IL BOLLETTINO: NOTIZIE EUROPA

Belgio:

LA DENUNCIA DELL'APACP SULL'ANNIENTAMENTO POLITICO E PSICO-FISICO DEI COMPAGNI PRIGIONIERI DELLE CCC

Il 16 dicembre '85, quattro militanti delle Cellule Comuniste Combattenti furono arrestati a Namur.

Trasferiti nella notte a Bruxelles, il giorno successivo vennero rinchiusi nelle prigioni di Forest e Saint-Gilles nell'isolamento più assoluto.

A tutt'oggi questi quattro militanti sono sottomessi a un regime di stretto isolamento, e più ancora, poiché l'isolamento sociale, a causa della sua continuazione ininterrotta, diventa sempre più degradante e distruttivo. Non ci si abitua all'isolamento, anzi, si diventa sempre più sensibili e vulnerabili.

Tuttavia, non è delle conseguenze distruttive di un simile regime che vogliamo parlare qui, ma soprattutto della sua causa.

Come hanno dimostrato gli avvenimenti che si sono susseguiti dal dicembre 85 all'agosto 88, e che vogliamo qui ricordare, le condizioni di detenzione estremamente dure che sono attuate a esecuzione dell'ordine diretto del gabinetto ministeriale ai militanti delle Cellule Comuniste Combattenti da due anni e nove mesi sono volte principalmente a soffocare la loro voce -la voce comunista combattente - e a impedirne ogni circolazione.

Dal 17 dicembre 85 fino al 20 giugno dell'anno seguente, i militanti delle CCC imprigionati sono stati mantenuti nelle seguenti condizioni:

- isolamento assoluto 24 ore su 24

- "passeggio" quotidiano di un'ora e mezza in un cortile coperto: pochi metri quadrati circondati e coperti da muri e griglie.

- niente radio

- niente libri, né altri documenti scelti

- niente corrispondenza, nemmeno con la famiglia

- niente visite, se non colloqui con i parenti stretti in condizioni di brutalità eccezionale per i prigionieri.

Nei fatti, 150 giorni di un regime di segregazione, regime la cui durata massima le autorità giudiziarie fissano normalmente in 9 giorni, perché considerano una durata superiore "a probabilità patogena".

L'isolamento non ha niente a che vedere con la "sicurezza".

L'isolamento non risponde a un problema di "sicurezza" da parte delle autorità della prigione. Il problema poliziesco di "sicurezza" è regolato molto diversamente.

Grossomodo:

- sorveglianza permanente dei due prigionieri a Bruxelles da parte delle forze di polizia

- installazione di dispositivi "anti-attentato", di circuiti video, ecc.

- spostamento mensile della camera di consiglio a Forest

- sbarre e griglie supplementari alle finestre o vasistas (da cui una perdita del poco di luce, che unita alla segregazione permanente in cella, significa degradazione rapida ed evidente della vista)

- blocco dello spioncino della porta

- sorveglianza individuale e guardia a vista (di giorno come di notte) - (a Bruxelles, un guardiano "personale" sta in permanenza davanti alla porta; a Malines una telecamera all'esterno copre fino alla metà della celletta e segue il prigioniero al "passeggio" in un cunicolo in calcestruzzo e coperto, di pochi metri quadrati)

- chiavistelli supplementari (con supervisioni)

- raddoppio del personale

- perquisizioni corporali per qualunque spo-stamento

- perquisizioni regolari (ufficiali e "clan-destine") delle celle

- controllo visivo diretto dei colloqui con gli avvocati, ecc.

Condizioni che rendono l'isolamento sociale ancora più rilevante per effetto della pressione di un accerchiamento allucinante.

Queste misure sono state ancora accentuate dopo i trasferimenti di Bertrand Sassoye, Didier Chevolet e Pierre Carette alla prigione di Forest, a fine luglio, e in seguito di due dei militanti a Saint-Gilles alla metà di agosto.

