EUROPEAN ACTION DAY
Dal 25 al 30 dicembre 1990 si è svolto ad Amburgo il primo incontro internazionalista degli occupanti di case e centri sociali. Il secondo incontro si è tenuto a Zurigo nei primi giorni di marzo 1991. Vi hanno partecipato occupanti di vari paesi europei: Spagna, Francia, Germania, Olanda, Austria, Svizzera, Italia. Da questi due momenti di discussione è nata la proposta della costruzione di due giornate di lotta europee per il 10-11 maggio. Ma la tensione che è emersa con maggior forza nel dibattito è stata la volontà di riuscire a costruire dei rapporti che andassero oltre alle iniziative del 10 e 11 maggio. La finalità della discussione non è stata dunque la scadenza specifica ma l'esigenza di iniziare un confronto politico sulla lotta dell'occupazione di case e centri e sulle sue prospettive. Le diverse realtà europee, pur provenendo da diverse esperienze, determinate dal contesto specifico in cui hanno sviluppato la propria iniziativa, hanno trovato una comune identità sia sulle motivazioni, sia sui limiti del loro agire sociale e politico. Occupare una casa o un centro, oltre alla riappropriazione di un diritto negato, ha significato per tutti contrapposizione alla ristrutturazione urbana e soprattutto al modello sociale imposto dell'alienazione e della mercificazione. Questa lotta oggi si sta scontrando con un pesante attacco repressivo che si manifesta in diverse maniere a seconda delle specifiche realtà: dagli sgomberi violenti alle denunce, dalle provocazioni poliziesche ai processi. La coscienza del tentativo di marginalizzare e isolare il movimento delle occupazioni ha fatto sì che il dibattito si sviluppasse sul problema di riuscire concretamente a mostrare che questa lotta è parte di quella più generale contro la società capitalista/imperialista odierna. La consapevolezza della difficoltà a socializzare nel sociale le motivazioni e il senso complessivo dell'agire degli occupanti si è manifestata chiaramente affrontando la discussione sulla mobilitazione contro la guerra imperialista. Tutti i compagni hanno partecipato alle iniziative di quei giorni in cui migliaia e migliaia di persone sono scese in piazza, ma non sono riusciti ad esprimere e a far comprendere il legame profondo che esiste tra il loro agire quotidiano nei territori europei e l'opposizione alla guerra. Queste sono alcune riflessioni riassuntive sugli incontri di Amburgo e Zurigo, ma senz'altro quello che è più importante è la volontà di continuare sulla strada del dibattito per la costruzione di un senso comune della lotta che vada oltre al problema specifico delle occupazioni. Le giornate di lotta sono state solo un primo momento concreto per proseguire su questa rotta. [torna all'inizio della pagina]
SVIZZERA 8 MAGGIO 10 MAGGIO 11 MAGGIO GERMANIA 3 MAGGIO 7 MAGGIO 8 MAGGIO 9 MAGGIO 10 MAGGIO 11 MAGGIO 12 MAGGIO ITALIA 4 MAGGIO 7 MAGGIO 9 MAGGIO 10 MAGGIO 11 MAGGIO [torna all'inizio della pagina]
Noi, gente di vari paesi, città, case e centri sociali occupati ci siamo trovati nell'incontro internazionale degli occupanti, dal 25 al 30 12/90 in Amburgo e abbiamo discusso di costruire una giornata di iniziative a livello europeo. Noi vogliamo fare questa giornata di lotta perché partiamo dal fatto che la ristrutturazione capitalistica è stata imposta in tutti i paesi europei ed è anche stata coordinata a livello europeo. Gli sgomberi dei centri sociali e delle case occupate sono solo una parte dello "sviluppo" che i potenti pianificano ed organizzano contro un numero sempre maggiore di uomini e settori sociali. Viene esercitata una tendenza di fondo: la totale mercificazione di tutti i bisogni umani, capacità e talenti; gli uomini che non si integrano e che non sono funzionali agli interessi dei padroni vengono emarginati e\o combattuti. Il potere dei potenti sugli uomini ha molti aspetti: - nel settore del controllo e della repressione esiste un aumento della repressione statale contro le espressioni di una vita autodeterminata e l'intensificazione del controllo sociale in modo più perfezionato tecnicamente - nel settore della produzione la concorrenza ed il rendimento sono la regola. Oggi i posti di lavoro sono altamente tecnologizzati e parcellizzati, i rapporti di lavoro collettivi sono stati distrutti, si è mirato alla individualizzazione, divisione e pacificazione delle/degli operaie/i e questo ha per conseguenza uno sfruttamento più intensificato ed una produttività più alta per il capitale. - nel