Paesi Baschi: INTERVISTA ALLA DIREZIONE DI ETA MILITARERiproduciamo ampi stralci dell'intervista alla direzione di ETA realizzata dal direttore del quotidiano spagnolo Diario 16 il 21 dicembre 1988. (...) - Dunque vi considerate in guerra con la Guardia Civil. E' lo stesso Stato spagnolo che ha dichiarato guerra all'insieme dei Paesi Baschi, mantenendo per decenni una ferrea occupazione militare e poliziesca. In questo senso la Guardia Civil è uno strumento decisivo di questa strategia basata sui rapporti di forza. Non c'è stato quindi nessun armistizio da parte sua. E nemmeno ci sarà da parte nostra, se non nel contesto di una negoziazione politica. Nel 1939 ci fu imposta la loro vittoria; nel 1977 non avvenne una rottura col passato franchista, ma ci fu imposta una monarchia parlamentare, dove "Monarchia" è scritto con la lettera maiuscola, e "parlamentare" viene dopo... - Ma questo è quello che ha voluto la stragrande maggioranza del popolo spagnolo. Ma non la stragrande maggioranza del popolo basco, che ha detto un "no" chiaro e tondo alla Costituzione, così come ha detto "no" alla NATO. E tuttavia questa volontà, maggioritaria e espressa inequivocabilmente, non è stata in alcun modo rispettata. - Arafat si è presentato all'ONU con una pistola in una mano e un ramoscello di ulivo nell'altra. Tutti vediamo la pistola di ETA: dov'è il ramoscello di ulivo? Ribadiamo di essere disposti ad iniziare il negoziato domani stesso. Ma non siamo disposti nè a pentirci, nè ad arrenderci, nè a negoziare al ribasso. Tuttavia non chiediamo neppure che sia il governo spagnolo ad arrendersi: nessuno metterà in ginocchio nessuno. Insieme con le armi abbiamo soluzioni politiche, perché siamo un'organizzazione politica.Vogliamo che questo sia chiaro a tutta l'opinione pubblica dello Stato: siamo un'organizzazione politica. Quello che proponiamo è un armistizio, non intendiamo consegnare le armi. - Come può un'organizzazione politica utilizzare mezzi che la maggioranza dei cittadini considerano terroristici? Lo stesso governo spagnolo usa l'Esercito, la polizia, il GAL (1) come mezzi repressivi. Il governo tortura e uccide, eppure non nega la sua natura politica. - Che cos'è per voi la Spagna? E' un falso concetto che stravolge la realtà plurinazionale dell'attuale territorio, scorrettamente chiamato "spagnolo", sottoposto al dominio dei poteri statali . - Cosa vuol dire «un falso concetto»? Oggi Euskadi si trova sotto la dominazione dello Stato spagnolo, Stato le cui origini si fondano sulla capacità di rappresentare interessi economici e politici, che necessitavano di un contesto territoriale ottimale entro cui esercitare il proprio dominio di classe. Questo contesto territoriale è andato configurandosi attraverso la dominazione su popoli molto eterogenei. I baschi di Euskadi Sud non si riconoscono nella nazione spagnola. Noi stessi siamo una nazione, abbiamo i nostri caratteri distintivi. Insieme con le province di Euskadi Nord sotto il dominio francese, formiamo una nazione costituitasi nel corso della storia, anche se per secoli ci è stato negato con la forza delle armi il diritto a costituirci in un'entità politica indipendente. Esigiamo un dialogo da nazione a nazione. (...) - Perché parlate di «esecuzioni» come se aveste il diritto di farvi giustizia? Nel linguaggio comune queste azioni si chiamano «assassinii»... Questa è la risposta che l'organizzazione ritiene di dover adottare contro i suoi nemici di guerra. Una guerra che non abbiamo incominciato noi, ma che ci è stata imposta. La lotta armata, adeguatamente coniugata con la lotta di massa e la lotta istituzionale, si rivela oggi lo strumento idoneo e insostituibile per difendere i nostri diritti e conquistare la sovranità nazionale e sociale. La pace aveva cessato di regnare molto tempo prima che ETA nascesse. Con gli obiettivi di ETA è d'accordo la maggioranza del popolo basco. (...) - Come si dovrebbe uscire dall'attuale impasse della negoziazione col governo? Col cuore in mano, con la determinazione della nostra lotta armata e con la determinazione della nostra volontà politica, siamo disposti a sederci attorno ad un tavolo domani stesso per stabilire un calendario. - Il governo dice: «Finché ci sono attentati, niente