica l'autocritica è già diventata operante da tempo.

- Secondo esempio

Arriviamo ora al secondo esempio di cui vogliamo trattare, cioè al teatro-strada realizzato da un gruppo di compagne e compagni. Qui sono state abbordate con molta chiarezza e consapevolezza le questioni della formazione di una opinione pubblica più ampia, della rottura del silenzio dell'informazione dei massmedia borghesi, della modificazione del rapporto generale delle forze. Diversi strati della popolazione sono stati informati in modo diretto e comprensibile e così, almeno in parte, il blocco dell'informazione è stato rotto. Grazie ad un contemporaneo volantinaggio e a discussioni spontanee nelle strade durante le rappresentazioni, è stato possibile realizzare un vivace scambio di idee. I manifesti e le scritte murali che sin dall'inizio dello sciopero vengono costantemente fatti, sono anch'essi strumenti di comunicazione diretta dei contenuti della nostra politica e sono certamente il mezzo più sicuro e pratico per svegliare le coscienze.

- Le questioni generali

A questo punto arriviamo alle riflessioni in merito alle questioni che suscitano molte discussioni attorno alla lotta di solidarietà con i prigionieri politici.

Durante gli ultimi mesi sono stati sviluppate riflessioni sul significato e sul ruolo di un ampio lavoro di solidarietà. Essenziali non sono né la quantità di coloro che si occupano degli effetti della tortura dell'isolamento, né l'eco che la lotta ha sui massmedia borghesi. Ci sembra molto più importante il lavoro concreto tra le masse volto a spiegare i contenuti rivoluzionari delle lotte dei prigionieri politici. E' proprio qui che si è sviluppata - come mai prima - una molteplicità di iniziative che, a secondo dei livelli di coscienza da cui partono, devono agire in modo diretto (cioè senza passare attraverso i massmedia borghesi) su un ampio arco di persone e di problemi, rafforzando lo schieramento rivoluzionario.

La questione della continuità di questa lotta di solidarietà è in correlazione con la concezione che si ha delle prospettive. Se l'obiettivo prestabilito sta nel successo immediato, la continuità non può essere che di breve durata. Ma come potrebbe essere possibile un successo immediato, stante l'attuale rapporto delle forze? Anche nelle lotte in altri campi partiamo dal presupposto di un processo di lunga durata. Il successo concreto della lotta dei prigionieri politici e delle lotte di solidarietà con essi - il raggruppamento - logicamente non può essere raggiunto senza un cambiamento del rapporto delle forze nel processo rivoluzionario generale. Se questa è la nostra prospettiva nella lotta - e non il successo immediato - la continuità diventa cosa ovvia, senza che ciò significhi la rinuncia a strappare anche vittorie parziali.

Per questi motivi noi concepiamo la lotta dei prigionieri politici come una parte del processo rivoluzionario complessivo. Quindi la nostra solidarietà anche in questa fase della lotta è diretta in modo generale alla politica rivoluzionaria, alla quale lo Stato capitalista risponde con la tortura dell'isolamento. Dobbiamo certo ammettere che il cerchio di compagne e di compagni che lavorano in quest'ottica è ancora piccolo. Ma ciò che conta è che il processo di apprendimento è iniziato, che esso continua e che viene analizzato nuovamente in modo sempre più consapevole.

Punto di partenza erano le esperienze generali delle lotte dei prigionieri politici. Punto centrale delle nostre riflessioni è la consapevolezza che l'abolizione dell'isolamento, ossia il raggruppamento dei prigionieri politici, potrà essere raggiunto solo mediante lo sviluppo graduale dell'intero processo rivoluzionario. Conseguentemente non si può fare a meno di concludere che la lotta dei prigionieri politici e la lotta di solidarietà con i prigionieri politici hanno le stesse caratteristiche di tutte le altre lotte di classe. Ciò a sua volta significa che la carenza di pressione pubblica sulle autorità può essere superata solo con lo spostamento del generale rapporto delle forze che attualmente ci è sfavorevole. Che cosa è infatti la "pressione pubblica" se non un'ampia coscienza rivoluzionaria e la capacità di mobilitare le masse?

Tutto il composito e variopinto assieme delle organizzazioni riformiste concentra l'attenzione sui prigionieri come vittime e impedisce la costruzione di uno schieramento rivoluzionario. Questo si è visto ancora una volta in occasione dell'ultimo sciopero della fame nella RFT. Ecco perché in questa lotta è sbagliato focalizzare l'attenzione solo sullo sciopero della fame o sui prigionieri politici infermi. Altrettanto errato è ridurre la lotta a campagne su singoli compagni. La lotta dei prigionieri politici e la lotta di solidarietà con loro è parte della lotta di classe e come tale deve essere concepita. Ciò anche se soggettivamente ci sentiamo più coinvolti che in altre lotte, vista la superiorità del nemico che qui si manifesta in modo più duro che in altri campi. Ma i prigionieri politici non sono delle vittime! Anche qui la volontà soggettiva e la morale rivoluzionaria non sono sufficienti a modificare il rapporto di forza. Chi non comprende ciò, prima o poi cadrà nella più nera rassegnazione.

Resta la domanda se il risultato delle nostre attività rivoluzionarie può essere misurato. In una situazione rivoluzionaria il lavoro rivoluzionario si manifesta nella costruzione del contropotere rivoluzionario, ovvero nelle sue strutture. Queste non si realizzano nella testa degli uomini, bensì si materializzano in istituzioni diverse come zone liberate, zone rosse, consigli di operaie e operai, consigli di soldatesse e soldati, ecc. Ora noi non ci troviamo in una situazione rivoluzionaria, ma lavoriamo in vista di una situazione rivoluzionaria. In una fase del genere, nella quale si tratta soprattutto dello sviluppo della presa di coscienza di classe e nella quale mancano effetti tangibili, il risultato del lavoro rivoluzionario non è misurabile materialmente, almeno non nella quantità di concessioni fatte dalla classe dominante. Visibili sono le piccole sconfitte della borghesia e l'attiva resistenza contro la borghesia che si manifesta in modo molto pratico e non solo simbolico. Molto più importanti sono però gli effetti che si determinano nel nostro campo. Che cosa abbiamo acquisito per il nostro processo dalla lotta di solidarietà con i prigionieri politici? Le nuove esperienze di questo processo, se correttamente valorizzate, possono fornire preziosi stimoli per le altre lotte. Questi sono "successi" che benché non abbiano nulla di spettacolare, sono però in generale la sostanza del processo rivoluzionario e lo determinano. Rafforzare il nostro campo significa anche essere più capaci di raggiungere con i nostri contenuti la parte progressiva ed interessata della classe e conquistarla ad essi.

Zurigo, agosto 1990

Alcune compagne e compagni

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