COMBATTERE L'IMPERIALISMODichiarazioni, iniziale e finale, lette in aula al processo di appello di Firenze per l'azione "Conti"
In questa sede ancora una volta vogliamo rivendicare l'azione contro Lando Conti con la quale le BR hanno colpito le posizioni filo atlantiche e filosioniste e gli interessi legati agli armamenti della borghesia imperialista italiana, posizioni pienamente integrate nel più generale quadro degli interessi imperialisti. Una azione qualificante che si inserisce all'interno della complessiva prassi antimperialista delle BR nel solco delle linee di attacco alla Nato e alle iniziative imperialiste contro i popoli della periferia, come dimostrano le azioni Dozier e Hunt. Una prassi che rispecchia la concezione internazionalista e antimperialista costituente l'impianto delle Br e quindi il presupposto su cui si costruisce la guerra di classe, coscienti che la rivoluzione o sarà internazionalista o non sarà. Dentro questa concezione le Br hanno contribuito a promuovere e a consolidare la proposta del Fronte Combattente Antimperialista relazionandosi alle sue tappe di costruzione, tappe concretizzate nei momenti di unità che la guerriglia ha costruito e che attestano come il FCA possa sviluppare "nell'attacco cosciente e mirato della guerriglia la forza politica e pratica per combattere l'imperialismo". A partire da ciò l'attività del Fronte, ponendosi al punto più alto di ricomposizione delle diverse espressioni di combattimento e di lotta del proletariato metropolitano e del movimento rivoluzionario costituisce un salto nella lotta proletaria. In questo senso l'attività del Fca precisa la connotazione che deve assumere oggi l'internazionalismo proletario nella metropoli, in relazione agli attuali caratteri dell'imperialismo, di forte integrazione economica, politica e militare. Un quadro in cui l'azione comune della guerriglia nel Fronte attaccando le politiche centrali dell'imperialismo, è tesa a provocarne la crisi politico-militare, perché solo dentro ad un generale indebolimento dell'imperialismo è possibile favorire le rotture rivoluzionarie. Per le Br la promozione ed il consolidamento del Fronte deve darsi nell'area geopolitica Europa-Mediterraneo-Medioriente e si esplicita in una politica di alleanze contro il nemico comune, attraverso momenti di unità successivi che si definiscono nel processo pratico di costruzione del fronte e che le Br ricercano con tutte le forze rivoluzionarie che combattono l'imperialismo. Nello stesso tempo il Fca non è la fusione di ogni organizzazione in un'unica organizzazione e le differenze ideologiche e di impostazione di ogni organizzazione non devono precludere l'azione comune contro l'imperialismo. Una politica di alleanze che in particolare deve relazionarsi alle forze rivoluzionarie e antimperialiste della regione Mediorientale-Mediterranea, per unificare soggettivamente l'unità oggettiva che già esiste tra la guerra di classe nella metropoli e i processi di liberazione nazionale della periferia. Le attuali iniziative di guerra all'imperialismo dispiegate contro i popoli della periferia e in primo luogo sulla direttrice Est/Ovest, contro la Yugoslavia, mettono in evidenza come quest'area sia il teatro principale del concretizzarsi del risvolto bellico alla crisi del modo di produzione capitalistico. Questo a maggior ragione fa della Nato e degli stati imperialisti il nemico mortale del proletariato metropolitano e di tutti i popoli dell'area, una condizione da cui scaturisce ancora di più la necessità e possibilità della pratica antimperialista e soprattutto il ruolo e la valenza strategica del Fca per confrontarsi al livello di incisività richiesto dallo scontro imperialismo/antimperialismo. Per le Br l'antimperialismo vive in unità programmatica con l'attacco al cuore dello Stato, i due assi strategici cioè su cui si costruiscono i termini di organizzazione di classe sul terreno della lotta armata. Concludiamo rivendicando tutta l'attività politico-militare svolta dalle Br, nonché il complesso della linea politica e dei termini di programma strategici, un'attività