contatti». Voi siete disposti a non effettuare attentati per favorire i negoziati? Vogliamo che la violenza cessi da ambo le parti e chiediamo garanzie che la tregua serva a qualcosa. E' logico che sia così tra nemici. - Non osservereste una tregua unilaterale, come prova di buona volontà? Quella che è stata unilaterale è la nostra reiterata e perfino testarda domanda di negoziati. Tuttavia, la risposta del governo spagnolo si è limitata ad impedire una soluzione negoziata, ad utilizzare il fatto stesso che fossero in corso contatti per sostenere che eravamo deboli, che non ce la facevamo più. Insomma, l'intossicazione e la menzogna; negando che vi fossero contatti quando di fatto questi erano in corso. Ora stanno cercando di riprendere i contatti, con viaggi ad Algeri di emissari del Ministero degli Interni; ma continuano a non offrire garanzie, né a mostrare un'autentica volontà negoziale. (...) - Parliamo di quello che sembra il punto chiave del negoziato. Cosa intendete per «autodeterminazione di Euskadi» e come credete che dovrebbe realizzarsi? E' il nodo gordiano per la soluzione del cosiddetto contenzioso basco, che è in verità il problema dello Stato spagnolo. Tutta l'alternativa KAS non punta che a garantire un processo di autodeterminazione in Euskadi Sud. Il primo passo inevitabile è la negoziazione fra i poteri dello Stato e la nostra organizzazione... - Vi basterebbe il riconoscimento di questo diritto o vorreste esercitarlo, più o meno a breve scadenza? Il passo successivo è un nuovo statuto, differente dall'attuale, che fra l'altro riconosca il diritto all'autodeterminazione e l'integrazione della Navarra nelle nuove istituzioni basche. Una volta terminato il processo di negoziazione politica, si aprirebbe una fase costituente cui parteciperebbero i diversi partiti di Euskadi Sud, nella quale si dovrebbe stabilire il calendario da rispettare per l'esercizio di questo diritto. Dobbiamo avere la garanzia che questo giorno arriverà. - Anche se fosse per un'altra generazione? Al più presto possibile. Siamo coscienti della complessità del processo. Dopo la negoziazione si apre una fase costituente. Stiamo parlando della rottura democratica. - In questo contesto difendereste l'indipendenza dei Paesi Baschi? Senza dubbio alcuno. Quando verrà il giorno, chiederemo al popolo basco di optare per uno Stato indipendente. Altra questione saranno i rapporti che questo Stato deciderà di stabilire con gli Stati vicini. - E se la società basca esprimesse in modo maggioritario una scelta diversa? Accetteremmo questa volontà. - Cosa significa l'affermazione secondo cui Euskadi si è già «autodeterminata» ma tramite lo Statuto di Guernica? Perché questo testo è stato approvato dalla maggioranza del popolo basco... In base alla lettera del Tribunale Costituzionale - vale a dire in base allo stesso cosiddetto Stato di diritto spagnolo - non si può parlare di «sovranità» e di «autonomia» come se giuridicamente fossero la stessa cosa. (...) In base allo stesso Tribunale Costituzionale, autodeterminazione e statuto di autonomia sono concetti giuridicamente contraddittori e persino opposti. Nell'art.2 la Costituzione parla di «unità indissolubile». - Allora perché i baschi hanno votato in massa a favore dello Statuto di Guernica se voi dite che vogliono un'altra cosa? Andiamo con ordine. La Costituzione afferma l'indissolubile unità della "Spagna" e pone come garanti le Forze Armate. - E' per questo che avete sempre insistito per includere le Forze Armate nei negoziati? Evidentemente. Se oggi accettiamo di parlare con rappresentanti del governo spagnolo è perché in questo momento vediamo che rappresentano fedelmente gli interessi della Giunta dei Capi di Stato Maggiore e dell'oligarchia spagnola. Nel giugno del 1987, il governatore militare della Gipuzkoa, che dichiarò che l'Esercito avrebbe accettato l'indipendenza dei Paesi Baschi se la cittadinanza in futuro avesse deciso in questo senso, è stato destituito. E' chiaro che il governo lo ha fatto eseguendo un ordine della Giunta. La Guardia Civil fa parte dell'Esercito e la polizia è una polizia armata. - Ma non considerate democratici il Parlamento e il Governo Basco, eletti a suffragio universale, diretto e