Pianificato in ben più alto loco, l'isolamento intende privare il prigioniero della minima comunicazione o stimolo, del minimo equilibrio sociale.

Non è volto solo a tagliare ogni legame tra i militanti e l'esterno, ma tende ad impedire ogni scambio, ogni relazione - non fosse che il parlare - all'interno della prigione. Così per esempio, è formalmente proibito ai guardiani (e questo in completa contrasto con i loro regolamenti amministrativi) conversare, per quanto brevemente e impersonalmente, con i militanti detenuti.

E i richiami all'ordine sono stati frequenti; numerosi guardiani hanno ricevuto sanzioni per questo motivo! Tutte le necessità quotidiane (alimentazione, igiene, salute,...) sono regolate ad arte al fine di frustrare il prigioniero nella minima comunicazione sociale che potrebbe aspettarsi... persino qualche parola sulla pioggia e sul bel tempo.

Lo sciopero della fame del 1986.

Di fronte all'aggravarsi continuo e deliberato delle loro condizioni di detenzione, i militanti prigionieri hanno cominciato nella primavera 86 il loro primo sciopero della fame collettivo. Hanno preso la decisione di questa lotta estrema dopo che le autorità giudiziarie e politiche hanno fermamente rifiutato di riconsiderare in un modo più positivo le loro condizioni di prigionia. Anzi, le stesse autorità dimostrarono, da allora, nei fatti, la loro volontà di inasprire ulteriormente tali condizioni.

Le rivendicazioni dello sciopero della fame dell'86 erano le seguenti:

- accesso all'informazione

- accesso ai documenti e libri politici scelti

- libertà di corrispondenza

- due permessi di colloquio extra-familiari

- raggruppamento quotidiano per il lavoro politico

- indossare abiti civili.

Dopo 43 giorni di tergiversazioni e mercanteggiamenti odiosi da parte del gabinetto Gol, le autorità si allarmarono in seguito all'ospedalizzazione di Pascale Vandegeerde. (Notiamo che a questo proposito, i medici della prigione, perfetti complici di questi metodi di isolamento, sono arrivati al punto di far firmare a Bertrand Sassoye un foglio che "li libera da ogni responsabilità" in caso di decesso.)

Le autorità politiche e giudiziarie avevano anche sperimentato tutte le più sordide manovre per cercare di rompere la coesione e la determinazione dei prigionieri in lotta (varie pressioni e ricatti affettivi ai familiari, attacchi e provocazioni poliziesche contro la solidarietà organizzata, orchestrazione di campagne di stampa menzognere, ecc.). Ma temendo di assumersi di fronte alla coscienza sociale la responsabilità dell'assassinio dei militanti delle CCC, queste autorità hanno finito per fingere di accondiscendere. Il 20 giugno, si impegnarono a soddisfare numerose rivendicazioni:

-circolazione censurata della corrispondenza

- accesso all'informazione (radio e stampa scritta)

- accesso a documenti e libri politici

- due permessi di colloquio extra-familiari (a condizione della affidabilità dei visitatori).

Considerando l'apertura e la possibilità di lavoro militante che offrivano loro queste disposizioni, i prigionieri decisero di sospendere la loro azione collettiva.

Ma non dovranno attendere a lungo per constatare che le autorità politiche e giudiziarie non avevano pensato per un solo istante di mantener fede alla loro parola: i loro impegni ipocriti non tendevano che a sbrogliarli da una situazione imbarazzante. E con la stessa ostinazione erano decisi a proseguire le loro manovre terroriste contro i prigionieri comunisti. Passiamo a illustrare questo fatto in due delle più importanti rivendicazioni "acquisite": la corrispondenza e le visite.

