Spagna: INTERVISTA AI PRIGIONIERI DEL PCE(r) E DEL GRAPO DETENUTI NELLE CARCERI DI ALMERIA E SORIACominciamo l'intervista con la domanda più naturale, quella che, supponiamo, tutti rivolgono incontrando, attraverso vetri e sbarre, un prigioniero. D. Come state lì dentro? Come vi trattano? R. Potremmo dirti come le altre volte: non consentiamo che ci trattino male... se non fosse che in questa occasione tira una brutta aria per i prigionieri politici. Qui ad Almeria siamo in isolamento dal 24 di ottobre. Ventitré ore in cella e una di passeggio, solo dieci minuti di comunicazione alla settimana, non poter comprare né ricevere pacchi da fuori, ecc... Insomma, stiamo facendo di tutto - e lottando - perché non ci trattino male; più o meno come fuori, no? D. Questa dell'isolamento non è una novità per voi; Herrera continua ancora... Tanti anni di separazione dalla gente, tanti cancelli e muri, tante guardie e ostacoli legali o illegali per impedire che comunichiate con l'esterno vi permettono di mantenervi al corrente di quello che succede fuori? R. E' come per tutto il resto: bisogna deciderlo. Noi non concepiamo il carcere se non in funzione del "fuori"; e proprio per questo è necessario tanto ricevere la maggior quantità possibile di notizie, quanto essere disposti a dare quel che possiamo per quel che riguarda opinioni, lavori, esempio di lotta, ecc... Le notizie che ci pervengono dalle visite o dalle lettere, gli abbonamenti a periodici e riviste, la radio, i libri... queste sono le nostre fonti di informazione. Il governo lo sa, e da lì il suo impegno, appunto, per chiuderci in un pozzo di cemento, e da lì la nostra battaglia per l'obiettivo opposto, chiaramente. Beh, c'è anche l'atteggiamento di sprofondarsi davanti alla TV o nella FM tutto il giorno... ma allora non sei più tu che stai nel carcere, ma è il carcere che passa sopra di te, con le conseguenze prevedibili di ottundimento ideologico e psicologico. Se vogliamo e ce lo conquistiamo, qui possiamo sapere, più o meno, come vanno le cose in Spagna e nel mondo. Più di una volta si è dato il caso che commentassimo qualche notizia con i familiari e questi non ne erano al corrente o la conoscevano nel modo distorto annunciato dal telegiornale o dall'Hora 25, perché al governo interessa mantenere anche voi "fuori" nella maggiore disinformazione possibile. Certamente qui dentro ci sfuggono delle cose, ci manca il polso quotidiano della strada, le sfumature, la vita quotidiana... Ma per questo, basta che ci mandino fuori e ci aggiorneremo molto in fretta. D. Reimpasto di Governo, il ritorno di Fraga, le cifre della disoccupazione, l'ingresso nella CEE, lo scandalo Amado o Pilar Mirò, il movimento del 92, i negoziati ETA-Governo... tutto questo che caratterizza l'attualità si riflette in qualche modo dentro? R. Sì, il carcere finisce per essere una specie di specchio concavo in cui si riflettono e si concentrano tutte le contraddizioni della società; i fatti esterni importanti risuonano qui dentro. Il più delle volte in un modo più brutale e diretto che fuori. Per esempio, all'apparenza, Corcurera e Mùgica non hanno ancora fatto nulla di rilevante, da che sono al governo; tuttavia, qui dentro si sono fatti notare in fretta; scomparse le contraddizioni che parevano eisistere tra Barrionuevo e Ledesma, l'accelerazione dei progetti di sottomissione dei prigionieri politici è stata immediata. Disperderci, riprenderci i miglioramenti conquistati con gli scioperi della fame, ecc... In realtà, crediamo che il vero sforzo che dobbiamo fare quando analizziamo la situazione sia quello di spogliare gli avvenimenti dalla carica positiva o negativa (che è quella più frequente) che essi acquistano per noi prigionieri politici. Dobbiamo sforzarci di vedere la realtà e non il suo riflesso qui dentro. Per esempio, siamo convinti che il male che dobbiamo sopportare noi sarà poco in confronto a quello che vi aspetterà fuori. D. Vi permettete il lusso di prevedere il futuro? R. Non è tanto di prevedere, quanto proiettare nel futuro quel che già sta succedendo, qui e fuori; in altre parole: togliere la copertura della visita della regina di Inghilterra o i "frufru" di Pilar Mirò e vedere la realtà della crisi generale della nostra società e le misure che i protagonisti della crisi sono costretti a