segreto? Riflettono una situazione istituzionalmente diversa del sistema franchista. E' un processo evolutivo che iniziò già con Carrero Blanco, il quale ha fatto la fine che si meritava. Allora la monarchia seppe cambiare forma, con l'aiuto del PSOE e del PCE; questi si dimenticarono subito della rottura democratica che prima dicevano di voler difendere, per convertirsi in acerrimi difensori della Monarchia spagnola. E' curioso che il PSOE sia ora il più feroce avversario del "diritto all'autodeterminazione", quando neanche tanto tempo fa sfilava sotto striscioni che lo rivendicavano... - Siete sicuri che il PSOE chiedesse il diritto all'autodeterminazione? E' un'immagine che ha fatto il giro dell'Europa intera. Ma, per riassumere: ci sono stati dei cambiamenti, ma più per ragioni di forma, di "cosmetica", che di fondo. Nel caso dello Statuto di Autonomia, non esistevano alternative tali da dare un significato reale al voto. O quello o niente, ci offrirono; e ottennero una vittoria risicata. Non vi fu possibilità alcuna di sottoporre a referendum uno statuto diverso da quello impostoci. (...) - Continuando a seguire i punti dell'"alternativa KAS" , che formula proponete per la scarcerazione dei prigionieri di ETA, tenendo conto che la Costituzione vieta l'amnistia? Torniamo all'oggetto dello scontro. L'ostacolo di fondo è la Costituzione spagnola in quanto tale. Se i poteri dello Stato vogliono mantenere la Costituzione nella sua forma attuale e nel suo attuale spirito, allora non c'è modo di risolvere il problema. - Ossia, voi ritenete che il negoziato comporti inevitabilmente una riforma della Costituzione... Necessariamente. - Inevitabilmente? Inevitabilmente. - Dunque non può bastare una riforma dello Statuto di Guernica? No, perché lo Statuto deriva dalla Costituzione. La nostra proposta è quella di riformare il testo costituzionale in modo da rendere chiaro che a Euskadi si riconosce il diritto all'autodeterminazione. - Ma nell'opinione pubblica spagnola ci sono settori totalmente contrari a toccare la Costituzione... Non vedete nessuna possibilità nell'ambito della Costituzione attuale? No. Se il popolo basco non ha votato in maggioranza a favore di questa Costituzione, un minimo rispetto dei suoi diritti esige un riadeguamento del testo. - Vi rendete conto del fatto che la maggioranza degli spagnoli è contraria alla liberazione dei prigionieri condannati per delitti di sangue? Non stiamo a discutere della fondatezza o meno della sua opinione. La rivendicazione dell'amnistia è totale. Presuppone la liberazione di tutti i prigionieri e la creazione di uno spazio politico e giuridico che impedisca che possano essere arrestate altre persone che lottano per gli stessi obiettivi. - Accettereste l'esilio dei prigionieri per un tempo determinato? No. - In nessun caso? No. - In passato si parlò dell'esistenza di questa possibilità, come formula transitoria... Rivolgetevi a quelli che sostennero questa possibilità. - Cosa intendete per «uscita delle Forze di Occupazione dai Paesi Baschi», terzo punto dell'"alternativa KAS"? Quello che significa letteralmente questa frase: una uscita definitiva delle "Forze di Occupazione". Ciò che siamo disposti a negoziare sono gli aspetti tecnici formali e i tempi. Su questo come su altri punti. Perciò parliamo di «uscita progressiva». - Ma comprendete solo le Forze di Sicurezza o anche le Forze Armate? Sia ben chiaro che per noi non sono "Forze di Sicurezza", sono forze repressive che hanno sulle spalle centinaia di morti e migliaia di persone fatte oggetto di rappresaglia; queste forze repressive che oggi si concretizzano nella Guardia Civil e nella Polizia Armata dovranno andarsene da Euskadi Sud. Quanto alle Forze Armate di stanza nelle quattro province basche, dovranno collocarsi nel nuovo quadro giuridico, agli ordini dell'esecutivo basco che metterà in atto le decisioni del parlamento sovrano di Euskadi. - Un esercito spagnolo agli ordini di un governo basco? Non vi sembra un po' strano? Noi non stiamo chiedendo l'indipendenza e il socialismo per domani; stiamo parlando di una situazione intermedia. Per il nuovo quadro giuridico-politico che proponiamo crediamo siano sufficienti le misure proposte, cioè la loro permanenza di