Corrispondenza

Sicuramente non è inutile ricordare, , a titolo di confronto, che nelle condizioni "usuali" di circolazione delle lettere nelle prigioni, il controllo non ritarda la distribuzione che di qualche ora (questo è stato rimesso in discussione a Bruxelles dopo il movimento rivendicativo dell'autunno 87, il che dimostra bene il modo in cui le autorità tengono in considerazione i loro regolamenti quando vanno contro i loro interessi!)

Vediamo più precisamente l'impegno preso dal gabinetto Gol a proposito della circolazione della corrispondenza dei prigionieri comunisti. Ricopiamo integralmente:

(...)

Corrispondenza con l'esterno:

a) il giudice istruttore ha la possibilità di controllare la corrispondenza;

b) sono autorizzate le lettere indirizzate a persone all'esterno diverse dai membri della famiglia. Non possono partire:

- lettere oltraggiose per la persona del ministro o per l'amministrazione,

- lettere indirizzate a persone che si trovano in prigione, sia in Belgio, sia all'estero,

- tutte le lettere che potrebbero nuocere alla sicurezza della prigione,

- lettere indirizzate ai giornali o altri media ufficiali o libri con richiesta espressa di pubblicazione o di diffusione,

- lettere comprendenti incitamento al crimine o altri delitti;

c) per le lettere in arrivo: saranno applicate le stesse regole.

Lasciamo a coloro che sono sensibili alla pretesa dei "diritti democratici" l'apprezza-mento che merita questo regolamento. Comunque sia, parlare di queste restrizioni preventive non sarebbe di interesse alcuno se non nella misura in cui siano state rispettate.

Questo non è stato e non è il caso. Nella realtà, le cose saranno decisamente più brutali e questa conquista dello sciopero della fame sarà progressivamente, ma rapidamente, distrutta in due modi simultanei e complementari: il furto inconfessato di un numero sempre maggiore di lettere, e i ritardi di consegna sempre più notevoli.

Per illustrare queste due prevaricazioni, indichiamo che i nostri controlli dimostrano un aumento continuo e quasi regolare - pianificato - della media dei ritardi, passata da 8 giorni nel luglio 86 a 40 giorni alla fine dell'anno seguente. Alla fine del 1987, dal 50 all'80% delle lettere indirizzate ai militanti spariscono lenza lasciare tracce ufficiali. Per giunta, queste cifre devono essere comprese oltre il loro significato amministrativo, cioè in funzione della loro influenza nefasta sullo scambio in quanto tale: i ritardi e la precarietà totale della circolazione annullano completamente la dinamica del contatto, snaturano l'interesse del contenuto (sconnettendolo sistematicamente dall'attualità e dal seguito), impediscono qualsiasi autentico e durevole dialogo. La scarsa corrispondenza quando viene finalmente trasmessa ha perso ogni vitalità, ogni ragione, non è più che un assurdo fantasma di se stessa. Questo è quel che vogliono le autorità: imporre l'isolamento e la desertificazione dallo scambio sociale.

A più riprese, gli avvocati hanno interpellato le autorità responsabili di queste diverse prevaricazioni, hanno denunciato le cifre edificanti del ritardo e della sparizione della posta (per es. il blocco di più di un trimestre per alcuni invii!). Hanno preteso il rispetto degli impegni presi per la sospensione dello sciopero della fame del 1986; ogni volta sono stati mandati a quel paese con qualche cinico commento sulla prodigalità di scrittura dei loro clienti, senza dimenticare una allusione ai disagi (naturalmente!) dovuti ai movimenti di lotta nel servizio delle poste.

Visite

Per quel che concerne il permesso di colloquio extra-familiare, il non-rispetto degli impegni sarà ancora più rapido e completo; e questo rafforzato da nuove aggressioni verso i richiedenti. Quando le autorità politiche avevano promesso di accordare il permesso "fatta salva l'affidabilità" dei visitatori, la cosa era di per sé già regolata.

