CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.12

UNA LETTERA DA TRANI

Vittorio Bolognese

Care compagne, cari compagni di Controinformazione Internazionale...

Penso anch'io che in questo momento, di fronte all'acutizzarsi del conflitto di classe, sia importante intensificare la dialettica e il confronto tra le realtà e i soggetti rivoluzionari che nelle diverse situazioni di lotta lavorano all'avanzamento del processo rivoluzionario qui e nel resto dell'Europa.

[...]

Sarebbe però certo un significativo passo avanti riuscire a far lievitare il dibattito e il confronto tra tutti i compagni e realtà di lotta realmente interessati ad affrontare i nodi politici posti dallo scontro di classe, nel contesto della crisi di progetto rivoluzionario esistente da tempo qui in Italia come negli altri paesi Europei. Crisi che sta facendo emergere, anche in organizzazioni rivoluzionarie storiche, posizioni e scelte politiche nettamente regressive.

Nei fatti, più che sotto la "caduta dei muri", molti compagni ed esperienze rivoluzionarie rischiano di rimanere schiacciati sotto le macerie di vecchi e nuovi riformismi e revisionismi!!

Si tratta di esercitare e promuovere una critica rivoluzionaria più costruttiva e propositiva per far avanzare ad un tempo il piano dell'analisi della formazione sociale capitalistica di questa epoca e il piano della progettualità comunista nella dimensione continentale europea, unico ambito in cui, a mio avviso, è possibile rilanciare il processo rivoluzionario ad un livello adeguato all'attuale stadio di crisi-sviluppo del modo di produzione capitalistico.

Ogni esperienza rivoluzionaria deve sempre misurarsi con i reali rapporti di forza tra imperialismo e rivoluzione e dunque anche con i progetti più avanzati e dominanti della borghesia imperialista, attualmente incentrati sul processo di costruzione della cosiddetta "Unione Europea".

Naturalmente, il processo di emancipazione del proletariato non può avere come orizzonte le configurazioni che di volta in volta assume il sistema capitalistico; esso si fonda infatti su una visione universale, internazionalista della prospettiva comunista.

Anche se la formazione del "blocco europeo" regredisse sotto i colpi di contraddizioni interimperialistiche, sotto l'emergere dei vari nazionalismi o per l'approfondirsi della crisi economica, la direzione entro cui come comunisti possiamo sviluppare un reale superamento dei rapporti sociali capitalistici rimane quella a dimensione continentale europea in connessione dialettica con le altre realtà di lotta a livello mondiale.

Ma per collocarsi a questo livello è necessario, come nei primi anni 70, al momento della rottura operata dalle forze rivoluzionarie in dialettica con le istanze più avanzate dell'autonomia proletaria, interrogarsi e riflettere sul soggetto di classe portatore di una progettualità di trasformazione rivoluzionaria in grado di incidere realmente negli attuali rapporti sociali di produzione e di potere tra le classi. Un processo di maturazione capace di far emergere contenuti e forme di una iniziativa rivoluzionaria che non sia una semplice e astratta riproposizione lineare delle ipotesi passate, ma che riesca a rilanciare l'intera esperienza di lotta di classe e rivoluzionaria degli ultimi 25 anni in Europa, individuando il terreno di avanzamento del processo rivoluzionario nelle attuali condizioni dello scontro.

Approfondire il dibattito tra comunisti sulla crisi capitalistica, su ristrutturazione e composizione di classe, sulla guerra imperialista, sulle esperienze di lotta rivoluzionaria di liberazione e sulla realtà attuale dello sviluppo della controrivoluzione preventiva, è indubbiamente una base di partenza necessaria per lavorare alla ricostruzione di una prospettiva rivoluzionaria.

Senza una seria discussione e un costante impegno sul piano della progettualità e della prospettiva comunista, si rischia di cadere in un vuoto volontarismo, nello spontaneismo privo di una visione strategica o, peggio, nell'opportunismo.

Voglio dire ora brevemente alcune cose riguardo alla nostra situazione in carcere.

E' una realtà in cui i prigionieri rivoluzionari, attraverso la resistenza e la lotta, cercano di mantenere viva la loro identità comunista e si conquistano ogni giorno la possibilità di contribuire all'avanzamento del processo rivoluzionario.

Da tempo la borghesia e i suoi media, con la collaborazione ormai stabile di ex rivoluzionari ed anime belle varie, tenta sistematicamente di far scomparire dalla scena questa contraddizione, ma la presenza di un rilevante numero di prigionieri della guerriglia nelle carceri speciali è un dato ben difficile da occultare...

