Francia: SVILUPPARE LA COSCIENZA INTERNAZIONALISTAPubblichiamo il testo della dichiarazione resa agli atti da Régis Schleicher al processo per la sparatoria della Avenue Trudaine avvenuta nel 1983 a Parigi. Régis Schleicher, assolto dall'accusa di aver ucciso due poliziotti, è stato comunque condannato all'ergastolo da una corte d'assise speciale per i casi di terrorismo. Voi non avete alcuna legittimità, e ancor meno la capacità, in genere, di fare rientrare nei vostri rigidi schemi i processi della Rivoluzione Proletaria o le dinamiche della Lotta Armata per il Comunismo e, nel caso specifico, di gettare il vostro sguardo corrotto sul patrimonio dell'Organizzazione Comunista Combattente Action Directe. Tutto questo esula dalle vostre competenze e le vostre ridicole macchinazioni non servono a nulla; la legittimità di un tribunale, quali che siano le vostre tradizioni in materia, non è assolutamente proporzionale alla quantità di spettacolo a cui dà luogo. Nel caso di cui oggi vi occupate, dopo essersi dimostrato fallimentare il ricorso al preteso consenso popolare - dietro il quale voi tentate abitualmente di dissimulare il carattere di classe della repressione che viene esercitata contro l'insubordinazione quotidiana dei ghetti, di fronte al non-futuro che voi imponete loro - voi, in disprezzo ai principi stessi di cui fate ostentazione ed allo scopo di poterci infine condannare (e ridare un po' di lustro a questo simbolo della potenza statale il cui prestigio si è appannato in precedenti occasioni) avete dunque deciso di farci comparire davanti alla «Corte d'Assise appositamente formata». Non c'è nulla di sorprendente in tutto ciò. Nella storia delle vostre società borghesi - con buona pace di quei democratici benpensanti rivestiti di uno spirito malinconico e dotati di memoria selettiva, che giocano la parte degli smemorati - le giurisdizioni in deroga al diritto comune, i tribunali speciali e speciosi, non sono mai mancati. Essi al contrario hanno costituito in tutti i tempi il baluardo che il diritto borghese ha eretto allorché l'inasprirsi delle contraddizioni non permetteva più ai giudici di esercitare in modo tranquillo e «sereno» il loro compito di salvaguardia degli interessi della frazione borghese dominante; il baluardo che la borghesia ha opposto alla potente crescita dell'antagonismo proletario. Era dunque nella vostra logica di sviluppo che il potere giudiziario entrasse a sua volta a far parte di quel processo di militarizzazione che caratterizza l'insieme delle politiche della borghesia imperialista, e che si rivelasse infine la reale natura dello scontro di classe che attraversa questa Corte e che non vi è più possibile dissimulare. Non si tratta, come voi pretendevate, della normalizzazione di qualche manifestazione di devianza sociale nata non si sa bene dove e da respingere nel sottosuolo carcerario, ma, al contrario, del tentativo, oggi dichiarato, della borghesia di compiere un salto decisivo nella lotta che la oppone al movimento reale della Rivoluzione Comunista in Europa Occidentale. Dispiegando a questo scopo tutta la ampiezza del suo arsenale di mass-media e di apparati giudiziari, la borghesia non tenta soltanto di accreditare la tesi che la strategia della Lotta Armata per il Comunismo sarebbe stata sconfitta e vinta, ma anche - e soprattutto - di accreditare la nozione della impossibilità di sviluppare e di portare a compimento questa strategia nel contesto politico, economico e sociale della metropoli europea occidentale; questo allo scopo di anticipare le tensioni rivoluzionarie oggi suscettibili di inserirsi nelle tendenze spontanee del movimento di classe, nei momenti di lotta e di resistenza proletaria contro la ristrutturazione, contro le politiche di austerità, contro il nucleare, contro la guerra e, più globalmente, contro l'insieme dell'attacco agli interessi generali del proletariato metropolitano. E' così che si spiega il ritorno alle Sezioni speciali. Coniugato allo spiegamento dell'esercito alle frontiere, al premio conferito alla delazione (eretta a virtù civica), alla santificazione della figura del traditore e del «pentito», alla deportazione di militanti anticolonialisti lontano dalla loro terra e dal loro ambiente, esso è la misura -nel quadro della strategia integrata «dissuasione/pacificazione», applicata in maniera generalizzata alla globalità della metropoli europea occidentale -che la frazione nazionale della borghesia imperialista intende opporre qui, concretamente (ma che si ritrova presso i suoi partners in forme analoghe) al dispiegamento dell'iniziativa guerrigliera nel momento in cui, sotto l'azione del Fronte Antimperialista, nell'insieme delle sue determinazioni politiche, economiche, militari e sociali, essa acquisisce e manifesta sempre più una coscienza internazionalista capace di modificare sensibilmente l'orientamento dello scontro tra borghesia imperialista europea occidentale e proletariato metropolitano in favore di quest'ultimo; tutto questo mentre si profila sempre di più la prospettiva della guerra come sbocco risolutivo alla crisi strutturale del modo di produzione capitalistico, in quanto consente la ridefinizione della divisione internazionale del lavoro e il riadeguamento dell'organizzazione sociale capaci di rilanciare i processi di accumulazione su delle «basi più consone alla nostra epoca». Quindi, in quest'ottica, si impone sempre più la necessità di accelerare al massimo l'integrazione - di cui la «pacificazione» è condizione intrinseca - delle politiche in quei territori che sono scelti come piattaforma dalla quale scatenare l'aggressione contro il proletariato dei paesi progressisti delle aree dominate e di quelli in cui la