UN EUROPROCESSODocumento dei compagni di AD in occasione del processo celebrato a Milano per reati commessi a Parigi
Questo che segue è un documento di compagni prigionieri francesi scritto prendendo spunto dall'apertura, nel febbraio'91, a Milano, di un troncone del processo "Trudaine". Si tratta di un'inchiesta relativa ad una sparatoria avvenuta in Avenue Trudaine a Parigi nell'83 in cui morirono due poliziotti e di cui furono accusati sei compagni: tre francesi, due italiani e uno algerino. I primi processi "Trudaine" si tennero a Parigi e rappresentarono una delle prime applicazioni delle "leggi speciali antiterrorismo" varate dal governo francese nel settembre '86, che prevedono tra l'altro l'istituzione di "corti d'Assise speciali" composte esclusivamente da giudici "togati" e non, come è usuale, da tre giudici "togati" e da nove giudici "popolari". Una prima versione delle "leggi speciali" non prevedeva una sua validità retroattività, cioè la possibilità di essere applicata in processi che riguardavano fatti precedenti il settembre '86; ma dopo la prima udienza del processo Trudaine, nel dicembre '86, in cui i giurati "popolari" si rifiutarono di presiedere al processo, il governo emanò un decreto, nel gennaio '87, che le rese retroative. Nel luglio '87 si tenne il processo Trudaine di fronte alla nuova "corte d'assise speciale" che condannò all'ergastolo il compagno di Action Directe Regis Schleicher per "complicità in tentato omicidio", condannò il secondo compagno francese a dieci anni e assolse il terzo. Rimase aperta l'inchiesta per la parte riguardante gli altri tre compagni accusati: il compagno algerino, dopo il fallimento dei tentativi del governo francese di far istruire un processo contro di lui in Algeria, fu condannato in contumacia all'ergastolo da una corte francese poco più di un anno fa. Al contrario la parte italiana dell'inchiesta "Trudaine" venne inviata alla procura di Milano che fissò la prima udienza del processo contro Gloria Argano e Franco Fiorina nel febbraio di quest'anno, nonostante debba essere ancora ratificata la convenzione fra Francia e Italia che prevede questo tipo di "delega di giudizio". Il processo viene poi rinviato a giugno e in sole quattro udienze si conclude con due condanne all'ergastolo. [torna all'inizio della pagina]
Questo processo messo in scena oggi a Milano dallo stato italiano è uno dei momenti e una delle espressioni delle politiche repressive integrate in Europa occidentale; un passo concreto della loro collusione e della loro intensificazione contro le organizzazioni rivoluzionarie e le classi oppresse. Da due decenni l'integrazione di queste politiche controrivoluzionarie è strettamente funzionalizzata alle necessità relative all'emergere di un centro capitalista concorrenziale sul continente e alle forme corrispondenti del dominio politico di classe. Per questo, esse devono contrastare e ridurre gli sviluppi dell'antagonismo proletario e l'attività delle avanguardie armate nei diversi paesi europei. Sviluppi che, dalla fine degli anni '60, sono sia prodotto che causa dell'accentuazione della crisi di dominio della borghesia. 1) Negli anni di crisi, un movimento contraddittorio di concorrenza e monopolizzazione si è scatenato sia a livello mondiale che nei singoli territori, comportando sempre maggior concentrazione economica e finanziaria e sempre maggiore centralizzazione dei poteri politici reali. Ciò ha determinato un nuovo salto in avanti del capitalismo monopolista di Stato permettendo ai capitali ed ai trust più competitivi di acquisire le capacità e i mezzi necessari al proprio sviluppo ed estensione nelle nuove produzioni e nelle nuove tecnologie. Tale movimento doveva preservare il tasso medio di profitto attraverso l'intensificazione della produttività e quindi dello sfruttamento del proletariato e contemporaneamente l'aumento del capitale organico: vale a dire la tendenza al predominio del lavoro morto sul lavoro vivo. Di fatto, questi nuovi sviluppi del monopolio capitalista significano concretamente maggior sfruttamento e anche esclusione delle classi oppresse, sospinte ai margini del sistema. Un duplice movimento che da un lato è rifiuto e negazione delle masse sfruttate nella precarietà quotidiana, e, dall'altro, è concentrazione e centralizzazione del potere borghese in una rappresentazione democratica formale - reazione politica corrispondente al monopolio economico. Nelle nuove forme di dominio politico borghese, autoritario e reazionario, le politiche di controllo sociale e repressive si intensificano per rompere e neutralizzare la resistenza popolare di fronte al degrado delle condizioni economiche e sociali, allo sfruttamento, alla precarizzazione, all'annullamento delle conquiste sociali strappate al padronato e allo Stato... Esse perseguono accanitamente la pacificazione per impedire il convergere e la fusione di questo antagonismo proletario con le forze rivoluzionarie, poli che esprimono rottura e sovversione, che rompono il gioco dell'istituzione e della partecipazione. Parallelamente, quindi, alle politiche di reificazione nel lavoro e alla mercificazione, all'isolamento sociale e all'individualizzazione per una sottomissione di massa, la repressione perseguita ogni riferimento di una politica e di un'azione rivoluzionaria che superino i limiti e le compatibilità, così come ogni polo di classe, rivoluzionario, di resistenza e di lotta. I rapporti di potere sono sempre più centralizzati e militarizzati; una strutturazione che porta in sé la crisi e la trasformazione autoritaria dello Stato capitalista attuale - così la militarizzazione dei poteri statali si rafforza nel graduale indebolimento delle possibilità di concessioni e conciliazioni