A questo proposito vi do qualche dato d'insieme.

Qui a Trani siamo in un numero che oscilla attorno ai 20-25; nella sezione speciale di Novara il numero è all'incirca lo stesso; nel carcere di Latina ci sono circa 10 compagne; in una piccola sezione speciale di Rebibbia-femminile ce ne sono 6; nel carcere di Opera vi è anche là un piccolo gruppo di compagne; a Rebibbia-maschile c'è sempre un certo numero di compagni in transito per processi, esami universitari, cure mediche, ecc.; a Carinola ci sono stabilmente 6 compagni, in una piccola sezione completamente isolata dalle altre; infine c'è la situazione di due compagne, trasferite da oltre un anno dal carcere di Latina a quello di Ancona (Maria Pia Vianale) e a quello di Messina (Natalia Ligas), praticamente isolate da tutte le altre compagne.

Questi dati, seppure molto sommari danno comunque un'idea abbastanza realistica dell'attuale situazione dei prigionieri della lotta armata nelle sezioni speciali.

Una realtà che come è ovvio non sfugge al clima che caratterizza più in generale il conflitto di classe in Italia. Una fase di "transizione" in cui la borghesia sta ristrutturando in senso autoritario la macchina statale e il sistema politico in ogni sua articolazione, per governare l'esplodere delle contraddizioni di classe nell'approfondirsi della crisi capitalistica.

La nuova direzione delle carceri, che ha preso il posto della lunga "gestione Amato", sta propagandando, attraverso campagne orchestrate ad hoc sui media, il "nuovo corso" che intende aprire nel carcerario: efficientismo, costruzione di nuove carceri, e, tanto per cambiare, una più netta ed approfondita differenziazione tra gli oltre 50.000 prigionieri esistenti oggi in Italia, a seconda delle diverse "tipologie di reati" e di comportamento in carcere.

I vari provvedimenti presi dall'esecutivo nel luglio '92 "per motivi di sicurezza" e di "ordine pubblico", tendenti a stabilire un trattamento speciale per i detenuti classificati come "pericolosi", si muovono in questa direzione, rispolverando e aggiornando la politica carceraria sperimentata e attuata soprattutto nei primi anni 80.

Un "nuovo corso" tutto funzionale dunque alla campagna di "legge e ordine", imperniata sulla cosiddetta "emergenza criminalità organizzata" con cui lo Stato, i suoi apparati, i partiti, tentano di ricostruirsi una legittimazione sociale da tempo in profonda crisi, di strappare consenso attorno alle loro criminali e generalizzate politiche antiproletarie. La militarizzazione del territorio, con l'impiego massiccio dell'esercito nelle strade e nelle piazze soprattutto nelle regioni "a rischio" del sud, è ormai una realtà acquisita.

Naturalmente le cose sono molto diverse da quanto vanno propagandando Ciampi, Mancino, Conso e soci...

La concomitanza tra la crisi del sistema politico-istituzionale italiano e la più lunga recessione economica in atto in tutta Europa fin dal dopoguerra, sta provocando sconvolgimenti senza precedenti praticamente in ogni ambito istituzionale della democrazia borghese, in ogni sfera d'azione dello Stato sul piano economico, politico e sociale.

In questo contesto si assiste da tempo al moltiplicarsi delle lotte della classe operaia, dei lavoratori dei servizi, dei disoccupati e dei cassintegrati contro l'ondata di ristrutturazioni e tagli in molti settori produttivi, contro i licenziamenti e i drastici tagli alla spesa pubblica, e per rispedire al mittente il conto dei costi della crisi.

Di fronte a ciò, il governo, per bocca dello stesso ministro degli interni Mancino lancia l'allarme del "ritorno del terrorismo". Alla fine l'incubo principale per la borghesia imperialista è sempre lo stesso la lotta di classe! Prevenire e governare il conflitto di classe, distruggere i possibili punti di riferimento e di direzione delle lotte proletarie.

Ciò assume una importanza strategica per l'attuale Esecutivo anche nel quadro del ruolo internazionale che lo Stato italiano ha acquistato in molte aree di crisi del mondo, dalle vicine Jugoslavia e Albania alla Somalia, al Mozambico, al Medio Oriente. Mentre consolida il suo ruolo nella guerra imperialista, mentre attiva tutto il dispositivo militare, esercito, aviazione, ecc., nel Veneto, in Friuli-Venezia Giulia e in tutta la costa Adriatica in funzione dell'intervento ONU-NATO-USA in Jugoslavia, lo Stato italiano non può certo permettersi alcuna opposizione politica al suo interno. E' la ferrea legge della sopravvivenza per la borghesia e il suo modo di produzione nella crisi,in una fase in cui la guerra imperialista è sempre più una realtà in atto.

