CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.11

MENO SALARI, PIÙ PROFITTI

Redazionale

SULL'ACCORDO DEL 3 LUGLIO

Con l'accordo del 3 luglio 1993 padroni, governo e sindacati (CGIL CISL UIL) hanno concluso un'altra tappa della loro forsennata corsa alla riduzione dei salari, istituzionalizzando, per la prima volta, i rapporti fra le parti nel tentativo di ridurre la conflittualità.

Ora Ciampi può partire per Tokyo soddisfatto, facendo pesare al vertice dei 7 paesi più industrializzati del mondo i risultati raggiunti. Abete e la Confindustria, anche se si contengono negli entusiasmi, sono contenti, perché con il blocco dei salari e della contrattazione aumenta la quota che ingrossa i profitti. La Banca d'Italia riduce di un punto il costo del denaro. La Borsa è euforica, a tutto vantaggio dei capitalisti. Contenti anche i "rappresentanti" dei lavoratori? D'Antoni, Larizza e Trentin ritengono che in questo contesto di crisi non sarebbe stato possibile ottenere niente di più. Come i padroni e il Governo, anch'essi hanno di che rallegrarsi. In cambio della loro collaborazione, i sindacati confederali, hanno ottenuto dai padroni il diritto di rappresentanza dei lavoratori che 700000 firme raccolte contro l'art. 19 gli volevano sottrarre, quel diritto che i lavoratori stessi gli avevano tolto nelle piazze con fischi e lancio di ortaggi.

Ma se il salario non è nient'altro che il prezzo della forza-lavoro, che permette ai lavoratori di vivere e riprodursi, perché i tentativi di ridurlo sono sempre più continui? Perché esiste un rapporto diretto tra salari e profitti. La crescita dell'uno è causa della diminuzione dell'altro. Dati i limiti della giornata lavorativa, il massimo del profitto corrisponde al minimo dei salari. Quando i salari si abbassano e la giornata lavorativa si allunga, tramite l'aumento dei ritmi o degli straordinari come nell'accordo in questione, si verifica un aumento dei profitti.

La crisi acuisce la concorrenza a livello internazionale e i padroni italiani cercano di essere più competitivi nei mercati mondiali tagliando i salari e adeguando la forza-lavoro alle mutate situazioni aziendali per far fronte in tempi più rapidi ai mutamenti dei mercati.

Altrettanto fanno i loro concorrenti nei rispettivi paesi, col risultato che il peggioramento delle condizioni dei lavoratori è continuo e generalizzato. Nel sistema del lavoro salariato, dove la logica del profitto guida la società, i sacrifici di oggi non solo non risolvono i problemi, ma preparano quelli ancora più pesanti di domani.

Organizzare la critica e la lotta contro l'accordo sul costo del lavoro in tutti i luoghi lavoro e in tutte le assemblee da un punto di vista anticapitalistico, significa essere fuori dalle logiche della compatibilità, creando le condizioni necessarie affinché il prossimo autunno sia possibile una ripresa del movimento di classe su posizioni anticapitalistiche. La nostra denuncia e la nostra lotta, nella situazione presente, devono andare nel senso della liberazione definitiva della classe operaia. La discussione nelle fabbriche sull'accordo deve arrivare fino a sostenere la necessità dell'abolizione definitiva del sistema del lavoro salariato.

Dopo le bombe e le pallottole umanitarie italiane in Somalia, tornano i primi morti.

Ci avevano abituato a vedere bambini palestinesi che lanciavano pietre contro l'esercito d'Israele, ci hanno fatto vedere che altri bambini, a Mogadiscio, prendono a sassate l'Esercito Italiano. Anche noi abbiamo la nostra Intifada, e il "nostro" esercito occupa militarmente un territorio, esattamente come fu quello israeliano.

Siamo in guerra, e cominciano a tornare a casa, nelle bare avvolte dal tricolore, le prime salme dei soldati delle truppe d'occupazione, giovani mandati a morire per difendere gli interessi dei padroni. Dopo mesi di sopportazione, l'autodifesa dei somali contro gli eserciti occupanti dei paesi imperialisti comincia a fare le prime vittime anche fra i soldati italiani. Davanti ai morti, le autorità, retoricamente, chiamano tutti gli "italiani" a dimostrare il senso di solidarietà "nazionale" e "patriottica", cercando di sfruttare cinicamente la morte di tre ragazzi per ottenere consenso alla politica bellicista del governo.

