Spagna: ACCORDI SULLE BASI: MAGGIORE DIPENDENZA DAGLI YANKEESE' notevole il totale silenzio in cui si sono svolti i negoziati intorno agli accordi sulle basi yankees; sono filtrate soltanto talune dichiarazioni vuote e con lo scopo di intossicare l'opinione pubblica. Ciò è comprensibile se si tiene conto che partiti e gruppi parlamentari si sono impegnati a mantenere un silenzio che si è esteso a tutti i mezzi d'informazione che, come fedeli servitori del regime, non hanno neppure aperto bocca. Durante tutto questo tempo si è cercato di farci credere che si stava negoziando la riduzione della presenza militare yankee in Spagna, coerentemente con le promesse fatte durante il referendum. Con la loro demagogia ripugnante, gli uomini di Felipe González sono arrivati a dire in questi ultimi mesi che avrebbero denunciato i trattati bilaterali se non si fosse giunti ad un accordo prima del 14 novembre (data in cui scadevano gli accordi anteriori). Cosa che, si suppone, avrebbe portato allo "smantellamento progressivo" delle basi se nel corso del nuovo anno non si fosse raggiunto un accordo definitivo. Ma, come viene ora confermato, tutto ciò non era altro che una manovra finalizzata all'impatto psicologico sulle masse per sviare l'attenzione da quello che realmente si andava preparando nei negoziati, cioè la riduzione insignificante della presenza militare yankee in Spagna in cambio della permanenza di tutte le basi americane e l'integrazione del nostro paese nella struttura militare della NATO. Questo carattere antipopolare degli obiettivi perseguiti obbliga il governo del PSOE e i suoi complici a mantenere un segreto assoluto sul contenuto dei negoziati e sui loro risultati. D'altro lato, è ormai chiaro che l'ostacolo principale che ha determinato la lunga durata degli stessi negoziati non sono le posizioni egemoniche degli Stati Uniti, accettate di buon grado dal governo spagnolo, ma l'odio e il rifiuto popolare contro le basi e la NATO; un rifiuto tanto solido e forte che gli stessi negoziatori yankee hanno dovuto riconoscerlo. Così dunque, se qualcuno si era fatto delle illusioni su un possibile smantellamento o riduzione delle basi come risultato di questi negoziati, ora può abbandonarle. Come lo stesso Felipe González ha detto lo scorso settembre in Germania Federale, «si tratta di rafforzare i legami con gli Stati Uniti e non di indebolirli». A questo scopo si sono prese una serie di misure che vanno dal potenziamento e ammodernamento delle attuali basi ed installazioni militari nordamericane fino alla partecipazione dell'esercito spagnolo ai loro piani aggressivi, passando attraverso un nuovo spiegamento degli effettivi e del materiale bellico degli USA e la concessione di nuove agevolazioni nell'utilizzazione delle basi. Per potenziare le basi con l'obiettivo della loro maggiore operatività ed efficacia, si stanno ampliando e modernizzando la base di Rota (Cadice), considerata la più importante dal punto di vista strategico dato che da essa si controllano il Sud Europa e il Nord africa; la base di Sanjurjo-Valenzuela (Saragozza); la base di Morón; ecc. e molte altre considerate "ausiliari" distribuite su tutto il territorio della Spagna. Contemporaneamente, si sta modernizzando ed ampliando la estesa rete di telecomunicazioni, la cui importanza, nonostante quasi nemmeno se ne parli, è paragonabile a quella delle basi. Una prova di ciò l'abbiamo nel fatto che gli aerei yankee che hanno bombardato la Libia sono stati teleguidati dalla Spagna. Queste potenti installazioni, ramificate su tutto il territorio spagnolo, controllano l'intera Europa e l'Atlantico, collegando i paesi europei della NATO con gli USA. D'altro lato, il possibile trasferimento di truppe ed aerei da Torrejón ad altre basi (che viene presentato demagogicamente dal governo come se si trattasse di una "riduzione") ha come obiettivo un maggiore spiegamento delle forze e del materiale bellico per soddisfare in modo più effettivo le necessità operative degli yankees, specialmente quelle della VI Flotta nel Mediterraneo. In questo stesso senso, la partecipazione dell'esercito spagnolo a questi piani (nei quali svolgerà funzioni ausiliari ed operative, così come compiti di appoggio e mantenimento, in concreto nella zona occidentale del Mediterraneo) permetterà agli yankees di dislocare un numero maggiore dei loro effettivi nelle zone conflittuali del Vicino e Medio Oriente. Per finire, è prevista la concessione di nuove agevolazioni nell'utilizzazione delle basi e di tutto il territorio spagnolo, che si trasformerà così in una grande base yankee, dato che, oltre alle basi ufficialmente installate e riconosciute, si creeranno quelle che il governo del