sociali, con lo smantellamento del "Wellfare State", mentre lo sviluppo della concentrazione attorno allo Stato, determina il suo maggiore intervento nell'insieme dei rapporti sociali. E questo intervento, non potendo essere altro che dominio e imposizione, accelera il suo evidenziarsi come concentrazione dei rapporti di potere e come funzione del predominio dei monopoli sull'economia. I rapporti di potere, nella loro istituzionalizzazione, generalizzano e accentuano la pressione sulle classi e la loro lotta. Contemporaneamente, da anni e malgrado l'estensione delle politiche di controllo sociale, sono nate all'interno di questo conflitto delle esperienze/espressioni nuove e gli sviluppi dell'autonomia proletaria, una lotta rivoluzionaria di classe - di cui la guerriglia è l'avanguardia - che sommerge e sovverte ogni apparato e ogni rapporto di potere, delineando così, tendenzialmente, la crisi politica del sistema e la crisi dello Stato. La trasformazione attuali dello Stato in 'Stato autoritario' rimanda alla materializzazione del rapporto di forza nella lotta tra le classi, in questa fase, sia a livello nazionale che internazionale; vale a dire anche al rafforzamento che si verifica nell'attuale qualità del capitalismo monopolista di Stato parallelamente al suo indebolimento nella crisi politica che lo mina. 2) Le modificazioni del dominio e dei rapporti di potere dello Stato sono sempre determinati dalla modificazione dei rapporti di produzione, dalla divisione sociale del lavoro e sotto la pressione dei nuovi rapporti di forza tra le classi, dalla loro lotta politica. In ogni epoca, fase o stadio del capitalismo, corrisponde una forma specifica e particolare di imposizione di dominio politico. Oggi l'istituzionalizzazione dello Stato autoritario non può essere estrapolata dalla fase di continentalizzazione dei processi economici e sociali. Così come l'integrazione del dominio politico in Europa non può essere analizzato come somma o fusione dei poteri statali nazionali oppure come sovrapposizione (sovranazionale) di una forma di dominio neutra e tecnica, poiché si tratta di trans-statualizzazione. Una trans-statualizzazione che corrisponde all'emergere di una formazione sociale continentale. Questa formazione sociale capitalista europea nasce e si concretizza in un processo complesso di interdipendenze che dinamicizza la dissoluzione/conservazione delle formazioni sociali nazionali. La trans-statualizzazione, a livello CEE, ha come ruolo principale e attuale, quello di garantire e perpetuare la stabilizzazione di tale formazione sociale continentale, concentrando, materializzando e fondando l'attuale dominio della borghesia imperialista. Il suo ruolo è quindi quello di riprodurre i rapporti sociali e, di fatto, il rapporto di forza tra le classi, a favore della frazione monopolista che si è affermata nel processo di concentrazione e integrazione comunitaria. Appare così, a livello europeo ed in ogni territorio, la nuova realtà dello Stato come materializzazione e ordinamento di questo rapporto di forza tra le classi nel tentativo e nella volontà di conservazione e di pacificazione. Questo processo di statualizzazione comunitaria porta in se due caratteri essenziali: innanzitutto il rafforzamento della pressione dei monopoli sul proletariato e sulle classi oppresse; come dimensione fondamentale, questa concentrazione accentua la formazione delle ineguaglianze sociali e la reazione in politica; e per altro verso rimanda all'approfondimento del deficit democratico, cioè all'esclusione delle masse da tutti i centri di decisione economica e politica, una realtà che percorre l'insieme delle istituzioni amministrative e tecnocratiche della CEE e che rende sempre più rigida e autoritaria l'imposizione dei rapporti di potere. 3) La materializzazione del dominio della borghesia imperialista nel processo di trans-statualizzazione continentale potrebbe far pensare ad una perdita della pertinenza propria all'apparato statale nazionale come se la sua sussidiarietà fosse l'ultima tappa di una totale delega dei suoi poteri. Niente affatto, la sussidiarietà del potere non è un indebolimento della sua funzione essenziale poiché tali apparati e i loro interventi si estendono nelle trasformazioni che subiscono e in quelle che dirigono e orientano nelle nuove forme continentali del capitalismo monopolista di Stato. Si tratta proprio della realizzazione effettiva di un livello di concentrazione dell'insieme dei poteri dello Stato con l'imposizione di ruoli e funzioni, delle loro norme attuali anche contestualmente alla riqualificazione dell'insieme dei rapporti di forza nella lotta politica tra le classi. La statualizzazione europea non si separa (ne si dispone secondo una falsa gerarchia) dalle nuove forme dei rapporti di potere borghese in ogni territorio, vale a dire una struttura con un vertice e diverse basi. No, si tratta di uno stesso movimento: concentrazione e centralizzazione degli strumenti di dominio nella trasformazione istituzionale di ogni potere. Omogenizzazione e materializzazione dello stesso dominio. Gli anni '80 sono stati caratterizzati sia dal trasferimento delle principali sovranità, autorità e competenze reali a Bruxelles, sia della riorganizzazione del dominio politico in ogni territorio dove, in questo momento, vengono gradualmente rimessi in discussione spazio e forma della vecchia istituzione. Uno degli elementi fondamentali di questo processo di imposizione della supremazia giuridica europea (un'imposizione che, come tutti gli atti istituzionali attuali, si determina fuori da ogni controllo e decisione realmente popolari). Lo Stato di diritto europeo concretizza oggi le condizioni del rapporto di forza tra le classi