GUERRA ALLA GUERRA, GUERRA ALLA NATOPer la costruzione del Partito Comunista Combattente Brigate Rosse
Giovedì 2 settembre un nucleo armato della nostra organizzazione ha attaccato la base USA di Aviano, uno dei maggiori centri operativi e logistici della struttura militare imperialista in Europa meridionale. La crisi delle relazioni politiche internazionali
si è già incaricata di archiviare nel museo dei fallimenti
ideologici la tesi di Bush sulla stabilizzazione di un "nuovo ordine
mondiale", saldamente egemonizzato dagli USA. Al di là di ogni apparenza, è il progressivo indebolimento della base economica dei grandi trusts monopolistici americani nei confronti degli altri poli imperialisti a definire il terreno strettamente militare come l'unico piano su cui cerca di riaffermarsi la superiorità USA, da Granada a Panama, da Bagdad a Mogadiscio, nel vano tentativo di dimenticare il Vietnam. In questo senso non esiste una sostanziale
discontinuità fra gli indirizzi di politica estera dell'amministrazione
Clinton e le linee strategiche di gestione della transizione al dopo guerra
fredda inaugurate con l'attacco all'Irak. In realtà i presidenti, i vari gruppi dirigenti, le frazioni di borghesia, gli Stati si stanno muovendo conseguentemente ad una realtà segnata nel profondo dal generalizzarsi della seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale attraversata dall'imperialismo in questo secolo. La tendenza alla guerra come sbocco storicamente
invitabile delle contraddizioni innescate dal carattere strutturale della
crisi capitalistica non deriva dalla pianificazione delle politiche aggressive
dell'imperialismo, ma le presuppone. Se il riarmo reaganiano che ha trainato l'illusoria ripresa economica della metà anni '80 come estrema misura controtendenziale per arginare la crisi, è riuscito a far collassare l'Est, incapace di reggerne le conseguenze, anche a causa del grado di integrazione già conseguito nel mercato internazionale, oggi il "trionfo sul comunismo" può rovesciarsi dialetticamente nel suo contrario. Con l'esaurirsi della solidarietà
occidentale in funzione antisovietica, le contraddizioni interimperialiste
che dall'Ottobre '17 in poi si potevano a ragione definire subordinate
a quella Est-Ovest, stanno assumendo una portata impensabile anche solo
qualche anno fa. Processi che parevano inarrestabili si
bloccano, costruzioni diplomatiche date per solidissime si sgretolano. La "nuova" politica reazionaria
tedesca scarica sugli alleati le difficoltà sorte dall'enorme costo
dell'annessione della DDR, mettendo in crisi lo stesso asse franco-tedesco,
la "Grande Germania" cerca spazio ad oriente per l'area del
Marco e si circonda di una catena di Paesi satellite, ma non ha la forza
sufficiente ad imporsi da sola in quanto potenza egemone continentale. I governi imperialisti di Bonn, Parigi,
Londra, Roma, prima sono unanimi nel fomentare l'odio nazionalista come
prezzo da pagare per l' "uscita dal comunismo" poi si dividono
nel promuovere l'ascesa di borghesia compradore in sanguinosa competizione
per sistemarsi sotto questo o quell'ombrello protettivo. Intanto la geografia delle nuove alleanze
e delle sfere di influenza ricalca quasi esattamente la disposizione delle
forze dell'equilibrio europeo deflagrato nel '14 con il primo macello
mondiale di proletari causato dall'imperialismo. La prospettiva di rafforzamento e sviluppo del Fronte Combattente Antimperialista ha già scontato il peso politico estremamente negativo dell'assenza di una prassi rivoluzionaria adeguata alla gravità del momento durante la partecipazione italiana che aggredì l'Irak nel '91. Allora le retrovie del nemico restarono
sostanzialmente al sicuro. Ma questa indispensabile autocritica non ci può esimere dal prendere posizione su quanto è accaduto ad altre organizzazioni rivoluzionarie che pure si erano poste all'avanguardia nella conduzioni di campagne contro la NATO e le politiche di riarmo imperialista in Europa nel corso degli anni '80. In una serie di documenti apparsi dall'aprile
'92 la RAF dichiara di volere recedere dal processo di lotta antimperialista
per dedicarsi ad una specifica ed "universale" battaglia di
"contropotere". Al contrario, nessuna riproposizione di
linea rivoluzionaria nella metropoli è praticabile "in un
solo paese" ed è concepibile al di fuori del quadro strategico