Noi a tutto questo non ci stiamo! Come operai, come proletari, come studenti, come organismi di lotta denunciamo l'imperialismo, a partire da quello italiano, che dopo essersi reso responsabile dell'affamamento dei popoli del sud del mondo, con la sua politica di rapina e di sfruttamento, ha mandato l'esercito armato ad occupare la Somalia, nascondendosi dietro la maschera degli "aiuti umanitari".

Gli interessi dei padroni vanno difesi sempre e comunque! Anche sparando sui bambini. A che ci dice che il nemico sono le varie "fazioni" somale armate che si difendono sparando alle truppe di occupazione, noi rispondiamo che i nemico è in casa nostra: l'imperialismo!

Cioè lo stesso che mentre manda le truppe a sparare in Somalia, ci licenzia, ci sbatte in Cassa Integrazione, ci sfrutta sui posti di lavoro, taglia la sanità, aumenta le tasse scolastiche e aumenta i canoni d'affitto.

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IL TESTO DELL'ACCORDO

Il testo dell'accordo sul costo del lavoro, siglato il 3 luglio scorso, è in perfetta sintonia con quella consolidata abitudine secondo la quale ogni accordo tra le "parti sociali" che riguarda le sorti dei lavoratori deve essere il più complicato possibile. Lo sforzo che noi ci siamo assunti di compiere vuole andare in senso inverso; cercando di far emergere il vero significato dei passaggi più significativi, siamo riusciti a delineare di quale portata sarà il prezzo che i proletari andranno a pagare.

Uno strumento indispensabile, pensiamo, per costruire la più forte opposizione nei confronti di chi ci vuol prefigurare un futuro fatto di sacrifici!

1 - Politica dei redditi e dell'occupazione

Governo, padroni e sindacati si impegnano ad agire congiuntamente per mantenere bassa l'inflazione e per ridurre deficit e debiti dello Stato. La necessità di allineare i tassi d'inflazione in Italia alla media dei paesi della CEE considerati più "virtuosi" ha permesso il parto di questo "patto sociale", dove, con due sessioni autunnali, il Governo stabilirà le tariffe, i padroni i prezzi e il sindacato i salari.

Una vera e propria innovazione che sancisce definitivamente l'assunzione da parte del sindacato della logica dell'impresa e lo candida a consolidare la sua posizione di "Sindacato di Stato".

2 - Assetti contrattuali

I contratti nazionali diventano quadriennali e gli aumenti salariali scatteranno ogni due anni
Dimenticato definitivamente ogni automatismo che garantisca il riadeguamento dei salari all'aumento del costo della vita, si stabilisce che lo stipendio rimarrà congelato per due anni, dopodiché sulla base della programmazione che faranno i padroni e il governo si definirà se e di quanto aumentare la paga dei lavoratori. Con questo criterio, il potere d'acquisto dei salari regredirà inesorabilmente di biennio in biennio.

In azienda contratta chi può
Anche i contratti aziendali dureranno quattro anni, ma non sarà "obbligatorio" aprirli.
Nei contratti "decentrati", "periferici", "di secondo livello", come li definisce l'intesa, non si potranno trattare argomenti già definiti in quelli nazionali e gli aumenti salariali saranno legati a obiettivi di produttività, di qualità e di competitività.
In poche parole si potranno aprire trattative aziendali solo quando la fabbrica "tira" sul mercato e, in quel caso, tolti i profitti, tolti i dividendi per gli azionisti, stabiliti ritmi, qualità, disponibilità a turni, lavoro di notte, straordinari, esposizioni a rischi e nocività, per i lavoratori, se rimarranno, ci sarà la possibilità di dividersi le briciole.

Entra in gioco la partecipazione
Gli obiettivi da raggiungere in termini di produttività, a cui agganciare gli aumenti "integrativi", saranno definiti insieme da padroni e sindacati. Viene fatto il primo passo perché si sancisca definitivamente quella logica "partecipativa" che dovrà caratterizzare le nuove relazioni industriali. Per chi non l'avesse capito, il sindacato farà propria la "logica d'impresa", e con quali risultati? Melfi è lì a dimostrarlo.

Quattro mesi di tregua sindacale
Per garantire la "massima tranquillità" durante le vertenze nazionali, si stabilisce una tregua nella conflittualità per i tre mesi precedenti la scadenza "naturale" dei contratti e per il mese successivo. Ci si tutela anche dalla possibile esuberanza di qualche "testa calda"; chi viola tale accordo incapperà in sanzioni economiche!