sul continente, costituendo anche il quadro di coesione imposto e formale della formazione sociale capitalista europea: un'azione repressiva, ideologica ed economica. E' la legge comunitaria che organizza l'integrazione, le trasformazioni istituzionali e la sottomissione all'egemonia monopolista. Il controllo della legge nazionale da parte della Corte di Giustizia Europea è oggi l'arma principale nella trasformazione delle strutture dello Stato in ogni paese. Ad esempio, questa Corte è ormai competente per la definizione dei servizi pubblici, delle loro funzioni, della loro estensione... infatti in nome della difesa della concorrenza, si verifica la polverizzazione delle strategie politico-economiche degli Stati nazionali, a vantaggio dei monopoli continentali che si accaparrano i settori privatizzati, i mercati locali e i vecchi settori protetti - conquiste delle lotte operaie, sanità, trasporti, assistenza sociale... oggi destrutturate. La legislazione sulla concorrenza comparata alle nuove norme sulla concentrazione industriale, è anch'essa un attacco alle garanzie di lavoro affermatesi con le lotte. Così la legge europea ha permesso al gigante Daimler-Benz-MBB di formarsi contro la legislazione tedesca che in questo campo è più restrittiva. E' questa convergenza di leggi che ha portato anche alla privatizzazione della Règie Renault e alla sua ristrutturazione nelle diverse fusioni come con la Volvo. La legge comunitaria agisce quindi per lo smantellamento delle protezioni pubbliche e sociali nazionali, accelerando così la dinamica concorrenziale e di concentrazione a livello continentale. In questo processo i monopoli rafforzano il loro dominio e i loro dictat sul lavoro, aumentano lo sfruttamento, elevando la redditività e diminuendo la redistribuzione sociale in una CEE che introduce una normativa del lavoro e della fiscalizzazione al più basso grado degli istituti sociali. Inoltre a livello territoriale questa pressione monopolistica aggrava la formazione ineguale della comunità e amplia le disparità regionali. In questo modo la CEE sancisce la sottomissione articolata ad una nuova divisione del lavoro, ed alcune regioni - soprattutto quelle del Sud Europa - sono sempre più confinate a dei ruoli secondari, cosa che accentua maggiormente la precarietà sociale, il crollo dell'occupazione e dell'infrastruttura industriale e collettiva. Ogni attività del sistema giuridico comunitario, nelle propria specificità, si inserisce nell'istituzionalizzazione dei rapporti di dominio come funzione dello sviluppo dei monopoli e rafforzamento della prevenzione/repressione dell'antagonismo e della resistenza delle classi oppresse. 4) Le politiche integrate di controllo sociale e di repressione, garantiscono e diffondono le dimensioni dei nuovi rapporti di dominio, normando, codificando e assegnando nuovi ruoli sociali e politici a livello continentale. Esse sono una base essenziale della trans-statualizzazione che si realizza nell'unità e nell'omogenizzazione del territorio europeo. Di conseguenza si moltiplica la creazione di organismi e di apparati giuridici e polizieschi comunitari, sia per proteggere e sostenere le trasformazioni istituzionali che per consentire l'ampliamento dell'intervento autoritario dei poteri. Se, dall'inizio degli anni '70, con la formazione di diverse strutture quali il gruppo TREVI e la commissione antiterrorismo della NATO o, ancora, con l'affermazione dello spazio giuridico europeo (di cui questo processo è un nuovo atto), si allestisce un fitto e rigido tessuto preventivo e repressivo, gradualmente sempre più omogeneo, nell'85 la firma del trattato di Schengen ha rappresentato l'espressione principale dello stravolgimento e dell'accelerazione dell'insieme di questo processo in una nuova qualità omogenea. Questa nuova qualità significa che, nell'omogenizzazione di codici/statuti/leggi e nella pianificazione politica generale, i diversi apparati, ancora nazionali, non fanno altro che acquisire l'esperienza accumulata negli altri paesi imperialisti, diffonderla e adattarla alle condizioni locali. Questi apparati devono trasformarsi, funzionalizzandosi a queste nuove qualità, concretizzandole come strumento che rappresenta sia la strutturazione autoritaria dello Stato che l'imposizione dell'integrazione europea. Non sono le strutture comunitarie che si costruiscono a partire dall'armonizzazione degli strumenti nazionali, piuttosto sono questi che si riorganizzano, si proiettano e agiscono come strutturazione integrata e coordinata. Nell'85 la riattualizzazione e la nuova importanza del gruppo TREVI - Consiglio dei ministri dell'interno europei - e la firma del trattato di Schengen diventano i pilastri della collusione controrivoluzionaria dei governi europei. Un'azione sempre più coordinata e trasmessa tramite i diversi apparati, che estende e intensifica le politiche di emergenza all'insieme dei continenti. Una generalizzazione dei poteri di prevenzione e repressione, supportata da una isterica mobilitazione ideologica e mass-mediata, che deve garantire la pacificazione indispensabile al grande mercato e, più in generale, alla formazione del centro imperialista europeo-occidentale. Pacificare, omogenizzare e assicurare la formazione sociale europea al fine di rafforzare le capacità e le propensioni CEE di imporsi come reale polo, a pieno titolo, della catena imperialista, una catena sempre più carica di contraddizioni interne, da un lato, e che, dall'altro, vede accentuarsi la contrapposizione con i paesi del Sud. La collusione controrivoluzionaria materializza queste necessità nella caccia al "nemico interno" e al "nemico esterno", proprio a partire dal trasferimento delle frontiere alla comunità, al suo spazio globale. TREVI-SCHENGEN significa l'unificazione e la standardizzazione giuridica, poliziesca e militare in un insieme di compiti e di metodi di inchiesta, di procedura e di legislazione preventiva e repressiva che superi le attuali frontiere... ma anche l'attuazione del controllo delle popolazioni attraverso una banca dati integrata e l'identificazione informatizzata. Così lo spazio giuridico si afferma, simultaneamente, nella ridefinizione del reato politico, nelle procedure di estradizione e nella soppressione della nozione di diritto d'asilo, fino alle nuove legislazioni che regolano l'ingresso e il soggiorno dei lavoratori immigrati. 