stanza nel territorio di Euskadi e la loro sottomissione agli ordini del futuro governo basco. Naturalmente i giovani baschi che presteranno servizio militare lo faranno nel nostro territorio. (...) - Credete che il quadro dell'"alternativa KAS" migliorerà il livello di vita dei lavoratori, come si afferma? Senza alcun dubbio. Oggi come oggi non è possibile concretizzare le nostre proposte specifiche in un programma. Le proposte che faremo al momento opportuno saranno necessariamente determinate dai parametri socioeconomici concreti della situazione economica e politica in cui si troverà Euskadi Sud. Per "migliori condizioni di vita dei lavoratori" intendiamo quelle misure che contribuiscano efficacemente a garantire un minimo di sovranità economica e sociale, di modo che il nostro popolo possa dotarsi degli strumenti decisionali ed esecutivi necessari per prendere nelle proprie mani il futuro politico ed economico di Euskadi. Non vuol dire chiedere il socialismo per dopodomani; ma la sovranità sociale deve andare di pari passo con la sovranità nazionale. - E che dite dell'accusa secondo cui l'attività di ETA è una delle cause del crescente impoverimento dei Paesi Baschi? Andatevi a leggere, voi e il resto dell'opinione pubblica dello Stato, il Piano ZEN, che prevede fra i suoi obiettivi essenziali la controinformazione mediante la diffusione di notizie false come questa. - Però è un fatto che durante il franchismo i Paesi Baschi erano una delle zone più ricche della Spagna... E' una constatazione. E' evidente che il tessuto socioeconomico basco è andato deteriorandosi in modo notevole. Ma non ne siamo noi la causa. E la prova è che n... nel caso degli Altiforni [di Vizcaya, ndr], n... nel caso di Euskalduna, n... in alcun altro conflitto di rilievo causato dalla riconversione selvaggia cui è stata sottoposta la nostra struttura produttiva, mai i lavoratori hanno fatto la minima allusione a quanto voi affermate. Siamo seri. L'impoverimento del nostro popolo ha origini politiche oltre che economiche. I poteri costituiti usano la crisi come minaccia e pretesto per imporre nei settori produttivi condizioni di lavoro intollerabili e vergognose. E' una ben strana coincidenza che nel momento in cui vi sono segnali di una soluzione negoziata per Euskadi, essi sostengano di lasciarci un paese dissanguato. Se poi vi aggiungiamo il problema della droga... - Che ruolo attribuite all'euskera nell'ambito dell'"alternativa KAS"? L'euskera è la nostra lingua nazionale, è un simbolo fondamentale di identità. La repressione secolare, inaspritasi drammaticamente durante il franchismo, ha fatto sì che una buona parte del nostro popolo oggi purtroppo non conosca la sua stessa lingua. Gli è stato negato per molti decenni il diritto ad istruirsi ed esprimersi nella lingua dei suoi avi. Per questo torniamo a innalzare questa bandiera. Ciò esige un intervento prioritario, efficace e deciso per il recupero e la normalizzazione linguistica. Nell'ambito dell'attuale statuto l'euskera è una lingua di seconda categoria, non è la lingua ufficiale per eccellenza che dovrebbe essere. Su questo punto l'alternativa KAS è esplicita. Il futuro statuto dovrà riconoscere e garantire questo trattamento prioritario, affinch... - gradualmente e senza imposizioni traumatiche - l'euskera diventi la lingua abituale della futura nazione di Euskadi. - In passato ETA cercava di provocare l'insurrezione del popolo basco. Nel proporre ora il negoziato, non riconosce in qualche modo l'impossibilità di vincere la guerra che dice di condurre? Questa è una guerra in cui entrambi i contendenti devono riconoscersi disposti a dare una soluzione negoziata e politica al conflitto. E' chiaro che una vittoria militare è impossibile da entrambe le parti. - Che soluzione vi resta se non riuscirete a conseguire l'accordo? Continuare a lottare. E voglio essere più preciso sull'argomento: ai poteri dello Stato non resta altra alternativa, se non vogliono negoziare, che quella di vedersi costretti a commettere un autentico genocidio... e continuare ad essere oggetto dei nostri attacchi, che non cesseranno mai. - Ma la democrazia spagnola è sopravvissuta a dodici anni di assedio da parte di ETA... La "democrazia" spagnola di cui