prendere; gli uni, il Governo, aumentare la repressione (naturalmente la Banca e gli imprenditori continueranno a guadagnare, gli interessi degli Yankee saranno salvaguardati, il mercato dei monopoli europei sarà consolidato, i politici costituzionali avranno una greppia sicura, ecc...); gli altri, i lavoratori in generale e quelli che aspirano ad esserlo, saliranno lungo la spirale della resistenza. Le promesse dell'82 sono sfumate; quando Felipe Suàrez o Fraga si permettono di promettere qualcosa, tutti si sciolgono in risate; il partito dell'astensione continua ad aumentare la sua maggioranza (basta vedere le ultime richieste di El Pais o Cambio 16). Se non si riesce a ingannare la gente, bisogna far ricorso alla forza. Eccolo lì il fiammeggiante Piano di Impiego Giovanile; chi pensa che con le buone i nostri giovani si sottometteranno volontariamente alla perpetua incertezza e al supersfruttamento, e tutto per una miseria di salario minimo? E' chiaro che la chiave del Piano, che tanti benefici produrrà per gli imprenditori, sta in quello che si dice a mezza bocca, che riguarda le "sacche di marginalità"; cioè quello che già vediamo, come ai tempi del primo capitalismo, raccogliere gruppi di giovani "marginali" per le strade e obbligarli con la forza a mettersi in un'officina, sotto pena di maltrattamenti o carcere. Restaureranno la tristemente famosa legge dei Vagabondi e Malviventi? Non è da escludere. E' curioso, ma la demagogia del PSOE è arrivata a tali estremi di bancarotta da adottare tutti i vizi di tutte le dittature, e non solo la sua essenza repressiva, che ha già accolto da tempo. Primo de Rivera inaugurava le strade, Franco i suoi laghi artificiali; il PSOE ci parla ora del 92 e dei treni ad alta velocità o autostrade. Forse pensa di vincere con questo le prossime elezioni, perché il resto si può riassumere nella riconversione e nel rafforzamento di tutti gli apparati repressivi e militari. D. Ma la crisi economica si sta superando, e con questo potranno diventare realtà alcuni aspetti del programma del PSOE. R. Sì, come quello del referendum sulla NATO. Quella fu un'esperienza storica, per la nostra generazione che non ha vissuto la guerra, di quel che può fare il parlamentarismo nel sistema capitalista. Occorre abbandonare ogni illusione. La crisi economica non sta affatto finendo. Abbiamo la prova che alterano gli indici macroeconomici: alcuni li ingrandiscono, alcuni li diminuiscono e altri proprio li inventano, come succede, per esempio, con l'inflazione e il disavanzo estero. No, la crisi è strutturale e occorre che continuino a pagarla i lavoratori, e così torniamo al punto. Per questo ci permettiamo di prevedere che se ce la passeremo male, questo è un riflesso del fatto che a milioni di persone succederà la stessa cosa. Se a noi prigionieri politici vogliono togliere la vita in comune, la maggiore o minore tranquillità nelle carceri di massima sicurezza, fuori è anche finita la sicurezza dell'impiego, l'avere un'abitazione propria, ecc... Qui dentro abbiamo il SIDA, le droghe, la scarsità di tutto; ma là fuori il livello di vita continua a scendere, gli stessi che passano la droga qui, la passano fuori. Vogliono sottoporci a perquisizioni vessatorie, ma cosa si può dire di quel che succede in alcune ditte dove denudano i lavoratori all'uscita o dei controlli in strade e piazze? La vigilanza qui dentro è continua, ma là ci sono i "rastrellamenti", in cui viene identificata la gente di interi quartieri, il nuovo DNI (Servizio Informativo Nazionale). Nei nostri confronti vogliono praticare l'isolamento, privarci dell'informazione, ma non è più incoraggiante la situazione fuori, dove, come se non bastasse il controllo ideologico delle multinazionali dell'informazione, la Legge del Governo attacca direttamente i giornalisti, già abbastanza attanagliati dalla famosa "autocensura". In ultimo, abbiamo i "suicidi annunciati" o il fatto che istituiscano un "GAL carcerario" (squadroni della morte n.d.t.) per liquidare noi prigionieri politici. Il primo passo è già stato fatto, il che vuol dire che nessuno impedisce ai padroni di istituire un proprio GAL particolare per venire a capo del problema che rappresentano scioperanti e ribelli (e ci sono già i precedenti, come i Sindacati Liberi del padronato catalano all'inizio