5) In questo contesto, i primi due processi "Trudaine", nel dicembre '86 e nel giugno '87, sono stati al centro delle politiche di emergenza in Francia, con l'introduzione di nuove leggi e tribunali speciali, anche quale materializzazione e propaganda delle concezioni controrivoluzionarie promulgate dal Trevi-Schengen. Con il suo arrivo al potere, nell'81, la sinistra istituzionale aveva smontato una ad una le vecchie strutture e legislazioni della repressione politica. Così venne sciolta la Corte di Sicurezza dello Stato, un tribunale speciale, e gli articoli del codice penale "sulla sicurezza e sulla libertà" vennero parzialmente abrogati (in particolare l'art. 266 inerente al reato politico collettivo o "associazione di malfattori"). Di fatto queste misure derivano da un duplice movimento: da una parte l'eliminazione di tribunali e leggi inadeguate e impopolari rappresentava una tendenza progressista che portava in se le rivendicazioni delle lotte degli anni '60 e '70; dall'altra l'introduzione di nuovi concetti repressivi, articolati nel contesto del 'grande consenso di classe' nelle politiche 'anticrisi' (rilancio nazionale, unità governo-sindacati, ecc.). Tale consenso si conformava ad un utilizzo globale della politica e, di fatto, criminalizzava ogni opposizione al quadro istituzionale, ogni rottura e azione critica della politica rivoluzionaria. In questo modo quest'unità consensuale del dominio tentava di decretare la fine 'legale' del reato politico, sopprimendo leggi e tribunali politici, per introdurre la modernizzazione nella repressione della classe, la sua normalizzazione. Dopo la seconda guerra mondiale, la Francia è lacerata da una convergenza di conflitti rivoluzionari, nati dalla sua formazione come Stato borghese e paese imperialista e colonialista. Conflitti che da sempre hanno avuto una natura di guerra rivoluzionaria, di lotta armata per la liberazione e l'emancipazione, contro un potere centrale che non ha mai avuto tregua su nessuno dei fronti: il fronte dei movimenti di liberazione nazionale e dei popoli del sud, il fronte dei movimenti di liberazione nazionale all'interno della stessa metropoli (corsi, baschi, bretoni, ecc.) e il fronte della lotta di classe, di cui dalla fine degli anni '70, la nostra organizzazione è l'avanguardia armata. Quindi la situazione di normalizzazione della repressione non era altro che una tappa, un passaggio obbligato del riadeguamento degli apparati riattualizzati nella lotta su tre fronti; e naturalmente, dall'84, di fronte all'intensificazione della lotte, il governo ha stabilito gradualmente e ufficiosamente una struttura specifica (giudici sempre più specializzati nei processi politici, reintroduzione dell'art. 266, creazione di unità antiterrorismo, ecc.). Tale struttura si è imposta come generalizzazione di linee e politiche repressive integrate; vale a dire che, interagendo con gli accordi Trevi-Schengen, si è affermata come strumento in questo territorio della nuova qualità omogenea e continentale dell'egemonia borghese e si è rivelata sempre più tale, quanto più le offensive dei movimenti di liberazione nazionale e della nostra organizzazione la costringeva ad uscire dalla sua clandestinità-normalità per diventare il quadro istituzionale propagatore dell'emergenza. Autunno '86: il Parlamento introduce le leggi speciali e approva la creazione di un bunker giudiziario, centralizzando tutte le procedure controrivoluzionarie. Nel dicembre successivo lo Stato organizza il I° processo 'Trudaine' per dimostrare la sua determinazione e delineare le grandi direttive sia della repressione che della rileggittimazione. L'emergenza deve in effetti legare, sempre più saldamente, il ruolo repressivo alla lotta ideologica e stabilire ad ogni intervento contro i 'terroristi' la rileggittimazione dello Stato e del sistema. Tale azione ideologica costituisce l'unità del triangolo di carogne - giudici, stampa, collaboratori - che domina gli attuali processi speciali. Ma, lo scontro e le azioni della guerriglia, tra cui l'esecuzione del Presidente del Gruppo Renault, tre settimane prima dell'apertura del dibattimento, spinsero la giuria alla rinuncia dell'incarico e di fatto all'interruzione del processo. Una cocente sconfitta di tutte le sezioni speciali, uno scacco che spinge il governo ad introdurre una giurisdizione speciale di modo che il 2° processo ha potuto aprirsi, nella primavera dell'87, di fronte a un tribunale speciale scelto tramite leggi inesistenti al momento dei fatti incriminati. Questo effetto retroattivo, che ha permesso la creazione delle sezioni speciali, è una manifestazione dell'unità tra leggi e giurisdizione d'eccezione ed ha consentito allo Stato di organizzare processi che riguardavano tutto il periodo della normalizzazione (dall'82 all'86), inasprendo numerose condanne e improntando le procedure sui principi dell'emergenza. Dall'istruzione alla conclusione di questi due processi, il dossier 'Trudaine' ha concretizzato le linee principali delle politiche repressive europee nella fase: - generalizzazione dell'Emergenza, tribunali