CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.5

BARCELLONA: CONTRO LA RISTRUTTURAZIONE URBANA

La lotta degli abitanti del quartiere Besos contro la speculazione edilizia legata alle Olimpiadi del '92

La lotta degli abitanti del quartiere Besos nasce dalle contraddizioni aperte dal piano di ristrutturazione urbana di Barcellona. A confronto di altre metropoli europee essa è dotata di un'organizzazione dello spazio urbano ormai superata: il centro città è ancora caratterizzato da un forte insediamento di ceti proletari, la zona del porto, in particolare, rappresenta il prototipo della zona malfamata con i suoi traffici di droga e prostituzione. Tutto questo dovrà essere trasferito in periferia dove i nuovi ghetti ospiteranno gli sfrattati che vedranno i loro quartieri di origine trasformarsi in zone di lusso, in aree di grossa speculazione edilizia.

I tempi della ristrutturazione sono molto stretti perché Barcellona deve presentarsi completamente rinnovata e scintillante (per lo meno le zone riservate alle riprese televisive) per le Olimpiadi del 92.

Una data importante in cui la Spagna potrà anche ricordare di essere la terra da cui sono partite le tre caravelle.Sotto l'insegna di questi anniversari "carichi di ideali di libertà" (si è appena spenta l'eco degli spettacoli parigini per il Bicentenario della Rivoluzione francese) , si consuma la violenza degli interessi economici imperialisti..."Hanno sfasciato le porte d'ingresso e quelle delle terrazze per salire sui tetti e spararci da sopra..." ..."Nessuno di noi, bambini, donne e uomini ha mai visto una repressione del genere, nemmeno negli anni più duri della dittatura"... (dal Comunicato degli abitanti del Besos del 3/11/90).

I materiali che presentiamo sono uno spaccato della lotta del Besos: il racconto redatto dall' A.N.A. (Agencia Noticias Alternativas) è seguito dalla cronaca dei primi giorni di lotta.

Besos sul piede di guerra

Il quartiere del Besos è sul piede di guerra. Sono già molte settimane che continuano i fronteggiamenti con le forze poliziesche della Generalitat e dello Stato Centrale con un abbondante bilancio di feriti da entrambe le parti. Ma quello che è chiaro è che gli abitanti hanno conquistato e hanno preso possesso del quartiere. Hanno aperto uno spazio di confronto e di convivenza nella lotta quotidiana contro il progetto di modernizzazione capitalista della "Barcellona 92" e la sua vetrina olimpica.

Spontaneamente gli abitanti hanno occupato la strada e bloccato i lavori di costruzione di alcune case destinate all'immagazzinamento degli abitanti evacuati dal quartiere La Mina, in alcuni terreni che, secondo la volontà degli stessi abitanti del Besos, dovevano essere destinati a servizi sociali (case di cura per anziani, centro culturale, polisportiva...).

L'impostazione rivendicativa è chiara: case no, servizi si. Ma quella che sembra una questione insignificante acquista un significato speciale all'interno del piano speculativo sotto la forma di una riorganizzazione dello spazio urbano.

Il piano di riorganizzazione urbana esige la scomparsa del quartiere della Mina. Il progetto di demolizione è già stabilito, è la soluzione più economica, che permette di sfruttare i fondi assegnati dalla Comunità Europea e di rinchiudere gli sfollati della Mina in case costruite in terreni di un quartiere in degrado che non rappresenta nessun interesse speciale nella grande operazione speculativa della Barcellona Olimpica.

Però gli abitanti del Besos pensano di essere già abbastanza ammucchiati e di avere la necessità di spazio per soddisfare i propri bisogni. Sono gli stessi abitanti che nel loro comunicato del 29 Ottobre denunciano il Comune che "non elemosini né terreno né denaro per la costruzione della Villa Olimpica, né alberghi di lusso né nuovi quartieri carissimi per ripulire la facciata di Barcellona in vista del 92".

La mistificazione della lotta da parte della stampa

Il sensazionalismo e la travisazione spropositata dei fatti operata dalla stampa ha sollevato attorno agli avvenimenti un muro di diffidenza con aperte accuse di razzismo. Come solitamente accade quando ci si trova di fronte a movimenti spontanei, autorganizzati e con rivendicazioni non recuperabili all'interno degli apparati di gestione e di mediazione costituiti (partiti politici e sindacati), la stampa si è preoccupata di compiere il proprio dovere: manipolare i fatti e travisarli fino a fare apparire gli abitanti del Besos come una massa di razzisti intransigenti, che si rifiutano di convivere con i vicini della Mina. Questa è la conseguenza dettata dalle istanze del potere municipale che la stampa è incaricata di diffondere.