complessiva che si è forgiata nel vivo dello scontro, nel quale le Br hanno costruito, nella stretta dialettica con le espressioni più avanzate della classe, la loro capacità di essere direzione dello scontro rivoluzionario e nel contempo di acquisire maggiore conoscenza delle leggi di movimento nella conduzione della guerra di classe; in questo modo si è peraltro attestato il primato della prassi su cui la guerriglia si misura per ricentrare e riadeguare la sua iniziativa rivoluzionaria, sviluppandone le acquisizioni teorico-pratiche; ed è quindi dentro al principio prassi-teoria-prassi che le Br hanno sviluppato il processo rivoluzionario, maturando in questo i presupposti per l'avanzamento della guerra di classe di lunga durata, e in esso i termini per la costruzione del Partito Comunista Combattente. Questo soprattutto a partire dalla scelta con cui, nel pieno dell'approfondimento del rapporto rivoluzione-controrivoluzione, hanno aperto la Ritirata Strategica, interpretando correttamente una legge dinamica della guerriglia che ha consentito di sottrarsi per quanto possibile al logoramento provocato dalla controffensiva del nemico e nel contempo di mantenere e rilanciare la capacità offensiva della guerriglia. Nello specifico le Br hanno posto dentro la ritirata strategica le basi della ricostruzione, con il riadeguamento ai mutati termini dello scontro e il rilancio dell'offensiva rivoluzionaria. Una fase che per le Br, a fronte della relativa difensiva rivoluzionaria e di classe, comporta l'attrezzare su tutti i piani le forze rivoluzionarie e proletarie alle condizioni date dello scontro in maniera da poter ristabilire i termini politico militari per nuove offensive. Un obiettivo di fase cioè, che la guerriglia sostanzia a partire dal far proprio il grado più avanzato di acquisizione rivoluzionaria che si è prodotta in Italia, nella capacità e possibilità di ricostruzione dell'iniziativa rivoluzionaria adeguata ad incidere al livello più alto dello scontro. Rispetto al processo che qui si celebra, non riconosciamo nessuna legittimità ai suoi riti, né a questa corte che rappresenta la legalità dello stato della borghesia imperialista. Noi qui, seppure nella condizione di prigionieri, nella nostra identità di militanti delle Br per la costruzione del Partito Comunista Combattente e di Militanti Rivoluzionari, rappresentiamo la legittimità storica e politica del proletariato metropolitano, e, segnatamente della classe operaia, di perseguire l'obiettivo della conquista del potere politico nei modi adeguati a questa fase storica e cioè organizzata sulla Strategia della Lotta Armata diretta dalla sua avanguardia rivoluzionaria, le Br, affinché sia dato superamento alla società divisa in classi e con essa alla barbarie del dominio della borghesia imperialista. Per noi e meglio di noi parla la guerriglia in attività, la nostra organizzazione, le Br. Firenze il 19 maggio 1993 [torna all'inizio della pagina]
Noi militanti delle Br per la costruzione del Partito Comunista Combattente e Militanti Rivoluzionari prigionieri vogliamo ancora una volta riaffermare la giustezza della proposta strategica della Lotta Armata, questo a partire dal fatto che essa trae la sua forza di rottura dall'essere l'adeguamento storico della politica rivoluzionaria alle mutate condizioni dello scontro di classe nella metropoli, condizioni per cui il processo rivoluzionario deve essere condotto nell'unità del politico e del militare unificando cioè costantemente il piano politico dello scontro e quello della guerra. La unità del politico e del militare agisce perciò come una matrice che si imprime su tutta l'attività rivoluzionaria e in primo luogo sullo stesso modulo guerrigliero e che, unitamente alla assunzione dei criteri di clandestinità e compartimentazione, definiscono il carattere offensivo della guerriglia. Questi gli elementi fondamentali che presiedono all'affermarsi di una vera e propria strategia della guerra proletaria, la sola che può impattare le forme di dominio più avanzate della Borghesia Imperialista, rompendo il reticolo