e leggi speciali - leggi sui pentiti e sulla collaborazione - estensione della nozione di colpevolezza a tutti i militanti che rifiutano di partecipare al processo e di collaborare - politica di utilizzare i prigionieri alla stregua di ostaggi, impiego sistematico della tortura bianca, come l'isolamento in carcere. I due processi 'Trudaine' corrispondevano quindi ad una fase di armonizzazione delle istituzioni giuridiche e carcerarie europee; creazione di sezioni speciali (SS) in Francia ed ampliamento dei paragrafi 129 e 129 a (1987) in RFT, così come la generalizzazione dell'isolamento e degli attacchi contro i collettivi dei prigionieri politici e, ancora, l'abrogazione del diritto d'asilo realizzata in Francia con la procedura di 'urgenza assoluta' che ha consentito in questi giorni l' espulsione di varie centinaia di militanti europei e di altri paesi. Ma oggi questo 3° processo a Milano, è espressione di una fase ancora più avanzata: la fase dell'interazione giuridico-repressiva come realtà della qualità omogenea europea. E deve anche essere messo in relazione con altre procedure significative quali l'imputazione in Francia di Simonetta Giorgieri e Carla Venditti per la loro adesione alle BR-PCC, o ancora l'istruttoria contro il 'Commando Txomin' dell'ETA. Tale interazione si sviluppa simultaneamente al livello raggiunto dagli organismi politici e militari; così Trevi-Schengen organizzava a Lyone un ufficio regionale europeo dell' Interpol, come laboratorio per la creazione di un ufficio criminale europeo (O.C.E) che dispone di una banca dati continentale e di poteri particolari legati a una legislazione 'federale'. Quindi, l'integrazione degli apparati polizieschi e militari in una struttura integrata di tipo federale è all'ordine del giorno, e conferisce al gruppo Trevi i poteri per affermarsi come futuro Ministero dell'interno europeo occidentale a partire dal '93. Questo progetto si basa su una dichiarazione d'intenti di Kohl nell'88 all'istituto Aspen di Berlino: "A partire dalla situazione attuale, non dobbiamo temere di intraprendere strade non convenzionali e ugualmente nuove in materia di sicurezza interna. Per questo dovremo imparare dalle esperienze realizzate in USA e creare una polizia federale europea per il settore centrale della criminalità e della sicurezza interna". Lo spazio europeo si materializza in questa interazione poliziesca e giuridica, si unifica effettivamente attraverso l'uniformazione imposta del rapporto di forza negli antagonismi politici di classe. Così, la trans-statualizzazione monopolizza realmente i metodi organizzativi e realizza la quadratura dello spazio di potere dell'egemonia della borghesia imperialista. Questa interazione giuridico-poliziesca non si limita ad armonizzare/pacificare il nuovo spazio di potere nei rapporti interni, ma, come ogni processo di monopolizzazione, va compresa anche come proiezione esterna, tenta infatti di imporsi come norma internazionale. E' un fenomeno generale, proprio di tutta la catena imperialista reso spettacolare dalle aggressioni di Panama e dell'Iraq in nome del diritto internazionale o della semplice estensione della territorialità delle leggi dei paesi imperialisti: imporre le regole e la legge del più forte su tutti i territori da dominare. Ritroviamo questo modo di agire, nelle procedure speciali utilizzate sia a Parigi, contro i militanti dell'IRA catturati nell'87 in acque internazionali al largo della Bretagna, che a Karlsruhe in RFT, dove l'autorità giudiziaria persegue sulla base di artifici e provocazioni dei militanti curdi del PKK, per fatti accaduti in Turchia e nel Libano. Incarnando la nuova territorialità materiale della formazione sociale e della subordinazione politica, il sistema preventivo/repressivo europeo è funzionalizzato interamente alla concentrazione continentale dell'egemonia borghese e quindi alla trasformazione di questo dominio in Stato monopolista autoritario. Oggi nella formazione e riproduzione del polo imperialista europeo occidentale, il sistema preventivo/repressivo è lo strumento della borghesia nella sua guerra contro il proletariato internazionale e contro i popoli oppressi; ciò avviene tanto sul continente, quanto in maniera articolata nelle politiche generali dell'imperialismo nel Tricontinente. LE ORIGINI DEL FRONTE ANTIMPERIALISTA 7a) L'offensiva della RAF nel '77, sviluppata attorno alla cattura di Schleyer, presidente del padronato tedesco, e la campagna di primavera del 1978 delle BR attorno all'azione Moro, hanno determinato e orientato un consistente salto in avanti nella coscienza della guerra di classe e delle sue prospettive rivoluzionarie nell'intera Europa, stabilendo così una nuova condizione nella lotta politica. E' sulla base di questa trasformazione che qui in Francia dei militanti d'avanguardia hanno trovato la forza e la volontà di raggrupparsi e organizzarsi fondando la nostra organizzazione e, attraverso ciò, superare gli errori e la parcellizzazione dei gruppi armati e del loro intervento, al fine di radicare l'organizzazione comunista della guerriglia e la coscienza politica della sua necessità storica nel movimento di classe. Le prime azioni di Action Direct non sono state solamente la base e l'espressione della costituzione di una politica e di una strategia rivoluzionarie e della loro affermazione sul territorio, ma esse furono la tappa indispensabile che rendeva possibile il superamento del divario tra il movimento rivoluzionario francese e l'insieme del movimento europeo. Negli anni '60, il campo rivoluzionario stabiliva la sua rottura con la compatibilizzazione revisionista e con ogni opportunismo sottomesso alla legalità, alla spoliticizzazione e al pacifismo