Di principio, in uno Stato di diritto liberale, l'affidabilità dei cittadini si misura sulla pulizia della loro fedina penale. Tutti coloro che hanno inoltrato richiesta di colloquio rispondevano a questa condizione. E ancora prudentemente, ben coscienti della cattiva volontà politica, i richiedenti che erano stati designati tra amici e compagni non comparivano nell'istruttoria, nemmeno come testimoni. Ma certamente il voler incontrare un militante rivoluzionario detenuto non è di per sé affidabile. E non solo, secondo il Signor Gol e i suoi "consiglieri", questo procedimento non è affidabile, ma è decisamente sospetto e deve essere punito. Di fronte ai militanti delle CCC, lo Stato di diritto liberale viene sospeso. Tutti i permessi di colloquio furono rifiutati e tutti i richiedenti furono oggetto di aggressioni poliziesche arbitrarie e ripetute. Questi metodi si applicano anche ai compagni dei prigionieri che non fanno parte della nostra associazione. All'estero, alcuni corrispondenti hanno subito intimidazioni solo per aver indirizzato una cartolina postale di solidarietà ai militanti comunisti detenuti. Questo ha un nome, per una volta utilizzato correttamente: terrorismo.

Nei fatti, i miglioramenti delle condizioni di detenzione promessi in cambio della sospensione dello sciopero della fame dei militanti non si sono mai concretizzati. Anzi, si sono trasformati in nuovi attacchi polizieschi contro altri militanti o simpatizzanti.

Il "lavoro" poliziesco

Nel settembre 87, i prigionieri comuni di ST-Gilles e Forest hanno sviluppato grandi lotte di rivendicazione. In queste occasioni, hanno liberato dall'isolamento, per qualche ora dopo 21 mesi, tre dei militanti delle CCC ai quali hanno testimoniato una sincera solidarietà. Ma questo slancio, per quanto sia stato così incoraggiante, non è l'oggetto di questo documento; più importante è sottolineare qui quanto questa rottura dell'iso-lamento (per quanto breve) fosse insop-portabile per il Ministro e la sua polizia. Dal 9 settembre, Didier Chevolet e Pierre Carette sono stati trasferiti a Malins, e Bertrand Sassoye vi è arrivato a sua volta all'inizio di novembre in seguito alle nuove manifestazioni di lotta a Forest.

Più ancora che parlare del quadro ancor più terribile dell'isolamento in quest'altra prigione, occorre ricordare il modo in cui le autorità hanno risposto a qualche ora di sole offerta ai militanti rivoluzionari dai prigionieri comuni. Per esempio, quando Pierre Carette, dopo un giro nelle celle di sicurezza della polizia, ritornò nel suo bugigattolo di Saint-Gilles, trovò che era stato distrutto gran parte del suo lavoro politico: archivi di corrispondenza, libri e opuscoli politici, schede di lavoro, ecc.... erano stati prelevati dagli armadi e poi coscienziosamente sparsi e calpestati nella spazzatura e nella sporcizia. La sua macchina da scrivere, distrutta a colpi di talloni (come quella di Didier Chevolet) troneggiava ostentatamente in mezzo al tavolo. Si potrebbe obiettare che è indecente parlare di carte e di libri quando un prigioniero muore e molti altri subiscono strenuamente la brutalità dei picchiatori della polizia. E' vero, bisogna saper considerare ogni cosa secondo la sua importanza. Ma questo non impedisce di denunciare la caratteristica principale della repressione poliziesca nella cella di un militante: la sua rigorosa ed efficace selettività rivela che fu eseguita da agenti specializzati "al seguito" del prigioniero, e come questa si inscrive così nel quadro più ampio della ricerca del modo di paralizzare e distruggere l'attività politica dei militanti: rafforzare, ancora e sempre, il loro isolamento e la loro deprivazione. Altro esempio, al momento del trasferimento di settembre a Malines, i bagagli dei due militanti verranno trattenuti per due giorni nel corso dei quali scompariranno i documenti di difesa e di preparazione del processo. In seguito alle proteste degli avvocati, l'Ufficio Istruzione avallerà, 6 mesi più tardi, la perquisizione dei bagagli in questione "al fine di ricercare armi che avrebbero potuto servire durante la rivolta". Ma l'Ufficio Istruzione non aggiungerà alcun chiarimento quanto alla sparizione delle schede.