dei meccanismi della mediazione politica, forme di dominio che incorporano la controrivoluzione preventiva come politica costante tesa a compatibilizzare l'antagonismo di classe per impedire che collimi con il piano rivoluzionario. Sulla base di questi caratteri generali della Lotta Armata, per seguendo una prassi rivoluzionaria adeguata alle specifiche condizioni dello scontro di classe in Italia, le Br hanno dimostrato la capacità e possibilità di contrapporsi in un modo offensivo al potere della Borghesia Imperialista a partire dall'attacco ai progetti centrali dello stato che nella congiuntura si oppongono al proletariato, organizzando, nello spazio aperto dalla disarticolazione, le forze rivoluzionarie e proletarie che si formano dal processo rivoluzionario per disporle adeguatamente al livello dello scontro e agli obiettivi di fase. Una dialettica di movimento che, sin dalla apertura del processo rivoluzionario, è alla base della costruzione della guerra di classe concretizzando il principio secondo cui la lotta armata non è appannaggio dei soli comunisti, ma strategia per tutto il proletariato che, organizzato in armi e diretto dalla guerriglia, può confrontarsi con lo Stato e l'imperialismo. Strategia che è la direttrice su cui si dà sviluppo alla forza politico-militare per mutare i rapporti di forza a favore del campo proletario nello scontro prolungato contro lo Stato, processo caratterizzato da un andamento fortemente discontinuo fatto di avanzate e ritirate, successi e sconfitte. Lo svolgersi di questo scontro ha altresì consentito al proletariato del nostro paese di far risaltare nei caratteri antistatuali, antistituzionali e antirevisionisti la sua autonomia politica, dato che essa trova il suo naturale terreno di sviluppo e ricomposizione solo nella dialettica con la attività della guerriglia. In questo modo il proletariato metropolitano può rompere la subalternità politica in cui viene relegato dalle logiche politiche legalitarie, ma soprattutto dai meccanismi istituzionali della democrazia rappresentativa borghese, facendo vivere nello scontro di potere, sia nell'immediato che nella costruzione della prospettiva rivoluzionaria, i suoi interessi generali. Ciò è tanto più vero e necessario a fronte della prospettata sanzione dei nuovi assetti dello Stato nella seconda Repubblica che, a partire dai rapporti di forza relativamente a favore della borghesia imperialista segna un rafforzamento degli strumenti di potere sul proletariato, tendendo a ridefinire globalmente le relazioni politiche e di forza. Condizioni generali in cui l'esecutivo spinge ulteriormente nell'assumersi l'intervento diretto sulla classe, per comprimerla tra il terreno neocorporativo in cui sono pienamente inseriti i vertici sindacali e le politiche di attacco alle sue condizioni di vita di natura più specificatamente coercitiva e controrivoluzionaria. Interventi questi che sono tesi ad una maggiore irregimentazione del rapporto classe/Stato pesando sulla dinamica dello scontro definendo le condizioni politiche entro cui si confronta la resistenza del proletariato metropolitano, classe operaia in testa. Proprio questo innalzamento delle condizioni generali dello scontro a maggior ragione dimostra come l'iniziativa rivoluzionaria della guerriglia sia la sola adeguata ad affrontarlo a partire dall'attacco al cuore dello stato, perché questo significa intervenire nella sede dei rapporti politici tra le classi, laddove trovano sanzione i rapporti di forza proletariato-borghesia. Ed è così che le Br intervenendo al livello più alto dello scontro, e non da un punto qualsiasi di esso, hanno fatto arretrare le politiche antiproletarie della borghesia imperialista spostando in questo modo di volta in volta i rapporti di forza, seppure relativamente e temporaneamente, a favore del campo proletario. Una attività che nel complesso non solo si è riflessa in termini di tenuta del campo proletario nei confronti della controffensiva dello Stato, ma soprattutto ha fatto avanzare da un punto di vista strategico le tappe della guerra di classe e in