territorio, la ristrutturazione delle città ha portato all'espulsione dei poveri per creare ancora più posti per i ricchi. - in generale le menti e i cuori degli uomini sono stati manipolati; i pensieri ed i sentimenti sono determinati dal rendimento, dal consumo e dalla concorrenza; gli uomini sono stati allontanati l'uno dall'altro per il colore della pelle, origini e sesso con una propaganda e mobilitazione fascista. - nel settore della ricerca, sottomesso al profitto e alla riproduzione del potere del kapitale. Esistono esempi nella biotecnologia e nella biogenetica, nella ricerca per il controllo sociale sui posti di lavoro, nelle scuole e nelle carceri (tortura dell'isolamento). - l'attacco dello stato contro l'identità dei prigionieri politici è un attacco diretto contro tutti i movimenti rivoluzionari. Il tentativo è di negare la possibilità di lottare e vincere. Per noi è importante non lasciare soli i prigionieri, sostenere la loro lotta, non permettere che venga distrutta la loro identità. Il dibattito dei prigionieri politici è parte delle nostre discussioni. Quello che vuole la classe dei padroni è un'Europa potente e produttiva sulla pelle dei poveri e dei proletari. Questo significa per il terzo mondo miseria e affamamento e a chiunque si contrapponga ai potenti viene risposto con la minaccia degli apparati repressivi e militari e con la guerra, come ora nel Golfo. Questa ricca Europa è chiusa agli uomini che soffrono la miseria, le frontiere saranno chiuse per il terzo mondo. Noi contrapponiamo a questa Europa dei ricchi i nostri principi, con la nostra vita nelle case e centri sociali, con la lotta nei quartieri nelle fabbriche contro l'ingiustizia sociale. Noi lottiamo per un mondo umano e solidale senza oppressione e sfruttamento, per una vita e una cultura autodeterminate senza distruzione della natura. Facciamo queste lotte consapevoli della dimensione internazionale dello scontro di classe contro la borghesia imperialista, in solidarietà con i popoli in lotta in tutto il mondo. Con questa giornata di lotta vogliamo contrapporre la nostra volontà di vita e lotta autorganizzate all'Europa del kapitale. Vogliamo organizzarci a livello europeo e coordinare le nostre azioni, per questo vogliamo raggiungere una più ampia diffusione ed imporre ai mass-media il nostro punto di vista; in questo senso per noi è necessario rompere la mistificazione che lo scontro tra gli occupanti e lo stato sia una guerra privata. Vogliamo far capire all'opinione pubblica che il significato sociale dello scontro non può essere negato e che non si tratta solo di una questione di case e centri sociali. Partiamo dal fatto che nei diversi Paesi, città, case e centri sociali esprimiamo principi e condizioni diverse. Vogliamo che tutti partecipino alla giornata di lotta, e pensiamo che sia giusto esprimere molteplici idee e forme di resistenza. Mantenere le case e i centri sociali occupati. Contro l'Europa dei padroni, contro l'apparato dello Stato estendiamo la lotta per l'autodeterminazione e il contropotere in ogni città, sabotiamo i negozi dei padroni, sabotiamo la ricerca scientifica. Contro la distruzione dell'identità rivoluzionaria dei compagni prigionieri sosteniamo la lotta dei prigionieri sociali. Guerra alla Guerra imperialista. La frontiera non è tra popoli, ma tra oppressi e oppressori. [torna all'inizio della pagina]
Zurigo: contro la pace imperialista Mozione del convegno di Zurigo in cui erano presenti compagni di: Wiesbaden, Hoberhausen, Berlino, Karlsruhe, Stoccarda, Amburgo, Francoforte (Germania); Graz, Linz, Vienna (Austria); Basilea, St. Gallen, Zurigo, Berna, Ginevra (Svizzera); Padova, Milano, Bologna, Napoli, Catania (Italia); Atene (Grecia); Lione (Francia); Groeningen (Olanda). Noi gente del movimento per l'occupazione delle case e dei centri sociali in Europa, anche se ci separano migliaia di chilometri, condividiamo esperienze, desideri e immaginazione e perciò abbiamo manifestato la volontà di sviluppare dei percorsi di lotta comuni. I nostri spazi vogliono essere un punto di aggregazione per l'esterno ed espressione di una cultura di base e di una vita autodeterminata. L'occupazione di questi spazi fa parte di una lotta più generale per la trasformazione radicale della società in cui viviamo. E' per questo che i governi europei hanno deciso di reprimere le nostre lotte; infatti, alla conferenza del gruppo "Trevi" i ministri degli interni europei hanno deciso gli sgomberi delle