degli interessi del proletariato mondiale. Oggi è la stessa posta in gioco che muove protagonisti e comparse dello scontro a tutto campo che agita la classe politica nostrana, ad indicare ai rivoluzionari il rapporto tra antimperialismo e attacco al cuore dello stato. Se infatti l'aspetto dominante della contraddizione principale è quello che è necessario colpire, è indubbio che la dimensione e lo svolgimento dell'attacco non si possono definire a priori ed anzi si dimostra attuale un intervento capace di incidere su più piani che fungano da una parte come elemento di attacco al centro e dall'altra come elemento di coesione del campo proletario in formazione. Significativamente, in Italia è il primo vero "governo dei tecnici" dell'epoca postfascista a porsi sia come curatore fallimentare e interessato della prima repubblica, sia come promotore dell'esplorazione di nuove possibilità per l'impostazione di una politica estera da media potenza che riesca a ritagliarsi autonomi spazi di intervento e sfere di influenza. Esiste una correlazione diretta fra la necessità della borghesia imperialista di liquidare un'assetto politico ed istituzionale ormai obsoleto e la ricerca di condizioni più favorevoli per la nuova collocazione dell'Italia nel più grosso riallineamento globale di forze mai verificatosi dalla fine della seconda guerra mondiale. Il Ciampi che si presenta come credibile garante dell' "azienda Italia" di fronte alla CEE e alle banche creditrici, il Ciampi che svuota le riserve di Bankitalia pur di "tenere agganciato il paese a Maastricht" e sostenere fino in fondo lo SME alle condizioni della Bundesbank è lo stesso che perfeziona in silenzio e al di fuori di ogni concertazione europea la politica di "ricolonizzazione" italiana; lo dimostrano il protettorato sull'Albania, la pressione sulla Slovenia, l'intervento in Somalia come base per la rinegoziazione del rapporto con gli USA su tutti i piani, anche per mantenere ad un livello ben più efficace della disastrosa esperienza craxiana una salda presenza italiana nel Corno d'Africa, nonché il recente rifiuto (la "linea della fermezza") di intervenire pur coinvolto, nel riconoscimento della lotta del Popolo Curdo contro il regime fascista alleato della Turchia. Per questo motivo intervenire nel delicato
snodo di contraddizioni che si addensano nelle relazioni interimperialiste
significa anche, e da subito, provocare delle ricadute sul terreno dei
rapporti di forza interni, avviare il processo di disarticolazione di
questa fase della transizione alla Seconda Repubblica. Gli accordi sul costo del lavoro e la diretta responsabilità del sindacato nella gestione degli effetti delle varie manovre governative, dimostrano il carattere di funzionari di regime ormai assunto da una larga fascia di dirigenti e bonzi sindacali facenti riferimento all'area revisionista che si ritrovano sempre più impegnati nel lavorio di attacco e di repressione della lotta di classe, in tutte le sue espressioni. L'attività di direzione dei comunisti sul processo rivoluzionario, deve quindi tener presente la dimensione internazionale dello scontro, assumendosi la responsabilità politica di agire nell'attuale rapporto classe/stato ad essa collegato. Nel momento del crollo dei partiti borghesi e revisionisti, il processo concreto di costruzione del Partito Comunista Combattente si pone come base politica attorno a cui si deve confrontare attivamente e verificare l'unità dei comunisti, nel rilancio e nell'avanzamento del processo della lotta armata. L'attacco alla struttura militare USA, l'attacco alla NATO, rappresenta il concreto e vitale punto di incontro dell'interesse strategico del proletariato metropolitano e dei popoli già bestialmente sottoposti all'aggressione imperialista in ogni parte del mondo e riconferma in tutta la sua validità la tesi che le innegabili difficoltà nella conduzione del processo rivoluzionario, le sconfitte, gli arretramenti invece di distruggere la guerriglia la rafforzano. In questo senso va visto come strategicamente convergente l'accumularsi di diverse iniziative antimperialiste rivoluzionarie in moltissime aree del pianeta: nei territori occupati del Libano meridionale e in Palestina contro l'accordo con i sionisti voluto da Arafat, in Turchia e nella regione curda, nel mondo islamico, in Somalia e in Sud Africa, nonché l'avanzare della guerra popolare in Perù e nelle Filippine. I rivoluzionari occidentali non devono rinunciare alla lotta rimanendo su una linea difensiva data da concezioni idealista, prodotte anche dalle sconfitte del Movimento comunista internazionale, e non possono demandare opportunisticamente e vigliaccamente ai popoli del Tricontinente la funzione di resistenza e di lotta antimperialista contro l'oppressione imposta ogni giorno con crescenti massacri da una borghesia in doppiopetto. Dobbiamo considerare come assolutamente
vitale, terreno concreto di solidarietà, l'affermazione della pratica
internazionalista e antimperialista nel proprio paese e nella nostra area
geopolitica.
Guerra alla NATO!!!! Costruire e consolidare il Fronte Combattente Antimperialista!!! Onore ai compagni caduti combattendo per il comunismo!!! Settembre 1993 Per la costruzione del Partito
Comunista Combattente |