Ancora, durante una perquisizione della cella in assenza di uno dei prigionieri, alcuni dossier di ritagli stampa sull'economia - il lavoro di due anni - saranno rubate e immediatamente distrutte.

Questi pochi esempi mostrano come, non contenti di murare dei militanti comunisti nell'isolamento e nel silenzio, le autorità politiche e giudiziarie temano ancora la loro coscienza politica e collettiva e cerchino di distruggere concretamente le forze che i prigionieri mettono insieme per condurre il loro lavoro politico e soprattutto la preparazione del processo.

Dal loro interrogatorio da parte del presidente della Corte di assise, il 4 agosto, la consultazione collettiva del dossier da parte dei quattro militanti non è stata più autorizzata; questo conferma nuovamente la volontà delle autorità politiche e giudiziarie di impedire la minima attività collettiva dei militanti, e lascia inoltre prevedere le loro manovre future nel corso delle udienze.

Le ragioni del secondo sciopero della fame

E' anche nella prospettiva di questo processo che si fonda il secondo sciopero della fame dei prigionieri politici: il Ministero intende ridurre preventivamente la loro capacità di lotta alle udienze ( e così naturalmente rafforzare la sua) con il prolungamento di un isolamento spossante. I rivoluzionari vogliono riconquistare la loro integrità umana e la loro potenzialità integrale di lotta politica.

Si potrebbe descrivere a lungo, nel quadro della questione particolare delle udienze, tutta la legittimità della rivendicazione dei militanti detenuti; qui vogliamo solo presentare molto brevemente due ragioni principali: le conseguenze fisio-psicologiche dell'isola-mento e la distruzione dell'identità collet-tiva.

Immaginate di passare quasi tre anni in un bugigattolo di qualche metro quadrato senza poter mai dialogare, né per scritto né oralmente, salvo in qualche rara e breve occasione. Malgrado la vostra volontà di resistere, inevitabilmente, le vostre facoltà di concentrazione intellettuale, di associazione di idee, la vostra memoria, la vostra capacità di risposta si altereranno poco a poco. Immaginate che in seguito, dopo aver così ostacolato la vostra capacità di comunicazione sociale, vi si tolga da quel buco per esibirvi all'improvviso pubblicamente, nello spazio aperto, nell'agitazione e tensione di una sala di udienza... ecco il rapporto di forza che il potere cerca di stabilire.

La prigionia degradante e distruttiva nell'isolamento non è un metodo casuale o uno scivolone accidentale. Dopo gli anni 60, numerose ricerche scientifiche portate avanti contemporaneamente al massacro di altrettanti militanti rivoluzionari sono state istruite su ordine dei governi americani, sionisti, inglesi, tedeschi dell'ovest, ecc., e oggi, gli organismi internazionali (Interpol, Trevi, ecc.) si incaricano di far trarre beneficio da tutti i membri interessati da questi esperimenti criminali. Ma non vogliamo entrare in dettaglio in termini medici sui danni psico-fisiologici inevitabilmente prodotti da più di due anni e mezzo di isolamento: queste informazioni sono accessibili presso i movimenti che lottano contro la tortura. L'isolamento è volto soprattutto ad annullare l'identità politica dei prigionieri.

L'isolamento totale è inteso ad annullare ogni processo collettivo, con il fine soprattutto di esibire nelle udienze dei prigionieri decollettivizzati, privati di ogni progetto comune, atomizzati.