Gli abitanti rispondono con comunicati assembleari in forma molto chiara: "non siamo razzisti, i servizi che vogliamo sono per tutti gli abitanti del Besos e della Mina (attualmente essi condividono ambulatorio e mercato). Quello che non vogliono è che la Mina e il Besos continuino ad essere alveari dove non si possa vivere. Inoltre i comitati del Besos hanno realizzato un censimento delle case vuote del quartiere da cui è risultato che erano più che sufficienti per ospitare gli "sradicati" dalla Mina.

Gli abitanti del Besos non solo sono disposti ad ammettere nel quartiere quelli della Mina, ma ad ospitarli persino nelle loro stesse case. Inoltre se l'amministrazione pretende veramente di risolvere un problema rispettando gli interessi di tutti gli implicati (Besos e la Mina) perché non trovare terreni in quartieri più spaziosi come la Villa Olimpica, Sant Gervasi, Pedralbes o la Bonanova?

La campagna di intossicazione della stampa si è concentrata nella supposta non solidarietà manifestata dagli abitanti del Besos. Dicono continuamente che è l'amministrazione municipale ad invocare la solidarietà. Ma a quale solidarietà si riferisce? A quella di condividere la miseria abilmente gestita dalle alte sfere del potere comunale e finanziario?

Pensare che il conflitto si limiti a una disputa tra gli abitanti dei due quartieri è l'obbiettivo dell'amministrazione che pretende di evitare il confronto diretto e il fallimento nell'immagine del progetto urbanistico del 92.

La sola solidarietà reale è quella manifestata dagli abitanti del Besos nell'occupare il proprio quartiere nella difesa dei loro interessi concreti e immediati. L'altra, la solidarietà propagandata dai gestori del Capitale e del municipio, non è che l'ideologia della rassegnazione e del sacrificio. Un' ideologia che pretende inoltre di farci apparire colpevoli per il nostro rifiuto della miseria quotidiana in cui viviamo. Gli abitanti del Besos hanno messo in pratica essi stessi e a partire da loro stessi la loro forma di organizzazione. Giovani, anziani, donne, cioè quelli che meno contano nella politica ufficiale hanno fatto vedere le loro espressioni politiche. E tutto questo intorno all'assemblea aperta, che è la caratteristica principale della loro lotta e dove si radica la loro forza di pressione. L'Assemblea decide una mobilitazione, si organizza con un coordinamento che parte dai comitati di scala e si manifesta in una moltitudine di espressioni autorganizzate come i comitati dei giovani, delle donne etc...

Ma c'è ancora qualcosa di più rilevante nel movimento del Besos: la non influenza (per incapacità o disprezzo) dei partiti di sinistra. L'assemblea del Besos, mentre porta avanti un'altra forma di fare politica, prescindendo dalle organizzazioni costituite (partiti e sindacati), lascia aperto uno spazio di confronto senza mediazioni tra l'amministrazione e gli abitanti. è esattamente perché non esistono capi, né leaders che monopolizzano il dibattito e i negoziati che la lotta del Besos ha potuto continuare fino adesso e che potrà raggiungere i suoi obbiettivi.

Il quartiere del Besos ha detto semplicemente "Ora Basta!" E lo ha detto nell'unica maniera possibile con una pratica politica di opposizione diretta all'aggressione implicita nella politica praticata dai gestori del Capitale e dello Stato. La questione non è fino a che punto gli amministratori municipali e i loro complici impresari sono disposti ad arrivare nell'applicazione dei loro piani urbanistici e finanziari, ma fino a che punto saremo disposti, rassegnandoci, ad accettarne le conseguenze sulle nostre vite.

Cronaca della lotta

25 ottobre 1990

Cominciano gli scontri in Sant Andrià del Besos fra abitanti e Polizia cittadina. Il motivo è l'avvio dei lavori per la costruzione di 196 case popolari. Azioni di protesta: corteo sull'autostrada di Matarò alle 19 con la partecipazione di circa 1500 abitanti. Scontri violenti con la Polizia; 30 arresti.

27 ottobre

Gli abitanti decidono all'unanimità di non sottomettersi agli ordini della polizia e occupano la strada per bloccare i lavori. Comincia un corteo nel quartiere per rivendicare il blocco dei lavori; la polizia lascia libero il quartiere e cominciano le trattative con la Generalitat. La strada continua ad essere occupata fino alle 4; alle 1.30 la polizia carica violentemente gli abitanti e arresta 4 persone.