borghese. Concretamente, al di là della lotta ai partiti comunisti e ai sindacati, rifiutare il revisionismo e l'opportunismo significava creare una linea di demarcazione tra tutte le altre componenti politiche interne al sistema istituzionale borghese in quanto strumenti di controllo e gestione delle contraddizioni di classe. Già da anni, l'opportunismo pacifista ed interclassista si sviluppava in una varietà di gruppi 'sinistroidi' sterili e parolai, stridule espressioni del dottrinarismo e dell'eclettismo, del compromesso e della riforma. Il fulcro del loro discorso (che, ieri come oggi, costituisce l'essenziale della loro pratica!) risiedeva e quindi continua a risiedere, in un'esposizione contorta di principi monchi e stravolti, proprio contro l'azione rivoluzionaria dei proletari al fine di liquidare il fervore combattente e di dirottarlo verso periodiche 'processioni' e meetings soporiferi. Per loro quindi la rivoluzione proletaria sarebbe non solo impossibile, ma persino superflua. La guerriglia comunista e antimperialista è comparsa in Europa come espressione della guerra rivoluzionaria internazionale; unità del politico e del militare, essa è maturata nello scontro ponendosi al livello più alto dell'antagonismo proletario e della lotta di liberazione antimperialista, a partire da sviluppi storici e sociali differenti. In ogni settore essa ha avuto, ed ha tuttora, particolarità ben determinate, sorte dai caratteri propri a tali sviluppi, ma essa è sempre stata subordinata principalmente all'essenza internazionale della contraddizione proletariato internazionale/borghesia imperialista. La guerriglia è qui lo strumento rivoluzionario e strategico dell'emancipazione del proletariato internazionale, lo strumento che sintetizza e determina in ogni momento e fase della lotta, la strategia di conquista del potere da parte della nostra classe. Questa natura di classe e la politica di rottura e di critica stabilite nella lotta reale contro il sistema, hanno permesso alle organizzazioni combattenti di creare l' esperienza politica e pratica di guerra rivoluzionaria in Europa. Hanno saputo così costruire la strategia attuale della Lotta Armata del proletariato internazionale sempre a partire dalla verifica nella lotta e attraverso la lotta. Criticando con ciò le politiche da 'lacchè della borghesia' propagandate dai revisionisti e gauchisti, le eterne sciocchezze sulle velleità di una violenza rivoluzionaria al momento opportuno, quando suonerà la campanella della storia, o di presunte preparazioni clandestine, accumulo di forze e altre stupidità che riappaiono episodicamente ogni qualvolta la repressione controrivoluzionaria permette loro di passare dal rango di collaboratori zelanti a quello di sognatori e cospiratori da salotto. La politica della guerriglia ha riarmato la classe con la strategia rivoluzionaria, costruendo il quadro politico e pratico dell'utilizzo della Lotta Armata fuori dalla logica di difesa immediata ( della resistenza antifascista o della liberazione coloniale...) e da quella del solo momento insurrezionale, per sviluppare l'unicità del processo rivoluzionario e dell'internazionalismo proletario. Se, dopo il '68 il movimento rivoluzionario francese aveva rappresentato senza dubbio la realtà più avanzata del continente, nel '73 la dissoluzione della Gauche Proletarienne e della sua organizzazione armata Nuova Resistenza Popolare, portatrice della nuova qualità del processo rivoluzionario, ne aveva interrotto lo sviluppo sancendo così una frattura concreta tra questo movimento e l'unità oggettiva dell'avanzamento del movimento rivoluzionario sul resto del continente, in particolare in Italia e in Germania. Questa oggettiva unità del movimento rivoluzionario continentale tornò a concretizzarsi nell'offensiva lanciata dal Commando Andreas Baader della RAF nell'azione contro il Comandante in Capo della Nato generale Haig, nel giugno '79. La RAF determina quindi un orientamento essenziale in quella fase, richiamando alla costruzione del Fronte Antimperialista e all'organizzazione della 'resistenza armata in Europa Occidentale' ; termini strategici che si ricongiungevano a quelli enunciati dalle BR nella loro Risoluzione Strategica del 1978: "...confronto costruttivo, ricerca costante nei programmi tattici e strategici di tutti quei terreni di lotta che saldino nei fatti l'iniziativa rivoluzionaria delle organizzazioni comuniste combattenti europee, che siano punto di riferimento per tutto il proletariato del nostro continente". Le azioni in Germania contro la base USA di Ramstein o contro Kroesen,, Generale in Capo dello Esercito americano in Europa, nel corso dell' estate '81; il sequestro del Generale Dozier nel dicembre dell' 81 in Italia, così come successivamente l' esecuzione del Generale Hunt hanno delineato le concrete prospettive del Fronte sul continente. Una traccia unitaria di attacco alla NATO e alle politiche centrali dell' imperialismo nella fase. Come scriveva il Commando Enslin: "La lotta nella metropoli può ostacolare, a partire da qui, l' apparato globale imperialista in modo che una nuova breccia possa essere aperta dalla lotta con i rivoluzionari del Terzo Mondo. La lotta nella metropoli costruisce adesso i passi reali della rivoluzione nel centro stesso, che può darsi solo come trasformazione permanente nel processo di sviluppo della resistenza rivoluzionaria". 