Così il processo potrà corrispondere a quel che la borghesia vuole che esso sia: uno spettacolo da media che riduca la storia ad alcuni "fatti diversi" visti attraverso la lente poliziesca o giornalistica, che riduce la lotta politica di un'organizzazione comunista a un mosaico di iniziative individuali (se non caratteriali!). Un processo fatto a dei militanti delle CCC in cui si succederanno diverse presentazioni di atti isolati dalla loro continuità, dalla loro natura organizzativa e dalla loro ragione politica, un processo fatto a militanti e che sarà basato sulla loro decollettivizzazione, sulla spoliticizzazione totale del loro impegno, sulla negazione di quel che è la loro lotta e la loro stessa vita, in breve, un processo che sarà basato sulla negazione della loro qualità di militanti politici, non potrà che essere qualificato come una sinistra mascherata.

Messa in scena "antiterrorista": i preparativi del potere in vista del processo.

La preparazione del terreno, in senso proprio e figurato, di questa mascherata, è già ben avviata. Sono state preparate delle trasmissioni televisive destinate a diffamare la lotta delle CCC, e messe in programma per il momento del processo (le spiegazioni confuse dei responsabili della trasmissione "in nome della legge" sul rapporto, da giugno a settembre del loro "speciale CCC" l'hanno ben dimostrato).

Frattanto sono state lanciate nuove campagne di diffamazione: l'imbavagliamento dei prigionieri permette qualunque costruzione (per esempio, le dichiarazioni di Bejier a proposito delle Cellule). Dei libercoli, uno più strampalato e dannoso dell'altro si allineano nelle librerie (e ci restano!)...

La stessa messa in scena delle udienze contribuisce a avvelenare la coscienza sociale. Bisogna capire che il cinema delle gabbie con vetri blindati, le prove di trasferimento prigione-tribunale sui blindati della polizia, la messa in stato d'assedio della sala di udienza e la trasformazione del palazzo di giustizia in campo trincerato, corrispondono soprattutto a un tentativo da parte della borghesia di comunicare alla gente il proprio panico di fronte all'azione rivoluzionaria

L'Associazione dei Parenti ed Amici dei Prigionieri Comunisti denuncia queste manovre. Nello stesso modo denuncia le aggressioni poliziesche ripetute contro i membri e i simpatizzanti dell'associazione: convocazioni, guardia a vista, intimidazioni, minacce, tentativi di ricatto, perquisizioni, inchieste provocatorie nell'ambiente e sui luoghi di lavoro, spionaggio allargato della vita privata (pedinamenti, controllo telefonico, sviamento della posta, sequestri vari ecc.)

L'APAPC denuncia queste manovre in quanto esprimono la chiarissima volontà di fiaccare qualunque opposizione radicale al sistema sociale attuale. Le condizioni di detenzione dei membri delle CCC detenuti, le misure spettacolari dell'"antiterrorismo" e le campagne di calunnia sono volte a ingan-nare la coscienza sociale e a mascherare questa realtà: le CCC cono un'organizzazio-ne che lotta per una società comunista - per una giustizia sociale - e questo non ha nulla a che vedere con la messinscena poliziesca. E' questa la verità che l'APAPC vuole rista-bilire informando obiettivamente il mondo del lavoro sulla lotta globale delle CCC e sulla situazione dei quattro militanti impri-gionati.

L'associazione vuole, con le sue attività, rompere l'isolamento imposto ai militanti imprigionati, sostenere le lotte e ridare loro il diritto di parola che è stato confiscato, contrastando le campagne diffamatorie e la volontà di imporre il black-out sulla loro lotta e sulla loro situazione.

Questo è ciò che l'associazione continuerà a fare: essa riafferma oggi la sua solidarietà con i quattro militanti delle CCC in sciopero della fame ed esige, con loro, il raggruppamento immediato.

Settembre 1988

APAPC (Associazione Parenti e Amici dei Prigionieri Comunisti)

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http://www.senzacensura.org/

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