sostituzione dei regimi-fantoccio dittatoriali con dei governi ugualmente fantoccio, ma «democratici», non è stata sufficiente a cancellare le tensioni rivoluzionarie in grado di sottrarli all'influenza occidentale (il bombardamento di Tripoli o l'intervento della Francia al nord del 16° parallelo [nel Ciad - ndr], oltre a servire da test a grandezza reale dei nuovi sistemi di armamenti, costituiscono le prime manifestazioni di questa politica); e questo in una fase in cui, a causa della attuale divisione del pianeta in due blocchi antagonisti e dei distinti interessi che accrescono sempre più il rischio del generalizzarsi di un conflitto «su scala regionale», l'esistenza di un fronte interno metterebbe in pericolo la stabilità dell'area e quindi del sistema. Di conseguenza, questa volontà di integrazione si estende alla globalità della formazione economico sociale, all'insieme dell'area - beninteso, con modalità differenti, relative alla specificità del territorio nel quale è applicata; essa vive tanto nei processi di «pacificazione» culminati nella lotta contro la «sovversione», ma che si manifestano soprattutto, in modo più quotidiano ed insidioso, attraversi la «normalizzazione» nelle fabbriche (con i licenziamenti ed i procedimenti a carico degli elementi antagonisti, con le restrizioni al diritto di sciopero, ecc.), nei quartieri (con l'estensione del controllo sociale, la militarizzazione dei ghetti, la criminalizzazione di chi non corrisponde agli standard del soggetto metropolitano normalizzato, ecc.), quanto nell'attacco generalizzato --sotto la copertura delle «difficoltà congiunturali legate all'evoluzione della crisi»- alle condizioni di vita, di lavoro e di esistenza della classe e nella rimessa in discussione delle sue conquiste storiche; misure, queste, che devono considerarsi come altrettanti dispositivi preparatori alla messa in atto di una economia di guerra. Ma questa volontà di integrazione raggiunge la sua massima intensità nell'applicazione delle direttive pattuite in seno alle istanze sovranazionali (in primo luogo la NATO e il Fondo Monetario Internazionale), sotto l'egemonia USA nella definizione dell'orientamento delle politiche imperialiste: politiche che coprono campi in apparenza tanto diversi come la guerra contro il «terrorismo internazionale», cioè contro l'insieme delle determinazioni antagoniste sorte dall'azione delle forze rivoluzionarie e dalle lotte di liberazione che si oppongono al movimento oggettivo dello sviluppo capitalistico nelle aree oppresse; o come la partecipazione ai programmi delle nuove tecnologie (SDI, EUREKA, ecc.) che, oltre alla loro vocazione apertamente bellicista e alla loro funzione propulsiva nel rilancio delle economie occidentali, contemporaneamente permettono di mantenere le economie dei paesi dominati in uno stato di dipendenza permanente. Mentre, dunque, alla periferia l'imperialismo occidentale si coniuga in maniera crescente con il saccheggio e il massacro e si qualifica più che mai come il nemico mortale del proletariato mondiale; mentre traspaiono, ogni giorno sempre più chiaramente, i limiti della ristrutturazione industriale e si manifestano pertanto, contemporaneamente, in modo sempre più imperioso, le esigenze del rilancio dell'accumulazione; mentre, per continuare a dominare, l'ordine imperialista si vede costretto, tanto al centro che alla periferia, ad intensificare continuamente il peso dei suoi attacchi - in forme ed in aree diverse - alle istanze rappresentative degli interessi del proletariato internazionale e le sue aggressioni nei confronti delle esperienze rivoluzionarie che, benché spesso in modo contraddittorio e con uno sviluppo interrotto o incompiuto, si oppongono al perpetuarsi della sua egemonia; mentre, di conseguenza, accelera il processo di concentrazione e di internazionalizzazione delle contraddizioni e la guerra si profila sempre più come il suo sbocco: ogni giorno si fa più viva la coscienza della necessità di dare una risposta internazionale - ma interna alle contraddizioni specifiche dell'area e del territorio nei quali essa si esprime - allo scontro in atto, in quanto passaggio obbligato verso la distruzione del sistema imperialista. E' su questa coscienza dell'attuale impossibilità -per chiunque intenda operare per la costruzione di un polo rivoluzionario nel cuore dei centri imperialisti --di fare astrazione dalla problematica centrale costituita, nella fase odierna di tendenza alla guerra, dall'interazione di questi processi, simultaneamente condotti a livello internazionale, di «pacificazione» e di «riadeguamento» degli schemi produttivi, e dei cambiamenti che essi comportano nelle condizioni oggettive e soggettive dello scontro; sulla coscienza, dunque, della necessità di stabilire, non soltanto con le organizzazioni metropolitane di guerriglia per il comunismo, ma anche con le avanguardie rivoluzionarie uscite dalle lotte di liberazione dei paesi della periferia, i legami suscettibili di favorire l'emergere di una strategia rivoluzionaria proletaria e antimperialista, potente ed omogenea, capace di operare un rovesciamento dei rapporti di forza tra borghesia imperialista e proletariato internazionale, è su questa coscienza che si fonda oggi la mia identità di comunista. I comunisti, così come lo dimostrano ogni giorno sul fronte della guerra di classe, rifiutano la giustizia borghese; perciò io mi rifiuto di comparire davanti a questa corte. Per la costruzione dell'organizzazione comunista a partire dalle fabbriche e dai quartieri! Per il rafforzamento del fronte antimperialista! Guerriglia metropolitana per il comunismo! Onore a tutti i combattenti caduti per il comunismo! Parigi, giugno 1987 Régis Schleicher |