7b) In quell'epoca anche Action Direct delineava i contorni dell'unità oggettiva tra le lotte dei rivoluzionari nel centro e quelle nei paesi dipendenti, con la sua prima offensiva contro le politiche imperialiste, neocoloniali e di interventismo militare condotte dalla Francia nella sua area di influenza storica nel Tricontinente. Così a partire da quella linea di intervento l'organizzazione lanciò nell'82, l'offensiva " portare la lotta nelle metropoli, con i rivoluzionari del Terzo Mondo". Offensiva che assume tutta la sua ampiezza e validità durante il summit di Versailles dei sette paesi imperialisti e di fronte all'aggressione sionista contro i popoli libanese e palestinese. In questa campagna le azioni sono state condotte, gradualmente, in maniera sempre più coordinata e integrata. E così, combattenti turchi, libanesi, palestinesi e la nostra organizzazione hanno costruito insieme il superamento della sola 'unità di fatto', trasformandola politicamente in prassi vivente. Le forze rivoluzionarie quindi forgiavano nella lotta le linee strategiche dell'unità della guerra rivoluzionaria contro l'imperialismo, linee corrispondenti ad una nuova epoca, ad una nuova fase del monopolio capitalista e del suo modo d'imporsi. Una nuova fase in cui, il vertice di Versailles del giugno '82, segnava un passo decisivo nell'integrazione strategica dei paesi imperialisti a partire dalla linea determinata e imposta dall'amministrazione Reagan. Un vertice particolarmente importante per la strategia imperialista di ridispiegamento e intervento le cui decisioni nei mesi successivi hanno significato: aggressioni dirette contro i popoli della periferia, in Libano, così come alle Maldive, in Namibia, a Granada e, contemporaneamente interventi indiretti di destabilizzazione in Nicaragua Angola e Mozambico... Con il suo ridispiegamento rigido -in quanto blocco imperialista monopolista- la borghesia dei paesi occidentali doveva costituire la propria egemonia ridefinendo ed estendendo i rapporti di produzione, a partire dall'accelerazione e approfondimento dello scontro, su tutti i fronti. Vale a dire introdurre concretamente una più ampia dimensione di guerra e, in generale, di militarizzazione lungo tutte le linee di contraddizione. Contro il proletariato del centro, militarizzazione dei rapporti sociali, approfondimento dello sfruttamento, pauperizzazione, precarietà di massa, repressione, ...; contro i paesi dell'est, accelerazione del riarmo, inasprimento della guerra fredda, pressioni ed embargo economico,....; contro i popoli del Sud, sostegno ai vari 'contras' nei paesi progressisti, pressioni economiche, interventi diretti...; e ancora, la nuova divisione internazionale del lavoro, funzione di questo ridispiegamento e della riorganizzazione del mercato mondiale e del capitalismo industriale internazionale, è caratterizzata -tra l'altro- da una velocificazione della circolazione del capitale, da una intensificazione del processo lavorativo e della divisione in classi delle società con relative conseguenze nell'aggravamento delle ineguaglianze sociali. La forte industrializzazione e lo sfruttamento che ne deriva al Sud (in maniera contraddittoria ed ineguale) determinano una proletarizzazione di massa; destrutturando le precedenti formazioni sociali per introdurvi e generalizzare formazioni sociali capitaliste sempre più dipendenti. Tali condizioni di fronte ai limiti posti dalla crisi, dalla lotta concorrenziale sul mercato mondiale e dalla pressione dei monopoli, hanno determinato l'intensificazione dello sfruttamento della classe operaia nell'insieme del tricontinente; classe operaia in crescente aumento per la pauperizzazione dei contadini a seguito delle ristrutturazioni delle produzioni agro-alimentari sempre più funzionalizzate all'esportazione. Oggi uno dei dati fondamentali del cambiamento epocale è rappresentato dal fatto ineludibile che le lotte di emancipazione dei popoli del Sud non sono più solamente 'alleate' del fronte della rivoluzione socialista, esse ne sono divenute una condizione essenziale. Il Fronte antimperialista costituisce e materializza la linea strategica dell'unitarietà di questa emancipazione nel Centro e nel Tricontinente, la linea della guerra rivoluzionaria contro il capitalismo imperialista individuato come nemico comune del proletariato internazionale e dei popoli oppressi. In questa lotta e nella sua estensione, il Fronte forgia un nuovo internazionalismo proletario che corrisponda a questa lotta, alla sua prassi e quindi alle trasformazioni delle condizioni della rivolta mondiale socialista e proletaria. Le formazioni regionali e geopolitiche costituiscono i concreti spazi politici del Fronte antimperialista e del suo costruirsi in una successione di momenti unitari che percorrono -dialetticamente- l'insieme delle realtà del movimento rivoluzionario proletario e antimperialista. La linea strategica del fronte non va intesa come semplice presa di posizione in quanto essa implica direttamente l'unità, un'azione rivoluzionaria capace di elaborare e sviluppare, in determinate fasi, offensive comuni contro le politiche centrali della borghesia imperialista. 7c) Nel corso dell' 83 -anno del conflitto a fuoco in Avenue Trudaine- militanti rivoluzionari di diversi paesi hanno iniziato e sviluppato un reale confronto a livello internazionale che comportava una trasformazione politica e pratica. Trasformazione che superasse l'ottica degli accordi riduttivi, del sostegno logistico e delle discussioni formali....per delineare attraverso l'azione rivoluzionaria diretta la linea centrale del Fronte antimperialista e le prospettive e l' orientamento della rivoluzione proletaria in Europa occidentale. L'integrazione comunitaria e i cambiamenti politici che ne derivano divennero all'epoca nodi cruciali nelle problematiche affrontate dai comunisti. Con il ridispiegamento e la ristrutturazione politica e economica del capitalismo monopolista allo inizio degli anni '80 è emersa tutta la valenza di questi nodi cruciali e la pressante necessità, per il progetto