CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.12

LA ROTTURA RIGUARDA ANCHE NOI

Un documento del KGI

Di che cosa si tratta?

All'interno della sinistra rivoluzionaria nella RFT, che faceva tradizionalmente riferimento alla RAF, si è sviluppato un processo di chiarificazione.

Da una parte ci sono le iniziative di una minoranza dei prigionieri della RAF (soprattutto quelli di Celle) che in accordo con l'organizzazione esterna fanno la proposta di una trattativa, nascondendosi dietro il paravento di una cosiddetta rideterminazione rivoluzionaria.

Contrapposti a questa trattativa 8 prigionieri della RAF hanno portato a termine la rottura e si sono pronunciati contro questa "soluzione politica".

Punti di riferimento di questo scontro sono tra l'altro le dichiarazioni dello sciopero della fame, o meglio quelle di interruzione dello sciopero da parte dei prigionieri di Celle (del 23.9.91 e del 4.10.91), le dichiarazioni della RAF del 10.4.92 ("Desistenza dall'escalation") e quella sull'attacco al supercarcere di Weiterstadt del 30.3.93, la lettera di Brigitte Mohnhaupt, firmata da altri sette prigionieri, del 21.10.93, e la risposta della RAF del 2.11.93.

E' sintomatico che questo dibattito, nel quale si tratta di rottura e, per una parte della RAF e per i prigionieri di Celle, di liquidazione delle posizioni rivoluzionarie, venga puntualmente riportato dal quotidiano borghese "Frankfurter Rundschau" (FR 28.10.93 e 6.11.93)

La spaccatura è giusta

Gli otto prigionieri hanno avuto bisogno di molto coraggio, viste le loro lunghe condanne e il loro isolamento, per portare alla luce una rottura dichiarata.

Al contrario della RAF, che praticamente li denuncia come traditori/trici piccolo-borghesi, non vediamo in questa rottura niente di negativo, ma anzi un importante contributo per il necessario processo di chiarificazione definitivo e per lo sviluppo di una prospettiva rivoluzionaria.

Per questo è importante che questa rottura non venga coperta nuovamente con la solità pseudo-unità, con il "continuare ad ogni prezzo come se niente fosse accaduto".

Del rapporto con le contraddizioni

Questa "solita pseudo-unità" è, secondo noi, il risultato di un approccio sbagliato con le contraddizioni. E' vero che nello scontro tra le contraddizioni l'obiettivo è l'unità, ma il motore necessario è il confronto su un livello ideologico, politico e anche pratico.

Se le contraddizioni vengono considerate come tabù, valutate negativamente e nascoste, premono sotto il coperchio chiuso - come in una pentola a pressione - finché si arriva al grande botto.

Allora le contraddizioni antagoniste si osteggiano a vicenda e rendono impossibile un percorso politico comune.

Rivoluzione, riformismo - o una terza via?

Oggi le diverse forze politiche che hanno portato avanti la lotta con e per i prigionieri politici, con e per la posizione politica attuale della RAF, non possono più astenersi dal decidere da che parte stare, da quella rivoluzionaria o da quella degli ultimi aggregati al sistema!

Tra queste due posizioni non c'è niente!

Questa spaccatura aperta costringe tutti a prendere una posizione politica: rivoluzione o riforma!

Non è più possibile oggi sottrarsi alle responsabilità politiche, cacciando la testa sotto la sabbia e "sganciando" dal contesto politico la "questione dei prigionieri", in modo politicamente cieco e superpragmatico.

Affermando che "la cosa più importante è che escano" (indipendentemente dal fatto che sia questo che i prigionieri vogliono) ci si rende corresponsabili - consapevoli o meno - del processo di depoliticizzazione strisciante.

Con depoliticizzazione qui si intende che il passaggio non esplicitamente dichiarato da una posizione originariamente antagonista ad una riformista. E non si può negare che il parlare di "soluzione politica" caratterizza proprio questo processo.

L'esperienza italiana ha mostrato fin troppo chiaramente che questo concetto ha un carattere altamente politico e porta in una "trappola soggettivistica", quando, confidando nella forza morale soggettiva, si afferma che esista un approccio pragmatico-tattico alla questione della liberazione.

Non è forse la vecchia ricerca di una "terza via" tra rivoluzione e riforma?

Chi impreca contro la conquista del potere politico definendola una prospettiva passata, legata a certi rapporti, considera quello che da decenni è il cardine e la forza motrice della storia umana come "vecchie prediche di vecchie verità".

Da quando esistono società classiste e la lotta di classe forma il contenuto essenziale della loro storia, la conquista del potere politico è sempre stata sia l'obiettivo di tutte le classi, che il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni periodo storico.

Chi quindi percorre una strada riformista, contraria alla conquista del potere politico, non sceglie semplicemente un altro percorso per il medesimo obiettivo, ma anche un altro obiettivo.

La causa di questo sviluppo è la mancanza di una posizione di classe

E' sempre la debolezza della propria parte, quella rivoluzionaria, che in fin dei conti crea le basi per le sconfitte. Ed una delle debolezze politiche della RAF è quella di non aver trovato alcuno sviluppo delle sue posizioni di partenza e per questo non essere riuscita a creare il passo o il salto oggi necessario nella situazione oggettivamente mutata. Per questa debolezza tutti gli interessati portano la loro parte di responsabilità politica.

Punto centrale di questa debolezza è il precoce abbandono di una posizione di classe, per una posizione che non fa della divisione contraddittoria e antagonista della società tra sfruttati e sfruttatori il centro della propria politica rivoluzionaria. Non è un caso che proprio i prigionieri di Celle mettano in dubbio l'esistenza della società classista come base dell'analisi e della lotta per un mutamento rivoluzionario in una situazione oggettiva mutata. Accusare di "antiquità" una posizione di classe nasconde intenzionalmente il fatto che con la situazione economica in costante mutamento cambia anche la composizione di classe e il concetto di proletariato. A questa accusa è collegata anche la relativizzazione dei principi rivoluzionari fondamentali: il principio della lotta di classe proletaria contro lo sfruttamento e l'oppressione capitalista, la distruzione violenta del sistema capitalista e lo sviluppo di una prospettiva comunista.

Senza una posizione di classe proletaria comune (dalla quale emerga per cosa combattiamo) viene offuscato quello che deve essere chiaro nel processo rivoluzionario: chi è sfruttato, dove sono gli sfruttatori, dove sono quelli che sorreggono continuamente i capitalisti con le riforme. Proprio perché noi contraddiciamo combattendo la borghesia, non solo su singoli aspetti o solo per un certo periodo, per noi non può esserci che la strada della costruzione rivoluzionaria.

Appoggiare con una posizione chiara gli otto prigionieri della RAF per un percorso rivoluzionario!

Solidarietà con Georges Cipriani, prigioniero di Action Directe, in sciopero della fame indeterminato per la sua identità rivoluzionaria!

Per la costruzione rivoluzionaria!

Per il comunismo!

Zurigo, novembre 1993

KGI

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