28 ottobre

Durante la mattina manifestazione con battuta delle pentole per il quartiere mentre altri abitanti controllano dai tetti la posizione della polizia (12 camionette). I lavori sono fermi perché è domenica, ma la polizia carica ugualmente i manifestanti fino alle 15! Alle 18.30 nuova manifestazione, mentre la polizia sale sui tetti delle case sfasciando le porte di numerosi edifici e dall'alto illumina i manifestanti con i fari. Assemblea del Comitato degli abitanti (il Consiglio di Quartiere si era dimesso all'inizio degli scontri) e concentramento di tutti gli abitanti nella piazza centrale Tarradellas. La conclusione unanime è stata di pretendere il ritiro delle "forze repressive" dal quartiere e di continuare la lotta! Durante la notte si fermano le iniziative dopo un fine settimana segnato da 10 arresti

3 novembre

Assemblea nella piazza centrale e partenza di un corteo con la partecipazione di circa 2500 persone; al grido di "el barrio unido jamas sera vencido" e "se nota se siente Besos està presente" il corteo attraversa tutto il quartiere e ritorna nella piazza dalla quale era partito. Qui comincia un'assemblea informativa in cui si danno notizie di Juan de Dios (aveva perso un occhio durante le cariche della polizia) e di un anziano ricoverato all'ospedale.

4 novembre

Alle 12 gli abitanti fanno una battuta per le strade per ribadire il loro rifiuto all'inizio dei lavori, nonostante l'inizio delle trattative. Non erano ancora cominciati i lavori di pulizia del quartiere che mostrava i segni della battaglia campale dell'ultimo fine settimana.

7 novembre

Alle 19.30 si riunisce l'assemblea degli abitanti (2000 persone) che non approva l'offerta dell'amministrazione: costruzione di 196 appartamenti di edilizia popolare e destinazione di 1600 milioni per i servizi sociali (Centro di assistenza sociale, Centro giovanile e piscina). Il Comitato degli abitanti si organizza in gruppi, uno dei quali ha il compito di parlare con i mezzi di comunicazione, in previsione di nuove azioni.

8 novembre

Alle 19.30 ha luogo la terza riunione con gli amministratori, mentre si svolge all'esterno del Palazzo comunale di Sant' Andrià una manifestazione di 2000 persone. La Generalitat e il Municipio minacciano gli abitanti di ritirare il piano sui servizi se non accettano la costruzione delle case popolari.

9 novembre

Durante la mattina il Comitato degli abitanti sporge numerose denunce contro la polizia per aver occupato illegalmente i tetti. Si riaprono i negozi, le scuole e i servizi che erano rimasti chiusi dal 25 ottobre, giorno d'inizio degli scontri. La polizia scende dai tetti ma continua a controllare i lavori che comunque rimangono paralizzati. Manifestazione per il quartiere. La polizia apre un'indagine per scoprire chi ha sparato domenica 29 contro gli sbirri appostati sui tetti. Il Comitato respinge quest'accusa sostenendo che i proiettili provenivano dalla polizia. La Generalitat fissa un termine di 2 settimane perché il Comitato consideri l'offerta di costruire 196 appartamenti i cui primi piani sarebbero destinati a servizi per il quartiere. Il giudice istruttore numero 1 di Badalona avvia l'inchiesta sugli spari.

13 novembre

Manifestazione di 2000 persone davanti al Municipio di Sant'Andrià. Il presidente del Comitato dichiara che ricomincerà la lotta se gli amministratori insisteranno sulla costruzione delle case popolari. Inoltre si chiedono le dimissioni del Sindaco Antonio Messeguer. Si decide una nuova manifestazione per il 15 Novembre davanti alla Generalitat di Barcellona. Gli amministratori tentano di deviare il problema di Besos dalla questione della speculazione edilizia dichiarando che fra gli abitanti del quartiere esiste una componente xenofoba. Il Comitato risponde che la sua posizione non è assolutamente razzista.

15 novembre

Manifestazione di 2000 abitanti del Quartiere davanti al Palazzo della Generalitat che provoca il collasso della Metropolitana (avevano deciso di prendere tutti la metropolitana). Portano con sé padelle e tamburi per fare rumore e resti del materiale usato dalla Polizia durante gli scontri (candelotti e proiettili di gomma).

16 novembre

Quarta riunione fra gli abitanti, la Generalitat e il Municipio. L'amministrazione propone la costruzione delle case in un altro terreno del quartiere Besos.

19 novembre

Il Comitato si riunisce per discutere la nuova proposta e la rifiuta. Rappresentanti del Besos si incontrano con il Presidente della Generalitat per cercare soluzioni al problema dell'urbanistica. Gli abitanti protestano per l'installazione di un deposito di Gas in prossimità di una scuola. L'impresa pubblica REGEJA vende per 650 milioni di pesetas i terreni del quartiere della Catalana di Sant'Andrià del Besos a due immobiliari. La suddetta zona corre il rischio di inondazione ed è attraversata da una linea di alta tensione.

Tutto questo è solo l'inizio.

[torna all'inizio della pagina]