voi parlate è talmente piena di contraddizioni e a tal punto responsabile della chiusura antidemocratica sulla questione basca che non merita di essere definita tale. Un sistema politico che non è stato in grado di effettuare un rottura democratica - per riprendere un concetto a suo tempo sostenuto dagli stessi PSOE e PCE - col passato franchista, che non ha epurato n... le sue forze armate n... le sue forze repressive di polizia n... il suo tessuto giuridico, e che è a sua volta responsabile della repressione diretta e brutale in Euskadi sud, a nostro giudizio non merita il titolo di democratico. (...) - Quali sono esattamente i rapporti fra ETA e Herri Batasuna? Non esistono rapporti organizzativi di nessun genere. Esiste invece una piena coincidenza in quanto ai nostri obiettivi. - Che cos'è per ETA il partito HASI? Un'organizzazione più che necessaria all'interno di KAS, di quello che riconosciamo come blocco dirigente del processo di liberazione nazionale basco. Contribuisce su base egualitaria, insieme con le altre organizzazioni di KAS, al raggiungimento di questi obiettivi, rappresentando il punto di vista di KAS in seno a Herri Batasuna e coesistendo con le altre tendenze politiche che si riconoscono in HB, come ad esempio il partito ANV. - Quale ritenete sia l'opinione dominante fra i prigionieri di ETA in merito ai negoziati col governo? L'opinione dominante, unanime, fra i prigionieri è quella di essere degli ostaggi politici. Prigionieri di guerra. E la realtà dei prigionieri politici di Euskadi Sud è storicamente anteriore alla nascita di ETA. La realtà repressiva del sistema carcerario spagnolo è anteriore, ed è una fra le cause della nostra violenza politico-militare. E quanto all'atteggiamento dei prigionieri, di cui parlate, consigliamo a voi e all'opinione pubblica statale di assistere ai processi-farsa che subiscono. Lì vedrete la coesione dei prigionieri e la loro inequivocabile determinazione ... - Che giudizio date dei trasferimenti di prigionieri in carceri diverse mischiandoli, a volte, a detenuti comuni? Voi parlate della "democrazia" spagnola, ed ecco un'altra prova! E' una menzogna! Quella democrazia non esiste! Questa dispersione ha lo scopo di colpire gli anelli più indifesi del Movimento di Liberazione Nazionale Basco. Così come ha cercato di fare il GAL, eseguendo ordini dello stesso governo e degli apparati dello Stato, nei confronti della comunità dei rifugiati politici baschi. Di fronte a situazioni del genere, che efficacia hanno o possono avere i mezzi pacifici cui alludete (delle cui buone intenzioni spesso noi dubitiamo)? - Non temete che, se non si raggiunge un accordo col governo, i prigionieri possano pensare che parte della colpa sia dovuta all'intransigenza della direzione di ETA? Assolutamente no. La domanda ci sembra assurda. Andate a visitare i prigionieri, parlate con loro, leggete (cosa che fate raramente) i frequenti comunicati degli stessi prigionieri, e rendetevi conto che nessuno di loro ha mai sconfessato alcunch.... Guardate al fallimento della politica di reinserimento: gli unici che si sono reinseriti sono in maggioranza membri del collettivo di prigionieri di ETA politico-militare, che non appartengono alla nostra organizzazione. Quando ci sono prigionieri con già più di dieci anni di carcere alle spalle e che sono disposti - dimostrando coerenza politica e sacrificio umano encomiabili - a non cedere al ricatto del cosiddetto reinserimento sociale (che non è altro che pentimento), un motivo ci deve essere. Gli unici che devono reinserirsi sono le forze di occupazione e i responsabili politici che le dirigono e le incoraggiano. - Che ruolo svolgerà ETA nella società basca nel giorno in cui rinuncerà alla cosiddetta "lotta armata"? Continueremo ad essere i garanti degli accordi con cui si sarà concluso il processo di negoziazione. Continueremo a vigilare per assicurare l'attuazione di questi accordi. Dopo l'armistizio, ETA cesserà l'attività di lotta armata. Ma continuerà ad essere presente, per garantire l'attuazione dell'"alternativa KAS". Finch... i poteri dello Stato rispetteranno gli accordi, non dovrà più esprimersi sul terreno della lotta armata. - Questo criterio verrà accettato da tutti i membri