case e dei centri occupati entro il '92, ed hanno già cominciato ad attuarli: Groningen, Berlino, Bologna. Su questa base lanciamo una proposta per un'iniziativa di lotta a livello europeo con la parola d'ordine "contro la pace imperialista". La pace imperialista significa qui in Europa, nei paesi industrializzati, nelle centrali del capitale finanziario e delle multinazionali, che l'intera vita della società è sottomessa alla logica del profitto ed al rapporto denaro/merce. Questo significa anche che nell'Europa del '92 si eserciterà un maggior controllo alle frontiere sui flussi migratori della forza-lavoro dal tricontinente e dai paesi dell'Est (sia con provvedimenti legislativi che con una deliberata diffusione di cultura razzista) funzionale alle esigenze dello sviluppo capitalistico, e per non fare uscire le ricchezze qui accumulate. Queste stesse esigenze portano al controllo delle contraddizioni sociali tra oppressori e oppressi nei centri del capitale, che si estende e si aggrava sempre più in rapporto all'incremento dei processi di ristrutturazione produttiva e territoriale. Lo sviluppo tecnologico e scientifico del sistema produttivo allarga sempre più il divario tra i pochi veramente ricchi e una quantità crescente di poveri. E per quanto i pochi privilegiati temano le conseguenze della alienazione e della disgregazione sociale che essi stessi hanno determinato, noi continueremo l'occupazione delle case e dei centri sociali come risposta adeguata alla mancanza di spazi di vita e di socialità, all'aumento degli affitti e della speculazione. Inoltre vogliamo costruire dei rapporti sociali nei quali poter sviluppare nuove forme di organizzazione, nuovi valori umani e sociali, e una cultura antagonista a quella dominante basata sulla mercificazione. L'intensificazione sistematica degli sgomberi delle case e dei centri sociali occupati va vista anche come tentativo di impedire e di distruggere ogni prospettiva di forma di vita antagonista. In altre parole la nostra lotta fa parte di quella più generale tra oppressi e oppressori ed è proprio la necessità di estendere questa coscienza il problema che gli occupanti devono affrontare nel momento attuale. In questa particolare contingenza storica in cui l'imperialismo vuole reimporre, prima con la guerra e poi con la pace dei cimiteri, la propria continuità e il dominio del nord del mondo sulla periferia come primo esempio del "nuovo ordine mondiale" è importante orientare la nostra lotta per far comprendere che questo ordine è lo stesso contro cui lottiamo. Il nuovo ordine mondiale significa per il sud che milioni di persone perdono il loro valore-lavoro per incrementare i profitti dei padroni; ma significa anche maggiore sfruttamento delle fonti di materie prime. Dunque morte, distruzione, supersfruttamento, miseria, disoccupazione e emigrazione nei paesi del centro imperialista. E' su questo sfondo che si deve collocare la guerra del Golfo.
P.S. I partecipanti al convegno invitano a socializzare questa mozione ai prigionieri rivoluzionari in quanto parte integrante di questo dibattito. [torna all'inizio della pagina]
La guerra imperialista, e oggi la "pace" imperialista, nella regione del Golfo rendono necessario un approfondimento della discussione e del confronto fra le situazioni antagoniste e rivoluzionarie. Questo approfondimento si deve sviluppare tanto sulle caratteristiche attuali del dominio imperialista e sui compiti dell'internazionalismo proletario, quanto sulle prospettive e sulle necessità dell'iniziativa di classe qui, nel Centro imperialista. A partire da queste comuni considerazioni si è svolto l'incontro di Catania del 29 e 30 marzo 1991. Le realtà antagoniste che si sono confrontate, sono caratterizzate principalmente da iniziative di occupazioni di centri sociali e di case. E' stato quindi sulle prospettive di queste lotte, innanzitutto, che si è aperto il dibattito. Sono emersi a questo proposito due ordini di necessità: l) Gli spazi occupati vanno vissuti non come luoghi di riproduzione della marginalità, ma come luoghi di elaborazione politica e di organizzazione della resistenza. 