del secolo o i falangisti del nostro dopoguerra). Sinceramente, crediamo che quando i nostri familiari ed amici gridano nelle strade «Amnistia per i prigionieri politici. La tua lotta è la loro», non fanno che riflettere questa unità di problemi e metodi che esiste tra noi dentro ed essi fuori, per cercare di risolverli. D. Siete così pessimisti nelle vostre valutazioni sulla situazione attuale? R. Non crediamo che la nostra analisi possa essere considerata pessimista. Tutto questo ha un rovescio: il malcontento generalizzato della popolazione, specialmente degli operai e dei giovani. Noi che siamo per uno sbocco rivoluzionario di questa situazione di crisi che soffriamo, (ci dispiace dal punto di vista personale per la degradazione generalizzata) pensiamo che, d'altra parte, questo mette in evidenza che non c'è da fare altro che distruggere la società capitalista. Dall'inizio della Riforma, fin dal '75, predicevamo che sarebbe cominciata una crisi maggiore del regime, la crisi delle illusioni riformiste. Dunque eccola qui: e se il riformismo fallisce, la conclusione è semplice: resta solo la rivoluzione, benché ci siano molti lavoratori che si mettono le mani nei capelli, spaventati non tanto dalla nostra audacia, quanto dalle difficoltà che essa porta con sé. Ma se qualcuno ha altre alternative, lo dica. La fortuna del Governo - e del sistema - è che insieme al malcontento, esiste anche disorientamento sulla direzione che si deve seguire in questo processo rivoluzionario; stiamo ora pagando il prezzo di tutto il tradimento, di tutti i trasformismi e di tutto il marciume che ha raccolto in questi anni il capitalismo. Tuttavia, con pazienza, lavoro, perseveranza nei principi, si percorrerà la strada. Le condizioni obiettive sono ogni volta migliori. D. Come si inserisce in tutto questo panorama la vostra ennesima "rinascita"? R. Rinascono solo quelli che sono morti e noi, per disgrazia del regime e di chi ha cantato più di una volta il nostro requiem, non solo continuiamo a vivere, ma abbiamo una linea che chiunque abbia un po' di curiosità può seguire dall'anno 1968. Abbiamo passato momenti difficili, è chiaro, soprattutto a causa della repressione, ma possiamo dire con orgoglio che quando è stato necessario, siamo stati presenti. In particolare, il nostro Partito, il PCE(r), sta raccogliendo le esperienze positive di tutto il periodo precedente; come dicevamo prima, il momento politico che stiamo attraversando è di grande importanza per l'alternativa rivoluzionaria; ci stiamo giocando il futuro. Per questo ci stiamo anche noi preparando a fondo per saper compiere il nostro dovere rivoluzionario e comunista. Nella clandestinità più rigorosa, ci stiamo riorganizzando e rafforzando; cosa si sta facendo in concreto? Di questo possiamo sapere solo quel che sapete voi, o meno, per la nostra condizione di prigionieri e "separati" da ogni attività diretta relativa al nostro Partito. L'unica cosa che possiamo dire è che abbiamo un programma rivoluzionario, abbiamo una strategia e una tattica convalidata da più di 15 anni di esperienza e che aspiriamo a farla conoscere a tutti i lavoratori. Questo programma, il legame con la maggioranza di essi, nei loro luoghi di lavoro, nei loro quartieri, e il rafforzamento delle nostre strutture di Partito, possono essere la chiave per capire la situazione attuale del PCE(r). E la chiave di quel che può succedere nei prossimi anni. D. Ma cosa c'entra questo, per esempio, con uccidere un poliziotto a Madrid? R. Guarda, il GRAPO sta attraversando uan situazione di ristrutturazione e rafforzamento. Sono state raccontate molte storie a proposito del comando itinerante, a proposito del fatto se sono delinquenti, se sono finiti o no: queste sono sciocchezze per creare disinformazione. Se si osservano le azioni degli ultimi anni, si vedrà che i loro obiettivi sono chiari di fronte a questa ristrutturazione di cui abbiamo parlato prima: soldi per le infrastrutture (che si prendono dove ci sono: imprenditori e banche), armi (assalti a caserme e commissariati) e l'ultima azione di Madrid, nella sede del DNI. In quest'ultima azione, soprattutto, se c'è qualcosa da sottolineare, è il suo carattere chiaramente militare; si aveva un obiettivo: ottenere cartoline del DNI, ed è stato eliminato l'ostacolo che si