EDITORIALECollettivo redazionale di Controinformazione internazionale Mentre procede rapidamente il processo di riadeguamento della sovrastruttura politica alle esigenze del capitale imperialista, la sinistra migliorista si fa parte attiva di questo processo proponendosi come strumento di costruzione del consenso al governo Ciampi nello specifico e al dominio della borghesia imperialista in generale; da una parte invitando sempre più spudoratamente i proletari ai sacrifici e alla solidarietà con i propri sfruttatori, dall'altra cercando di mobilitare la cosiddetta sinistra in battaglie di opinione a sostegno delle esigenze imperialiste (dalle campagne per la pace in Somalia e Jugoslavia, preludio dell'intervento diretto imperialista; al sostegno ipocrita a "tangentopoli"; alla difesa delle riforme istituzionali...) E' soprattutto questo secondo aspetto che ci interessa sottolineare qui, dal momento che per quanto riguarda le politiche dei sacrifici e delle compatibilità ormai è difficile trovare qualcuno disposto farsi abbindolare ancora dai bonzi sindacali di turno. Al contrario esistono ampi settori, soprattutto giovanili, che si stanno facendo coinvolgere in queste battaglie a sostegno del "nuovo", del "progressista", dell"umanitario", dell' "ecologico", del "pulito", ecc. Se questo avviene è anche perché tanti "cattivi maestri" fanno proprie queste categorie borghesi rinunciando ad un'analisi di classe nel tentativo di ritagliarsi uno spazio di sopravvivenza all'interno del carrozzone "democratico e progressista". Vale la pena di ritornare quindi su una serie di considerazioni sulla natura della crisi politica attuale. Quello che sta andando oggi in crisi è quell'alleanza tra la borghesia imperialista, la borghesia burocratica o di stato e la media e piccola borghesia su cui era fondato il regime democristiano. Un'alleanza antiproletaria che era stata definita ancora dal regime fascista per impedire che in Italia la lotta di classe avesse sviluppi rivoluzionari e che era stata rinnovata nel secondo dopoguerra dal regime democristiano nel quadro della guerra fredda e della contrapposizione USA-URSS. Tra le conseguenze di questa alleanza senza "alternative" che ha caratterizzato la storia italiana, vi è anche quella di un paese che per livelli di produzione industriale è sicuramente avanzato, mentre per il peso delle classi è arretrato: da una parte per la presenza di una borghesia burocratica forte della gestione dei monopoli industriali di stato, dall'altro per una struttura economica privata ancora molto decentrata costituita da piccole industrie, piccole imprese artigianali, piccole aziende agricole, piccoli negozi. Con l'avanzare della crisi del sistema di produzione capitalista la borghesia imperialista (la grande industria e il capitale finanziario) è costretta a combattere su due fronti: da una parte contro la classe operaia e il proletariato, dall'altra per la riduzione del peso economico delle classi intermedie. Nel tentativo di affrontare al meglio questa situazione, la borghesia imperialista cerca quindi di definire nuovi sistemi di consenso, più "evoluti" di quelli propri del regime democristiano, sicuramente non basati su di un sistema clientelare e consociativo che presuppone tra l'altro costi economici che non possono essere sopportati in questa situazione di crisi economica. Tutto il parlare della necessità della cosiddetta "alternanza" fra un polo progressista e un polo conservatore può essere alla fine dei conti ridotto a questa necessaria ridefinizione e relativizzazione delle alleanze che la borghesia imperialista intende stringere d'ora in poi per costruire il consenso attorno al proprio governo. Entrambi i poli, in questo contesto, saranno del tutto privi di ogni valenza di classe e il loro referente sarà definito con gli strumenti della sociologia borghese (o del marketing aziendale): intellettuali liberals da una parte e maggioranza silenziosa dall'altra, giovani emarginati contro giovani rampanti, ecologici contro "addetti" alle industrie nocive, pacifisti contro "addetti" alle industrie di armi, lobby dell'industria nazionale contro lobby dell'industria straniera, ecc. Questo è il tipo di cultura politica di cui si fa portatore il cosiddetto "polo progressista" che altro non è che una delle due ipotesi di governo delle contraddizioni di classe e di costruzione del consenso, che si danno in questo scenario in cui la "democrazia" borghese viene definitivamente depoliticizzata e ridotta ad un velo che deve servire solo a nascondere pudicamente le sconcezze del capitale imperialista. Se questi sono gli obiettivi e lo scenario in cui si sviluppa il processo verso quella che chiamano "seconda repubblica", nello specifico attuale il cosiddetto "polo progressista" (oggi centrato sul PDS), ben più definito di quello "conservatore", si sta giocando il ruolo infame di unico puntello del consenso a questo governo dei banchieri e degli industriali, altrimenti privo di qualsiasi base elettorale e di qualsiasi legittimità politica. Proseguendo nel percorso che li aveva portati nel passato da "partito della classe nello stato" a "partito dello stato nella classe" oggi i democratici di sinistra si propongono come "partito dello stato" asservendosi fino in fondo alla borghesia imperialista. Costoro non hanno ormai nessun riferimento di classe, permettere loro di influire comunque su settori di movimento non significa semplicemente farsi strumentalizzare dai "democratici", ma attraverso loro collaborare alla risoluzione dei problemi di governabilità e di consenso della borghesia imperialista. |