dell'organizzazione o si produrranno scissioni a favore della continuazione della lotta armata? Nel corso della nostra storia, e in particolare a partire dalla riunificazione dell'organizzazione nel 1977, abbiamo dimostrato pienamente come tutti i militanti facciano proprie le decisioni emanate dai nostri organi rappresentativi. - In che misura ETA ha subito le conseguenze del mutato atteggiamento del governo francese in fatto di estradizioni, consegna di rifugiati, revoca dello status di rifugiato, ecc.? Lo Stato francese non ha mai smesso di agire contro la comunità dei rifugiati politici baschi. E questo sin dai tempi del franchismo. Con la PAF (Polizia dell'Aria e di Frontiera) e la PJ (Polizia Giudiziaria) come bracci esecutivi, le autorità francesi sono arrivate in questi ultimi mesi ad adottare misure che ricordano molto da vicino quelle dei "collaborazionisti" durante il periodo dell'occupazione nazista. Sono giunte ad accettare la presenza di membri della polizia spagnola agli interrogatori di rifugiati politici baschi. C'è stato perfino il caso, solo per citare un esempio significativo, di un rifugiato politico basco che è stato pestato da poliziotti spagnoli nell'assenza - complice - dei poliziotti francesi. Ci sono poi le consegne di rifugiati da una polizia all'altra, durante le quali non viene minimamente rispettata la loro stessa legalità e i rifugiati restano per giorni in mano alla polizia spagnola, sottoposti a maltrattamenti e torture. Tutto ciò dà un'idea della statura morale di buona parte della classe politica francese, che approva e sostiene questa strategia repressiva. Il problema basco è moneta di scambio che si valuta in termini economici; si veda il caso del Treno ad Alta Velocità e le dichiarazioni del Ministero degli Interni spagnolo al riguardo. Il governo francese ha deciso di collaborare in pieno alla strategia anti-basca, diventando partecipe diretto della repressione contro il movimento basco... - Quali ragioni vi hanno spinto ad intraprendere l'attuale campagna contro i trafficanti di droga nei Paesi Baschi? E' una campagna iniziata nel momento in cui l'organizzazione si rese conto che quello della droga - per le sue dimensioni e per le circostanze specifiche connesse - diventava un problema sociale di rilievo e con evidenti caratteristiche politico-repressive. E' significativo che il problema della droga faccia la sua comparsa in Euskadi Sud in un momento di ascesa del Movimento di Liberazione Nazionale Basco. Esistono numerosi indizi che mostrano il rapporto di causa-effetto tra gli apparati dello Stato e la diffusione della droga. In Euskadi Sud ci sono trafficanti con un giro di chili di eroina, il che vuol dire migliaia di dosi, e decine di morti. E' ipocrita negare che questi trafficanti meritano un castigo esemplare, quando sono stati ripetutamente avvertiti di smetterla col traffico di droga. (...) - Che effetto hanno fatto a ETA le reazioni all'attentato all'Hipercor all'interno degli ambienti «abertzale» [«patriottici», in euskera, n.d.r.], come le critiche pubblicate sul quotidiano Egin dove si è arrivati a definirlo "assassinio"...? La nostra organizzazione ha riconosciuto allora e riconosce tuttora l'errore commesso nell'attuazione dell'operazione e la grave responsabilità delle sue tragiche conseguenze. Facciamo pienamente nostra questa autocritica. Nondimeno, dobbiamo tornare ad insistere sulla responsabilità altrettanto gravissima e decisiva del governo spagnolo nel rifiutarsi di evacuare l'edificio. Ci furono diverse telefonate del nostro commando, che avvertiva della collocazione dell'ordigno. Lo testimonia la stessa presenza della polizia sul luogo. In ogni caso ci impegnamo sinceramente a garantire che non sarà mai più realizzata un'azione con queste caratteristiche operative. Tuttavia, le strutture economiche vitali dello Stato e gli interessi economici francesi continueranno ad essere obiettivi della nostra organizzazione. - Dunque ritenete che il fatto di Madrid non sia paragonabile a quello dell'Hipercor? No, assolutamente. Quella di Madrid è un'azione con caratteri operativi diversi. L'obiettivo era niente meno che la Direzione Generale della Guardia Civil, indipendentemente dal fatto che ci siano state