comunista, di darvi soluzione. Un esigenza di rettifica e proposte che si è andata precisando ed ha portato ad avanzamenti nel corso del decennio. L' offensiva comune con la RAF e la resistenza nell'84/'85, 'unità dei rivoluzionari in Europa occidentale' ha sancito un salto qualitativo nella lotta proletaria e nella sua unificazione alla lotta antimperialista. Per noi, legare la linea strategica del Fronte antimperialista alla questione del dominio capitalista in Europa occidentale e alle trasformazioni dei rapporti di potere, significava stabilire -attualizzandola - l'unità tra lotta di classe rivoluzionaria e l'internazionalismo come politica viva. Non si trattava quindi di sostituire la linea del Fronte all'agire rivoluzionario anticapitalista, piuttosto, di far nascere dalla loro unità una nuova qualità rivoluzionaria, adeguata alla realtà della lotta e delle sue prospettive oggi. Una prassi che consente di riqualificare i processi rivoluzionari nei diversi territori e cioè: a partire dai diversi sviluppi della lotta di classe sul continente, rendere dinamica la loro interazione per orientarla in conformità alla costituzione di una formazione sociale capitalista sul territorio CEE. La linea del Fronte antimperialista e la lotta proletaria contro la centralizzazione e concentrazione dei rapporti di potere in Europa occidentale, sono tra loro in un rapporto di reciprocità. Nonostante questa stretta interdipendenza sia stata spesso male interpretata e confusa -anche perché, spesso, male espressa - essa non rimanda comunque a due processi distinti. Come abbiamo già chiarito, la linea del Fronte antimperialista materializza nel susseguirsi delle offensive, l'attacco comune alle politiche centrali dell'imperialismo, non solo da parte delle forze comuniste, ma dall'insieme delle realtà rivoluzionarie ed antimperialiste. Quanto al processo di unità nel rapporto tra rivoluzione nel proprio paese e rivoluzione in Europa occidentale, esso corrisponde alle trasformazioni del dominio politico di classe. Sul continente dal dopoguerra, nella fase di internazionalizzazione intensa del capitale e dell'egemonia americana, le trasformazioni dello Stato hanno condotto all'estensione del suo ruolo dominante e all'accrescimento delle sue funzioni economiche fondamentali.... di fatto, al concentrarsi di tutte le sue funzioni verso la riproduzione allargata del Modo di Produzione Capitalistico. Si è trattato di una fase di adeguamento interno -trasformazione istituzionale di ogni Stato- alla funzione e alla collocazione rivestite nella riproduzione internazionale del capitale sotto l' egemonia del capitale USA. Ma, con la crisi generale e nel ridispiegamento imperialista, l'emergere della nuova realtà CEE ha modificato, qui, lo spazio della formazione sociale. Riqualificando e normalizzando la sottomissione di classe, attraverso l'intensificazione dell'intervento nei rapporti sociali, si sono accentrati e complessificati i rapporti di potere. La trans-statualizzazione, -nel suo imporsi, locale e a livello comunitario- ha rafforzato la centralizzazione e la concentrazione dei rapporti di dominio, sia per quanto concerne funzioni tradizionali (e lo vediamo nelle trasformazioni del sistema giuridico e repressivo...) che per quanto attiene a nuove funzioni e interventi. In questo modo, ad esempio la trans-statualizzazione ha monopolizzato gradualmente l'attuazione delle principali controtendenze alla caduta tendenziale del saggio di profitto. Ciò attraverso il suo ruolo decisivo nell'intensificazione dello sfruttamento del lavoro nella promozione di grandi programmi di ricerca e innovazione tecnologica e nella riproduzione della forza lavoro (educazione, formazione professionale, infrastrutture collettive, aiuti, ambiente...); e ancora, nei processi di ristrutturazione, modernizzazione e fusione industriale, nella circolazione, centralizzazione e direzione finanziaria, che la CEE ha orientato e imposto nello scorso decennio. Le modificazioni nei rapporti di potere possono essere colte realmente solo a partire dall'analisi della complessificazione nella formazione delle classi e della loro lotta, in Europa. Così, nella fase di monopolizzazione - della sua accentuazione - e nel rapporto di forza tra le classi che questa determina, la frazione monopolistica e tecnocratica della borghesia imperialista si è affermata in maniera sempre più egemonica; e il cambiamento del quadro istituzionale dello Stato si fonda sul processo europeo e locale delle lotte di classe, contraddizione tra la politica di sfruttamento intensivo e di dominio tecnocratico della borghesia e la politica rivoluzionaria di emancipazione del proletariato internazionale nel continente. In tale processo, l' offensiva dell' 84/' 85 ha stabilito quindi una prima prospettiva concreta delle forme di lotta, di sovversione e di attacco adeguata alle trasformazioni dello Stato borghese e della lotta politica di classe. E questo, non come anticipazione ma in quanto rovesciamento qualitativo del rapporto rivoluzione nel proprio paese/rivoluzione in Europa occidentale. Oggi, la soluzione di questo risvolto rivoluzionario strettamente legato alla linea del Fronte antimperialista è la sola capace di determinare e dirigere una prassi corrispondente alla formazione monopolista nel centro e al suo estendersi nella riproduzione della divisione sociale imperialista del lavoro a livello mondiale. Così, questa politica -e la sua pratica effettiva- porta in se la strategia e il programma di costruzione di un Europa socialista operante nel processo di emancipazione del proletariato internazionale e dei popoli oppressi del tricontinente. febbraio 1991 Joëlle Aubron, George Cipriani, Nathalie Minigon, Jean-Mark Rouillan |