La scala mobile "carsica"
Se le trattative per i contratti nazionali si protrarranno a lungo interverrà una forma di adeguamento automatico delle retribuzioni. Dopo tre mesi di vacanza contrattuale ai lavoratori verrà corrisposto un aumento retributivo pari al 30% del tasso d'inflazione programmato. La quota passa al 50% se l'intervallo è di 6 mesi. Una volta raggiunto l'accordo, l'indennità viene cancellata dalla busta paga.

Rappresentanze sindacali
Vengono istituite le RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie), previste da un'intesa di due anni fa. Due terzi dei rappresentanti vengono eletti da tutti i lavoratori, un terzo viene indicato proporzionalmente dai sindacati firmatari del contratto nazionale.
Governo e padroni, in cambio del tanto che hanno ottenuto da CGIL CISL UIL concertano assieme la loro eterna sopravvivenza.

3 - Politiche del lavoro

Cassa integrazione più "rapida" e per tutti!
Per agevolare i padroni, i tempi per accedere a questo strumento di riduzione del personale vengono ridotti a 40 giorni.
La Cassa Integrazione Straordinaria viene estesa anche alle aziende con meno di 50 addetti. Quando le aziende del settore commerciale, le banche e i servizi in genere entreranno in situazione di crisi, anche per loro è prevista la fiscalizzazione degli oneri sociali e la cassa integrazione.

Sdoppiati i contratti di formazione e lavoro
Il limite d'età per ricorrere ai contratti di formazione e lavoro viene elevato a 32 anni. Sono previsti due livelli di formazione: una particolarmente curata per i livelli più alti, l'affiancamento a qualche lavoratore già esperto e l'informazione di base per i livelli più bassi.

Salario d'ingresso
Padroni e sindacati lo contratteranno a livello regionale con le Agenzie per l'impiego. Dal salario viene scalato il numero di ore assorbite dalla formazione. Di fatto, nella stessa azienda, a parità di mansioni, vi saranno lavoratori con retribuzioni diverse.

Lavoratori in affitto (Il lavoro interinale)
Con una parola di cui nessuno conosceva l'esistenza, si introduce il meccanismo forse più perverso di tutto questo accordo. E' l'affitto della manodopera. Estesa e consentita sia nelle fabbriche che nei servizi, permetterà ai padroni di assumere "a tempo" i lavoratori di cui avrà bisogno per soddisfare esigenze straordinarie e anche più semplicemente per sostituire quelli assenti. Ciò comporterà, da una parte, nuove divisioni, attraverso l'aumento della "concorrenza" tra i lavoratori, e, dall'altra, la precarietà del posto di lavoro diventerà la norma a cui tutti si dovranno adeguare.

4 - Sostegno al sistema produttivo

Anche se un poco snobbato nei commenti, questa parte dell'accordo contiene dei passaggi significativi sulle linee seguite da governo e padroni, sostenute largamente da CGIL CISL UIL.

Ricerca e innovazione tecnologica
Nella nuova divisione internazionale del lavoro e delle produzioni tra le economie dei paesi più evoluti e le nuove vaste economie caratterizzate da bassi costi del lavoro, un più intenso e diffuso progresso tecnologico è condizione essenziale per la competitività dei sistemi economico-industriali dell'Italia e dell'Europa.
Lo sviluppo di programmi di ricerca promossi dalle imprese sui quali far convergere la collaborazione delle Università. Un più stretto rapporto tra mondo dell'impresa e mondo dell'Università potrà inoltre rilanciare, anche attraverso maggiori disponibilità finanziarie, una politica di qualificazione formazione delle "risorse umane", in grado di creare nuclei di ricercatori che, strettamente connessi con le esigenze delle attività produttive, possano generare una fertilizzazione tra innovazione e prodotti, ponendo una particolare attenzione anche ai processi di sviluppo delle piccole e medie imprese.

Finanza per le imprese e internazionalizzazione
Per aumentare la penetrazione delle imprese italiane nei mercati internazionali occorre definire strumenti più efficaci e moderni per la politica di promozione e per il sistema di assicurazione dei crediti all'export...
E' necessario razionalizzare e rendere più trasparente l'intervento pubblico a sostegno della presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali.
Ed è per questo che siamo in Somalia.

Riequilibrio territoriale, infrastrutture e domanda pubblica
La situazione di crisi e le tensioni sociali che si registrano in Italia si presentano differenziate a livello territoriale. In queste condizioni, un processo di ripresa economica , in assenza di una politica di riequilibrio territoriale, rischia di produrre un aumento del divario tra aree in ritardo di sviluppo, aree di declino industriale, aree di squilibrio tra domanda e offerta di lavoro.

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