2) Le occupazioni di case e spazi sociali devono darsi come percorsi di lotta non settoriali. Il confronto si è incentrato sull'importanza delle occupazioni e sulla loro valenza nell'attacco alla ristrutturazione urbana e alla privatizzazione/produttivizzazione del patrimonio edilizio pubblico. La ristrutturazione economica implica la ristrutturazione urbana la quale ha l'obiettivo di reperire gli spazi fisici necessari all'organizzazione delle funzioni direzionali del ciclo produttivo imperialista (poli tecnologici, centri direzionali etc.). Questo mira a distruggere le identità proletarie. In questo momento in particolare è in atto un forte attacco repressivo contro il movimento delle occupazioni a livello europeo (gruppo TREVI; sgomberi, sfratti, denunce, processi ...) ed emerge la necessità di trovare momenti unificanti per contrapporsi a questo. Altro punto emerso dalla discussione è la necessità di attaccare la privatizzazione/produttivizzazione del patrimonio edilizio pubblico (dello IACP, degli enti pubblici) in quanto essa è un elemento del più generale processo di privatizzazione/produttivizzazione dei servizi per la riproduzione. L'occupazione è quindi parte integrante del nostro processo di radicamento e socializzazione nei quartieri proletari, di momenti di organizzazione e di iniziativa di lotta contro gli attacchi governativi alle condizioni di vita dei proletari (aumento dei trasporti, restrizioni dei ticket sanitari ecc.). Nella seconda giornata dell'incontro si sono affrontati i vari aspetti della lotta contro la guerra imperialista. La crisi del Golfo ha dimostrato in modo evidente che la guerra è una necessità dell'odierno modo di produzione capitalista. Il "millennio" di pace promesso dall'attuale sistema politico-economico, dopo la cosiddetta caduta dei regimi dell'Est, si è rivelata una falsità. Le necessità economiche e politiche del capitalismo spingono verso la guerra, anche se rivolta contro i paesi della periferia, contro lo sviluppo autocentrato delle borghesie nazionali e per il controllo delle materie prime e delle fonti energetiche (in questo caso il petrolio). L'imperialismo americano ha gettato la sua superiorità militare odierna, derivata dalla sua passata egemonia economica, nel conflitto all'interno della concorrenza con gli altri poli imperialisti. Di fronte a ciò i vari imperialismi tenderanno ad adeguare la loro forza militare al loro peso economico. L'imperialismo italiano, già da qualche mese in questa ottica di adeguamento, sta approvando i disegni di legge necessari per mettere in pratica questo progetto: I'esercito professionista. Nei documenti governativi e confindustriali a favore dell'esercito professionista si parla esplicitamente della guerra come necessità per difendere gli interessi nazionali. Da parte proletaria si deve registrare con estrema soddisfazione quelle prese di posizione da parte delle avanguardie rivoluzionarie arabe che stanno tracciando una prospettiva di sviluppo della trasformazione in quell'area: l'integralismo islamico è stato arginato grazie all'impegno delle forze rivoluzionarie; queste forze, inoltre, pensano che i tradimenti futuri della causa araba, cioè la lotta per la riappropriazione del petrolio, da parte dei fondamentalisti islamici (già verificatasi con lo schieramento dei Fratelli mussulmani in Egitto a favore dell'intervento multinazionale) spingeranno inevitabilmente il proletariato arabo tra le loro fila. Con la crisi del Golfo il modo di produzione capitalista e imperialista guidato dagli USA, ha mostrato qual'è il vero volto del "Nuovo Ordine Mondiale": guerre e distruzione per chi non vi si adegua. Una politica di minaccia e di morte rivolta dai paesi imperialisti ai popoli della periferia, ma rivolta anche verso l'interno a tutti coloro che mettono in discussione "l'ordine" fatto di ristrutturazione, privatizzazione, approfondimento delle sfruttamento. In questo contesto si sente la necessità di un rafforzamento delle posizioni internazionaliste ed antimperialiste a livello europeo dove si sta sviluppando e consolidando la costituzione di un polo imperialista omogeneo. Le situazioni presenti all'incontro sottolineano da una parte l'importanza di sviluppare rapporti diretti fra le realtà rivoluzionarie presenti nelle varie aree geografiche per uscire dalle gabbie imposte ai movimenti dal "solidarismo", dall'altra l'importanza di consolidare la lotta di classe nel territorio nazionale con la tensione alla costruzione di un'unità di lotta a livello europeo. In base a queste necessità sono state fatte le seguenti proposte: 1) La costituzione di un comitato di appoggio alla lotta rivoluzionaria e di classe dei palestinesi. 2) L'adesione alle giornate di lotta europee previste per il 10 e 11 maggio 1991 emerse dall'incontro internazionale di Zurigo (Marzo '91). |