IL BOLLETTINO: NOTIZIE EUROPA

Spagna:

IL PSOE E LA LEGISLAZIONE ANTITERRORISMO

Tutte le leggi antiterrorismo entrate in vigore nello Stato spagnolo dal 1978 in poi hanno presentanto e presentano i seguenti elementi caratteristici, assi portanti della loro struttura :

a) l'isolamento dei detenuti stabilito dall'autorità di polizia;

b) la proroga dello stato di fermo oltre le 72 ore, periodo consueto che già di per sé oltrepassa di molto quanto permesso dalle Costituzioni e dalle legislazioni più vicine;

c) la competenza giurisdizionale di tribunali speciali (Audiencia Nacional).

La presenza contemporanea di queste tre caratteristiche della legislazione antiterrorismo determina come conseguenza fondamentale la creazione di "spazi di polizia autonomi", zone franche dalla legalità e di affermazione del potere di polizia al di fuori di qualsiasi meccanismo di controllo giuridico o politico; cosa che permette l'istituzionalizzazione della tortura, l'impunità per coloro che la praticano e la difficoltà di avvalorarla e di stabilirla come fatto giuridicamente probante in un procedimento penale dinanzi al tribunale, con il rischio finale -già concretizzatosi in alcuni casi- che colui che denuncia la tortura venga condannato per calunnia ai danni dell'autorità di polizia.

L'arrivo del PSOE al governo non ha condotto né ad una limitazione questo quadro di leggi eccezionali, né alla eliminazione della tortura. Al contrario, questi ultimi cinque anni hanno evidenziato, da parte dei socialisti, una assoluta mancanza di volontà politica nell'adempimento di questo compito, come si deduce dall'analisi delle tre fasi o tappe in cui possiamo dividere la loro azione in questo campo.

In una prima fase, essendo in vigore la Legge Antiterrorismo della UCD (1) (Legge Organica 11/80 del 1° dicembre 1980), il governo di Felipe González prospetta l'"ammorbidimento" del quadro di leggi eccezionali sopra descritto procedendo dall'esterno della stessa Legge Antiterrorismo, affermando che la garanzia dei diritti dei detenuti si otterrà mediante l'applicazione di due mandati costituzionali, quelli relativi all'Assistenza Legale al detenuto e il procedimento di "Habeas Corpus" (articoli 17-3 e 17-4 della Costituzione).

Sorgono così la Legge di Assistenza Legale al detenuto del 12 dicembre 1983 e la Legge Regolatrice del Procedimento di "Habeas Corpus" del 24 maggio 1984.

Entrambe le leggi non solo non hanno comportato una maggiore tutela dei diritti dei detenuti ma, eleborate in base al principio generale stabilito nel Piano ZEN (2) della priorità della lotta antiterrorismo, hanno comportato una nuova limitazione dei diritti dei detenuti e un rafforzamento dei poteri della polizia e della sua autonomia d'azione.

Così, la Legge di Assistenza Legale al detenuto diventava complementare all'isolamento; per di più, durante la vigenza di questo, l'avvocato sarebbe stato designato d'ufficio, il detenuto non avrebbe avuto diritto al colloquio con l'avvocato così designato, e non si sarebbero neppure notificati al familiare o alla persona che ne facesse richiesta lo stato di fermo e il luogo in cui il detenuto fosse custodito in qualsiasi momento. Veniva così regolarizzato il "sequestro legale".

Da parte sua, la Legge Organica regolatrice dell'"Habeas Corpus" ha aumentato i poteri conferiti all'Audiencia Nacional dalla legislazione speciale, stabilendo che il procedimento di "Habeas Corpus" si svolga in ogni caso dinanzi al Giudice Istruttore centrale dell'Audiencia Nacional. Viene così a cadere l'elemento essenziale del procedimento stesso, ossia l'immediatezza.

Si produce dunque un ampliamento dello spazio legale antiterrorismo, e questo proprio mentre si afferma eufemisticamente che si sta perseguendo la tutela dei diritti costituzionali di ogni detenuto.

Una seconda tappa dell'azione del PSOE in questo campo si consuma con l'entrata in vigore della nuova Legge Antiterrorismo (Legge Organica 8/84 del 26 dicembre 1984) che, oltre ad essere una raccolta di tutta la normativa precedente e a comportare un nuovo aggravamento ed ampliamento della normativa eccezionale, mantiene intatti i tre assi portanti individuati all'inizio, lasciando di conseguenza inalterato quell'insieme di disposizioni che fanno da supporto alla pratica della tortura.

Ad eccezione della pena di morte e della giurisdizione militare, la Legge Antiterrorismo del PSOE contiene tutto lo spirito e il potenziale repressivo delle norme dettate in materia di antiterrorismo dal Decreto-Legge di Arias Navarro (3) dell'agosto 1975; essa include infatti disposizioni di carattere preliberale chiaramente dirette all'inasprimento dei controlli e alla restrizione delle libertà.