frapponeva: la guardia sulla porta. C'erano altri poliziotti, no? Si sarebbe potuto organizzare un massacro, no? E, tuttavia, (... testo mancante...) la clandestinità con moduli falsificati. E' chiaro che questo è, appunto, quel che viene nascosto dalla stampa. Ma il Governo sa molto bene dove sono diretti i colpi; quel che non si sa è da dove arriveranno, è chiaro. D. C'è qualche relazione tra l'ultima azione del GRAPO e la vostra situazione in carcere? R. Crediamo di sì. Abbiamo già il precedente dello scorso anno nel commissariato di Valencia, quando portarono via 18 di noi da Soria e Carabanchel e ci dispersero in diversi carceri. Ora, (guarda caso!), a pochi giorni dal fatto di Madrid, arrivano le misure per cui siamo in Almeria. Ci vorranno presentare come prigionieri comuni, ma quello che siamo, prigionieri poitici e ostaggi in mano allo Stato, sono loro i primi a doverlo riconoscere nei fatti. Non ci tengono forse in virtù delle leggi speciali? Non dipendiamo, nelle carceri, dal Ministero dell'Interno? Non ci giudicano tribunali speciali? Non ci danno condanne speciali? Non è forse soggetto, il nostro regime di vita, alle vicende della situazione politica? Non lottiamo nelle carceri per salvaguardare la nostra identità politica? Non sono evidenti gli improvvisi tentativi del Governo di utilizzare i prigionieri politici come moneta di scambio con la quale ricattare le nostre organizzazioni e i movimenti di piazza? Più politici di così... D. Ogni tanto parlate dei prigionieri comuni... Come mai questa resistenza a convivere con loro? R. I prigionieri comuni non sono e non sono mai stati un problema; al contrario, avremo sempre con essi più cose in comune di quante ne abbiamo con i nostri carcerieri. Ricordiamo che fu, appunto, il governo della UCD che decise di segregarci dagli altri prigionieri per la nostra influenza "perniciosa" su di essi; la nostra reclusione nelle carceri speciali non fu un "privilegio", ma una punizione. Ora sembra che quelli del PSOE tornino al passato e per questo utilizzano la presenza dei prigionieri comuni. Qui ad Almeria è stato molto chiaro. Noi, nove compagni dell'ETA e sette del PCE(r) e quelli del GRAPO viviamo in una sezione, in cui avevamo condizioni di vita dignitose che ci erano costate un anno di lotta. Dunque, il 24 ottobre, la direzione del carcere ci comunica che metterà in sezione 29 prigionieri comuni, e che sono ordini superiori. Naturalmente, questo comportava che ci togliessero, automaticamente, libertà di movimento dentro la sezione, si disturbasse la nostra vita in comune, ci togliessero alcuni strumenti di lavoro, si modificassero gli orari, ecc. E' chiaro che ci siamo rifiutati, e sono arrivate la sanzioni. Questa è la nostra situazione. Qui c'è un piano a lungo respiro del PSOE per obbligare i prigionieri politici a scegliere la via del reinserimento. Per tutti, nazionalisti, comunisti, anarchici... la lotta si presenta dura, ma, come in altre occasioni, si tratta di non abbassare la testa. Può succedere di tutto; come dicevamo prima. Per cui, quel che abbiamo di assicurato per un certo tempo saranno le umiliazioni, il trattamento vessatorio, l'isolamento e i maltrattamenti... è il trattamento che nelle carceri del PSOE viene riservato ai prigionieri comuni, no? Per cui, questi che vogliono il "cambiamento" sono per la parità al livello peggiore... Ma ci troveranno pronti, perché non abbiamo intenzione di rinunciare alle nostre idee né alla nostra dignità come persone. D. Ora, con la recente liberazione del Sig. Revilla è tornata di moda la cosiddetta "Sindrome di Stoccolma"; voi, prigionieri a lunga detenzione, cosa pensate di questo? R. Per noi è chiarissimo che questa è un'invenzione "scientifica" per nascondere una realtà grave: i prigionieri della guerriglia sono trattati con correttezza e rispetto, cosa che i sequestrati stessi sarebbero costretti a riconoscere, mentre noi che siamo nelle carceri dello "Stato di diritto", siamo trattati come bestie. Guarda, alcuni di noi sono in carcere ininterrottamente da 10 anni e, per dire le cose come stanno, non soltanto non proviamo affetto per i nostri carcerieri e per chi li manda, ma piuttosto li odiamo sempre di più. Il giorno che usciremo, non ci sarà "sindrome" che li proteggerà. Novembre 1988 Prigionieri politici di Soria |