essa, l'istanza di potere del proletariato. Un'attività che nel contempo ha rallentato ed ostacolato in ultima analisi i tentativi della borghesia imperialista di rafforzare le sue forme di dominio che devono gioco forza affinarsi ai caratteri generali di crisi-sviluppo del modo di produzione capitalistico e del governo del conflitto di classe. Così è stato con l'attacco al progetto neogollista degli anni '70, tentativo reazionario della borghesia che era anche un'iniziale risposta all'esordio della guerriglia e al conseguente sviluppo dell'autonomia politica del proletariato; successivamente, nel '78 con la disarticolazione del progetto di unità nazionale che, con la cooptazione del Pci intendeva far fronte alla maturazione raggiunta dallo scontro rivoluzionario e di classe; e ancora nell'88 con l'inceppamento del progetto Demitiano di 'riforma dello Stato', tentativo organico di mettersi al passo con le democrazie mature europee presupponendo la mai realizzata pacificazione dello scontro rivoluzionario e di classe. In unità programmatica con l'attacco al cuore dello stato vive la prassi antimperialista, individuando nella Nato, nelle politiche centrali dell'imperialismo, gli obiettivi principali su cui sviluppare e caratterizzare l'internazionalismo proletario oggi, in questo solco gli attacchi contro Dozier, Hunt, Conti. Si può affermare quindi che lo scontro rivoluzionario che si è aperto in Italia, incidendo nella dinamica dei rapporti politici e di forza tra le classi, ha pesato in modo determinante nella loro evoluzione, questo perché la proposta rivoluzionaria delle Br è inserita nel progetto strategico di costruzione della guerra di classe in grado di rendere praticabile la prospettiva di potere del proletariato, nonché per il radicamento della lotta armata nel tessuto proletario, caratteri che perciò si proiettano permanentemente sulla dinamica generale dello scontro per marcarne il possibile e necessario risvolto rivoluzionario. Allo stesso tempo, dati questi caratteri, dalla evoluzione dello scontro rivoluzionario è scaturita la controrivoluzione dello Stato negli anni '80 che, nonostante i duri colpi alla guerriglia, non ha potuto distruggere il processo rivoluzionario, risolvendosi nell'approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione. Dinamica questa che per modi e tempi con cui si è data ha influenzato le relazioni politiche e materiali tra le classi sino a riversarsi sulla rifunzionalizzazione degli istituti e degli apparati dello Stato, connaturando in termini antiproletari e controrivoluzionari questo lungo processo di rimodellamento oggi giunto ad una svolta cruciale. La radicalità della crisi politico-istituzionale e la asprezza dello scontro in atto tra classe e Stato in primo luogo, ma anche nell'ambito borghese, entro cui si stà affermando la svolta alla seconda Repubblica, danno la piena misura della complessità dei cambiamenti che si sono accumulati in Italia a partire dai mutamenti avvenuti in una struttura capitalistica fortemente inserita nell'avanzato processo di internazionalizzazione e concentrazione monopolistica, tale da richiedere un rimodellamento delle relazioni complessive della formazione sociale alle sue esigenze di sviluppo. Ed è soprattutto l'acutizzarsi della crisi capitalistica, che travolge tutti i paesi della catena, che in Italia mette a nudo tutte le contraddizioni e i limiti storici della borghesia imperialista, come i limiti delle forme della mediazione politica con cui fino ad oggi si è espresso il suo dominio. Un contesto di crisi da cui sono sorte spinte oggettive e soggettive che hanno impresso un preciso orientamento nel riassetto dello Stato tale da richiedere persino il 'ricambio' non indolore della classe politica che deve rappresentare gli interessi della borghesia imperialista. Il riordinamento delle istituzioni, esito di un lungo percorso, che ha il suo fattore principale di movimento nel rapporto di scontro classe/stato, implica il rafforzamento delle forme di dominio della borghesia imperialista, un rafforzamento perseguito nella illusione di