L'ingresso dello Stato spagnolo nella Comunità Europea porterà il governo socialista ad avviare una terza fase in materia di legislazione speciale, a causa fondamentalmente della necessità di adeguare la legislazione antiterrorismo ai parametri europei e dinanzi agli ostacoli evidenti che la normativa spagnola pone alla creazione del cosiddetto "spazio giuridico europeo", dato il suo eccessivo rigore ed ampiezza. Le recenti e più chiare espressioni di tale terza fase -prove della palese connivenza tra il governo e il Tribunale Costituzionale- sono l'annuncio della "deroga" alla Legge Antiterrorismo del 1984 e, contemporaneamente, la sentenza del Tribunale succitato in data 16 dicembre 1987 in cui si dichiarano incostituzionali quattro articoli vigenti fino a quel momento.

Per la prima volta in nove anni, sembra che subiscano lievi modifiche due degli elementi prima indicati come fondamentali nella persistenza della tortura. Così, il progetto del governo limita il periodo di fermo ad un massimo di cinque giorni e stabilisce che l'isolamento del detenuto deciso dall'autorità di polizia dovrà essere ratificato dal Giudice Istruttore centrale entro 24 ore.

Queste modifiche, che d'ora in avanti compariranno nella Legge di Istruttoria Criminale, non comporteranno la fine della tortura nei confronti dei detenuti, e questo non solo perché non ci troviamo esclusivamente dinanzi ad un problema di contenuto delle norme giuridiche bensì dinanzi ad un problema politico, in cui si utilizza la tortura come strumento di azione politica, ma anche per le seguenti ragioni (tra le altre):

a) i tre assi portanti della tortura (isolamento, proroga del fermo e Audiencia Nacional) vengono mantenuti. In questo modo, la revisione "a posteriori", da parte del giudice, dell'isolamento deciso dalla polizia si trasformerà in un mero meccanismo burocratico di legittimazione, da parte del giudice, della decisione del Ministero degli Interni; la riduzione del periodo di fermo si è già mostrata inefficace per combattere la tortura nell'ultimo anno e mezzo, in cui il tempo medio di permanenza in commissariati e caserme è stato inferiore ai cinque giorni; persiste la mancanza di controllo e di supervisione da parte del giudice durante il fermo, dato che in materia resta competente l'Audiencia Nacional (con decisione del Tribunale Costituzionale). Inoltre, permane in vigore la norma che impone l'avvocato d'ufficio al detenuto in isolamento, norma che è stata dichiarata anch'essa costituzionale;

b) l'evoluzione delle tecniche di tortura e il loro carattere scientifico e pianificato fa sì che la tortura non si manifesti in forma di violenze che lasciano traccia, ma che si utilizzino metodi (vasca, elettrodi, sacco, ecc.) che, non lasciando segni, provochino il massimo terrore in chi le subisce; vengono scelte quelle zone del corpo umano in cui il rapporto dolore-lesione esterna cresce in misura inversamente proporzionale;

c) contro ogni razionalità democratica, i procedimenti penali per tortura che stanno portando in tribunale membri delle forze di polizia, anziché evitare il ripetersi di fatti simili a quelli sottoposti a procedimento, sono serviti ad impedire o per lo meno ad ostacolare l'eventualità che in futuro tali fatti possano essere sottoposti a giudizio dai tribunali, evidenziando così l'impotenza del diritto di fronte alla logica delle leggi eccezionali.

In definitiva, si può affermare che forse in questa nuova situazione il cosiddetto "caso Arregi" (4) non si sarebbe verificato, poiché la permanenza di dieci giorni in commissariato fu allora l'elemento determinante in base al quale le torture protrattesi per un così lungo periodo di tempo causarono l'esito mortale; bisogna però anche dire che si finisce col dichiarare costituzionale la figura giuridica del fermo che ha reso possibile la morte di Mikel Zabalza. Per questa ragione, la tortura sarà presente anche in questa terza fase, con uguale o maggiore impunità per chi la esegue e con l'aggravante che la legislazione che le fa da supporto riceve appoggio e riconoscimento a livello europeo.

Iñigo Iruin (avvocato)
(articolo tratto da Egin del 21.3.1988)

Note del traduttore

(1) Unione del Centro Democratico, partito borghese erede del franchismo.

(2) Il piano ZEN (Zona Especiale Norte, Zona Speciale del Nord) è un insieme di misure di ordine politico, sociale, giuridico e poliziesco finalizzate alla repressione e alla liquidazione del movimento rivoluzionario in Euskadi.

(3) Primo ministro in Spagna dal 1974 al 1976.

(4) Joseba Arregi, militante di ETA, morto nel 1981 nell'Ospedale Penitenziario di Carabanchel, col corpo fatto a pezzi per le torture dopo essere uscito dalla Direciòn de Seguridad dello Stato.

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http://www.senzacensura.org/

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