Per questo i rivoluzionari in questa fase devono far fronte ad uno scontro molto più duro e complesso; per uscirne vincenti essi devono saper indirizzare più che mai i loro sforzi alla ricomposizione delle lotte proletarie per rilanciarle all'interno di una prospettiva di ampio respiro strategico.

E per i militanti comunisti in carcere vale la stessa legge. Lo Stato, la borghesia, sono ben consapevoli che i prigionieri della guerriglia non sono un residuo del passato ma espressione dello scontro attuale.

Non solo, la contraddizione dei prigionieri rivoluzionari è da molti anni presente in tutti i paesi europei, essa viene affrontata dai vari governi sulla base di una politica controrivoluzionaria integrata nelle sue linee essenziali e riguarda l'intero scontro di classe. E lo sanno bene tutti i compagni che dentro e fuori le carceri lottano contro l'imperialismo in ogni paese europeo: dalla Francia alla Spagna, alla Germania, all'Irlanda... Ma lo stesso discorso vale anche per altre aree di scontro, dalla Turchia ai campi di concentramento israeliani contro i combattenti palestinesi o negli USA.

E qui voglio richiamare l'attenzione sulla situazione del compagno Georges Cipriani, militante di Action Directe, rinchiuso nella sezione di "massima sicurezza" del carcere di Fresnes, nei pressi di Parigi.

I sette anni di totale isolamento a cui è stato sottoposto assieme agli altri compagni di AD, alla fine hanno avuto il sopravvento sul suo equilibrio psicofisico.

All'inizio del giugno scorso è stato internato, contro sua volontà, in un ospedale psichiatrico e sottoposto d forzatamente ad un massiccio trattamento a base di psicofarmaci. Il 19 luglio, nonostante il parere contrario dei medici, Georges è stato riportato nella sezione ad "alta sicurezza" di Fresnes dove è tenuto prigioniero anche il compagno Jean-Marc Rouillan. Idoneo all'isolamento! Con le disastrose conseguenze che si possono immaginare.

Lo Stato francese non ha alcuna intenzione di allentare la pressione su questo compagno nonostante le sue condizioni gravissime; esso intende così portare a fondo l'attacco all'identità rivoluzionaria del collettivo di prigionieri di Action Directe, che da anni resiste e lotta, e dà il suo contributo alla ripresa dell'iniziativa rivoluzionaria, sviluppando confronto e dibattito a partire dalla loro esperienza del Fronte Rivoluzionario Antimperialista nella area europea.

Ma questo non è che uno dei tanti episodi in cui un compagno paga duramente la sua determinazione a continuare la militanza rivoluzionaria in carcere.

Sotto la cortina fumogena delle false pacificazioni vive il duro scontro che da oltre 20 anni sostengono i prigionieri della guerriglia nelle carceri di tutta l'Europa, e che ha avuto per il movimento rivoluzionario i duri costi, anche in termini di morti in galera che tutti conosciamo.

Il diktat degli stati imperialisti verso i rivoluzionari è sempre lo stesso: abiura o annientamento!

E' uno scontro che va sempre inquadrato come parte di quello più generale in atto tra i governi dei paesi europei, le loro strategie controrivoluzionarie e anticrisi, e l'insieme delle realtà proletarie che lottano per resistere agli attacchi della borghesia e per conquistarsi la loro autonomia ed emancipazione dagli attuali rapporti sociali capitalistici.

Cogliere il filo conduttore tra le diverse realtà di classe, tra le diverse lotte proletarie e rivoluzionarie in Italia e in tutta Europa è sicuramente un passaggio fondamentale oggi per rompere il muro di incomunicabilità e di isolamento che partiti riformisti e sindacati di Stato si affannano ad innalzare con il loro sporco lavoro per contenere ogni spinta verso l'unità delle lotte e per distruggere ogni realtà di autorganizzazione autonoma di classe.

In questo senso è molto importante valorizzare ed arricchire tutti gli strumenti di comunicazione, di confronto e dibattito per dare voce a tutte le realtà di lotta e ai soggetti collettivi che sono impegnati nella ricostruzione e sviluppo di una prospettiva comunista in Europa e nel mondo.

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Trani 15/9/93

Vittorio Bolognese

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