PSOE chiama eufemisticamente "basi mobili", "basi non permanenti", "normali manovre", "riserve di truppe", ecc. In questo modo si annulla una clausola (firmata dal governo nel 1983 e ratificata nel 1985) in base alla quale il governo degli Stati Uniti era obbligato a richiedere l'"approvazione" del governo spagnolo per l'utilizzazione delle basi in operazioni contro altri paesi, "sempre che l'urgenza dell'operazione lo permetta»; orbene, ora neppure questo sarà necessario. In questo modo, la Spagna è finita a rivestire il ruolo di un paese "gendarme" di fronte ai popoli e ai paesi progressisti arabi ed africani. E questo senza contare che, come membro della NATO, dovrà accettare nuove installazioni militari dell'Alleanza, si dispiegherà sul suo territorio un enorme arsenale di armamenti convenzionali e si trasformeranno le Canarie in una grande base dell'Alleanza imperialista. Le manifestazioni di massa e la protesta popolare che si sono prodotte nel nostro paese in tutti questi anni contro la permanenza delle basi e l'entrata della Spagna nella NATO hanno contribuito in modo molto efficace a sensibilizzare la popolazione intorno ai gravi problemi creati da questa situazione, specialmente per quanto riguarda l'allineamento dello Stato spagnolo con il blocco aggressivo e imperialista della NATO e le scorrerie dei filibustieri yankee attraverso il Mediterraneo e il Medio Oriente, cose che hanno coinvolto più di una volta il nostro paese nei conflitti dell'area. Tuttavia, questo movimento non ha conseguito gli obiettivi che si era prefissato; anzi, come si è visto, le forze imperialiste e la reazione spagnola hanno continuato con i loro piani filo-NATO e militaristi. La ragione di questo fallimento non sta nel movimento stesso né negli obiettivi che questo si era dato ma va attribuita alle eccessive speranze riposte nella possibilità di raggiungere gli obiettivi all'interno del sistema. Per questo la lotta e la protesta non devono essere abbandonate, al contrario devono essere incrementate, lasciando da parte stavolta le false aspettative che si erano create e ponendo la soluzione di questo importante problema nei suoi giusti termini. Diversamente, è indubbio che l'impotenza si impadronirà del movimento in base alla verifica che, nonostante le lotte e le continue manifestazioni, qui non solo permangono le basi yankee, persino assai più rafforzate di prima, ma la permanenza della Spagna nella NATO si sta traducendo in una presenza attiva e militare, con il rischio più che probabile di dover assumere tutti gli obblighi che ciò comporta, incluso quello di immagazzinare, trasportare ed eventualmente utilizzare armi nucleari. Bisogna dire chiaramente che tanto la permanenza delle basi yankee in Spagna quanto l'integrazione militare nella NATO non sono il risultato della politica estera di questo o di un altro governo. E' un'"affare di Stato", strettamente legato agli interessi fondamentali della classe dominante nel nostro paese e al quale nessun governo rinuncerà mai. Le basi stavano già qui nella fase precedente del regime; ora continuano a stare sul nostro territorio ma inoltre la Spagna è entrata a far parte dell'Alleanza Atlantica con tutti i "diritti" e soprattutto con tutti i doveri. Questo perché l'oligarchia al potere ha bisogno delle basi e della NATO come di uno dei pilastri fondamentali del regime, al quale non basta più il suo esercito per difendersi dalla rivoluzione. Pertanto, lo smantellamento delle basi yankee e l'uscita dalla NATO sono obiettivi raggiungibili solo nella prospettiva della rivoluzione nel nostro paese. Solo un governo rivoluzionario, appoggiato dal popolo in armi che abbia rovesciato il regime, potrà soddisfare queste e molte altre rivendicazioni politiche, economiche, sociali, nazionali, ecc. Ma bisogna rovesciare il regime, bisogna fare la rivoluzione, bisogna sviluppare un forte movimento di resistenza organizzato che coniughi la lotta politica di massa, la disobbedienza civile, i sabotaggi e la lotta armata. Gli yankees non se ne andranno dal nostro paese né l'oligarchia spagnola ci trarrà fuori dalla NATO per quanto "pressati" siano; men che meno, come si è già visto, si lasceranno sfuggire una questione così importante per loro (come senza dubbio è questa) a causa di qualche voto in più o in meno. Gli yankees bisogna buttarli fuori con la forza e lo stesso bisognerà fare con la NATO, nel momento stesso in cui si distrugge lo Stato capitalista che si serve di essa per sostenersi. Questo per non parlare dei cacciatori di voti che speculano con la vita e i giusti desideri della gente, perché con costoro il meno che si possa fare è appenderli a un ramo. Da Resistencia n.8, maggio 1988 |