vittime non volute. La responsabilità ricade interamente su coloro che continuano ad usare la popolazione come ostaggio. (...) - Cosa ha significato per ETA la morte di Domingo Iturbe Abasolo? La morte di "Txomin" Iturbe è stata la scomparsa di un militante qualificato, con un alto grado di reponsabilità all'interno dell'organizzazione. Un militante che nel corso di tanti anni ha saputo dedicare la vita alla sua militanza e alla causa basca. E' stata una morte dolorosa per noi e per la maggioranza del popolo basco. L'enorme folla che si è radunata ad Arrasate per rendergli l'estremo omaggio ne è una prova; così come lo sono le innumerevoli manifestazioni di addio che ricevono tutti i militanti dell'organizzazione in circostanze analoghe da parte del popolo basco. - ETA ha forse dei dubbi sulla veridicità della versione ufficiale algerina riguardo alle circostanze della sua morte? No, assolutamente. - ETA ritiene che, se "Txomin" fosse ancora vivo, la posizione dell'organizzazione rispetto al negoziato col governo sarebbe in qualche modo differente? No, assolutamente. - Qual è la vostra opinione su "Terra Lliure" [organizzazione armata per la liberazione nazionale della Catalogna, n.d.r.] e sull'"Esercito Guerrilleiro do Pobo Galego"[organizzazione armata per la liberazione nazionale della Galizia, n.d.r.]? Sono organizzazioni costituitesi per risolvere la questione nazionale catalana e galiziana. Nel complesso siamo d'accordo con l'analisi che sviluppano a proposito della loro situazione. Anche se non intratteniamo con esse alcun rapporto organico, ci auguriamo che la loro lotta abbia successo. - Cosa pensate della morte dei tre membri dell'IRA a Gibilterra e dei successivi sviluppi delle indagini giudiziarie? Il loro assassinio dimostra pienamente l'atteggiamento di chiusura del governo britannico di fronte al problema nazionale degli irlandesi del Nord. Con tutti i mezzi militari repressivi si nega loro la possibilità di formare la propria entità politica nazionale. Abbiamo sempre fatto giungere all'IRA e a tutta la comunità repubblicana nord-irlandese i nostri più sinceri saluti rivoluzionari, sperando che possano conseguire presto i loro obiettivi. (...) - ETA condanna a morte e "giustizia" persone che considera come suoi nemici. Che direste se lo Stato spagnolo reintroducesse la pena di morte e la utilizzasse contro i prigionieri di ETA? Lo Stato spagnolo non ha mai smesso di applicare la pena di morte. Il cambiamento della formula giuridica non ha impedito nei fatti che il popolo basco continuasse ad essere vittima di esecuzioni sommarie perpetrate dai vari corpi repressivi. I recenti assassinii dei nostri militanti Lutxi e Mikel ne sono una prova evidente. - Sono passati 20 anni dall'attentato contro il commissario Melitón Manzanas, forse la più nota fra le prime azioni di ETA. Quale credete sia stato il contributo di ETA alla storia dei Paesi Baschi? Senza falsa modestia pensiamo che ETA nel corso della sua storia abbia contribuito in modo decisivo a far rivivere le speranze che vennero frustrate con la guerra del 1936, e a dotare il nostro popolo di uno strumento politico e militare capace di garantire la definitiva riconquista della nostra sovranità nazionale e sociale. - Credete che voi o i vostri figli vedrete un giorno Euskadi indipendente? Sì; sappiamo che il conseguimento dell'indipendenza richiederà una lotta lunga e difficile, ma non dubitiamo di riuscire a conseguire i nostri obiettivi. - A quale dei modelli politici esistenti vi piacerebbe che Euskadi assomigliasse, il giorno che fosse indipendente? Al modello di quale paese? Al nostro stesso modello. Siamo di fronte ad una realtà che è la nostra. In cui siamo nati. In cui abbiamo le nostre radici. Quel che facciamo è prendere in considerazione tutti i contributi che ci sembrano positivi, tutti i successi e gli errori altrui, usando il marxismo come metodo di analisi della realtà. (da Entrevista con ETA militar, a cura della Koordinadora Abertzale Sozialista (KAS), 1989) Nota (1): Gruppi Antiterroristi di Liberazione (GAL): gruppi mercenari di squadroni della morte che agiscono con la protezione e la connivenza della polizia spagnola. Su questo argomento vedi Il Bollettino N. 33 a pag. 27. |