uscire dalla cronica instabilità politica e governare la complessità delle contraddizioni che gravano nel paese e che limitano le scelte della borghesia imperialista nella sua necessità di uscire dalla crisi e di recuperare tassi di sfruttamento in grado di farla competere sui mercati internazionali. L'attuale sviluppo dei tentativi di riforma dello Stato è anche il portato dell'impraticabilità dei precedenti progetti di 'riforma dello Stato' arenatisi a fronte della problematicità dei nodi sul tappeto, e la sua concretizzazione, che si dà dentro a un quadro politico tutt'ora in evoluzione, richiede che siano recisi del tutto i legacci istituzionali e costituzionali della prima Repubblica, nella necessità di modificare profondamente le forme di rappresentanza politica che si sono configurate nel dopoguerra a partire dal ruolo centrale dei cosiddetti partiti di massa nella mediazione politica, così caratterizzatesi in primo luogo per filtrare la forte connotazione politica dello scontro di classe. Ma tanto più la borghesia imperialista ha bisogno di legittimare l'assetto dei poteri e delle regole che la seconda Repubblica dovrebbe sancire, tanto più gli interessi del proletariato si pongono fuori e contro di essa. Una delegittimazione di classe che scaturisce con forza dallo scontro stesso essendo questo informato dai caratteri già operanti della seconda Repubblica, primo tra tutti il rafforzamento della controrivoluzione preventiva che arriva a prevedere l'uso dell'esercito in funzione di ordine pubblico, e che unitamente alla decretazione di leggi liberticide, che hanno introdotto restrizioni progressive nei diritti conquistati al prezzo di dure lotte dal proletariato, ha come obiettivo quello di pesare sullo scontro di classe per pregiudicare il suo svolgimento, in primo luogo per inibire la ipoteca rivoluzionaria sedimentata dalla guerriglia. L'evoluzione che si è determinata nel rapporto di scontro esplicita più che mai i limiti storici e politici della borghesia imperialista, poiché il suo dominio di classe può esercitarsi coniugando all'estrema formalità della democrazia borghese il potenziamento dei suoi strumenti di controrivoluzione; motivo questo che, contrariamente alla velleità della borghesia imperialista di garantirsi stabilità e governabilità, non può che accrescere i fattori di contraddizione in primo luogo sul piano del conflitto di classe, dato che il proletariato non è affatto pacificato e nemmeno intenzionato a subire passivamente i costi della crisi a cui contrappone tenacemente le sue istanze di lotta. Un duro confronto nel quale la maturazione dei termini per il superamento del segno difensivo della lunga resistenza messa in campo dalla classe operaia e dal proletariato viene a misurarsi con condizioni politiche nelle relazioni classe/Stato che risentono del grado di approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione. Condizioni nelle quali più che mai l'adeguata assunzione dei termini più alti dello scontro, fuori cioè da ogni logica di affrontamento graduale, si dà sul solo piano che può incidere sui rapporti di forza per poterli modificare a favore della classe, ovvero il piano rivoluzionario della guerriglia, quello che può riportare sul terreno del potere i termini dello scontro e su questo ricomporre in avanti le istanze di autonomia di classe che, seppure discontinuamente, emergono dai momenti più qualificanti delle lotte operaie; uno sbocco necessario e possibile dato dall'attualità e valenza della strategia della lotta armata, a partire dal portato di propositività che le Br hanno maturato nel corso del processo rivoluzionario, nel quale hanno costruito le basi concrete e prospettiche per lo sviluppo in avanti della guerra di classe di lunga durata, e con essa il solo modo di perseguire gli interessi generali del proletariato nell'abbattimento dello Stato borghese per conquistare il potere politico, instaurare la dittatura del proletariato e costruire la società comunista. Firenze il 26 maggio 1993 I militanti delle Br per
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