CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.11

DALLA SOLUZIONE POLITICA A QUELLA 'FINALE'

Redazionale

Il 27 giugno 1993 a Bad Kleinen è stato assassinato dalle "teste di cuoio" della polizia tedesca un compagno della Raf, Wolfgang Grams, un'altra compagna Birgit Hogefeld è stata arrestata. L'operazione di polizia è stata resa possibile dalla collaborazione di un infiltrato che da diversi anni collaborava con gli sbirri e che ha portato i GSG9 assieme a sé all'appuntamento che aveva con i due compagni.

La stampa tedesca ha dato un grande risalto al fatto, soprattutto quella di "sinistra", e in parte gli echi di questo risalto sono giunti anche in Italia.
Tralasciando le infamità e la disinformazione proprie dei media più reazionari (Wolfgang si è suicidato, lo sbirro è inciampato ed è partito un colpo, ecc...) e a partire invece dal fatto che un rivoluzionario è stato liquidato con un colpo alla nuca sono comunque da fare alcune considerazioni sul dibattito che si è aperto in Germania dopo questo episodio, dibattito che in parte è filtrato anche in Italia.

Infatti la cosa che balza subito agli occhi è che buona parte del movimento tedesco, assieme alla "sinistra", dopo Bad Kleinen ha mostrato nei propri comunicati, interventi e inziative, di leggere una contraddizione tra l'omicidio di Grams e la scelta di "deescalation dello scontro" (non più omicidi di esponenti dello stato e del grande capitale tedesco) che la RAF aveva preso con la sua dichiarazione del 10 aprile 1992.
Una contraddizione che si voleva usare contro lo stato tedesco, o meglio contro quella parte di stato tedesco che veniva individuata come mandante di questo omicidio.

Questo tipo di lettura dei fatti è stata per altro comune anche a buona parte della stampa che ha sottolineato con grande enfasi la cosiddetta "ricerca della verità" dopo l'omicidio di Grams a Bad Kleinen e che per oltre un mese i principali quotidiani e le più importanti riviste hanno continuato a tener viva l'attenzione su questo episodio, in genere sostenendo quel gioco delle parti per cui sono sempre strutture "deviate" dello stato quelle responsabili di delitti e misfatti, mentre la parte "sana" delle istituzioni assume così la legittimità di ergersi a giudice dei propri manovali.

Sullo sfondo la questione della "pacificazione sociale" posta dal ministro degli interni Kinkel oltre due anni fa e ripresa poi dalla stessa RAF con la sua dichiarazione del 10 aprile 1992; un dibattito tutto incentrato sulla "necessità" di una "soluzione" alla questione dei prigionieri.

La lettura dell'episodio di Bad Kleinen che si è affermata vede questo dialogo appunto solo come uno "sfondo", come una "dimostrazione di buona volontà" che corre il rischio di essere ipotecata da questo assassinio a sangue freddo.
E fino ad oggi sono stati più che rari, in Germania, i tentativi di approfondire l'analisi della situazione che si è creata dopo la dichiarazione della RAF del 10/4/92 e soprattutto è mancato qualsiasi sforzo di evidenziare un nesso meno schematico tra questa dichiarazione e l'omicido di Grams.

In realtà l'esperienza di tutti i percorsi rivoluzionari insegna che l'unica "soluzione" promossa dagli stati borghesi è quella dell'eliminazione fisica dei rivoluzionari, della negazione politica dei percorsi, è, insomma, la "soluzione finale" del "problema" rappresentato dai comunisti.

In questa logica l'omicidio di Grams appare per quello che è in realtà: un'esecuzione decisa a tavolino per approfondire la crisi della RAF, per riaprire il dibattito sulla "soluzione" da una posizione ancor più di forza per lo Stato tedesco.
Non è molto diverso da quanto sta avvenendo in altri paesi in cui la guerriglia, dopo il crollo del socialismo reale ha avviato trattative con lo stato; valga per tutti l'esempio della Colombia in cui queste trattative sono costate più morti che anni di guerra civile.

Fino ad oggi, fortunatamente, la deriva del movimento rivoluzionario tedesco non ha assunto le dimensioni e le proporzioni di quella subita dal movimento italiano a partire dalle questioni dell'amnistia e della "soluzione politica". Anche se il fatto stesso che questo paragone venga eluso è indice della situazione asfittica che si sta determinando nel movimento rivoluzionario tedesco.

Di seguito pubblichiamo due lettere di prigionieri della RAF, una di Helmut Pohl e l'altra di Brigitte Mohnhaupt, che fanno il punto della situazione e denunciano come una vera e propria collusione, il dialogo in atto tra una parte dei prigionieri e lo stato tedesco.
Sono due prese di posizione importanti perché sono le prime di aperto dissenso alla "nuova" politica della RAF che vengono dalla Germania e perché vengono da compagni chiamati doppiamente in causa: sia come militanti della RAF, sia come prigionieri.

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