EDITORIALECollettivo redazionale di CONTROinformazione internazionale Da alcuni mesi in Italia il dibattito politico nel campo istituzionale e in quello della lotta di classe è caratterizzato dall'attesa nei confronti di un fatto nuovo: la spaccatura dell' ex-P.C.I. e i possibili nuovi scenari che questo evento storico può determinare. Nel campo istituzionale ed in particolare nel quadro governativo, più di qualcuno si gongola per il ridimensionamento drastico della forza politica complessiva dell'ex P.C.I. In particolare quella specie di super centro istituzionale che si è definito con l'asse Craxi-Cossiga si fa forte della debolezza ex picista nel suo affermarsi come corporazione dominante contro le altre corporazioni. L'esito del dibattito istituzionale del caso Gladio mostra chiaramente quali sono oggi i rapporti di forza tra le corporazioni. Il rivendicazionismo spudorato di Cossiga la fa da padrone a livello della comunicazione di Stato con exploit poco comprensibili ai più, ma che hanno la loro motivazione nel sancire il primato di una corporazione sull'altra\e nella corsa ad accaparrarsi la gestione del passaggio alla II Repubblica. Una guerra senza esclusione di colpi che vede anche la riedizione, riveduta e corretta, della vecchia e cara strategia della tensione nella nuova interpretazione della Falange Armata. Un po' di morti "misteriosi" sparsi per le strade della solita Bologna, un po' di minacce rivolte alle corporazioni avverse (vedi quelle al giornale la Repubblica), e per finire il consueto provocatorio calderone repressivo in cui tutto viene mescolato per confondere le acque con l'immancabile criminalizzazione degli anarchici. La trama è vecchia ma il copione presenta delle novità, il classico stragismo sembra passato di moda, sembrano puntare maggiormente alla provocazione "totale", le vittime fisiche passano dagli operai, dai passeggeri, ai passanti, agli stessi carabinieri, anche se non mancano i classici obiettivi della destra come i Sinti o il movimento. I Servizi di questo stato non sono mai stati "deviati"; l'uovo del serpente schiusosi sotto le ali dell'imperialismo si è solo sviluppato. Ma tutto era presente fin dall'inizio, anche la carta dei carabinieri morti era stata già giocata a Peteano nel lontano 1972. Il passaggio alla II Repubblica si inscrive dentro la direttiva imperialista di rafforzamento globale degli esecutivi, di dotarsi cioè da parte degli stati di un'ingegneria istituzionale più efficace per gestire la condizione di crisi strutturale del sistema capitalistico. In Italia questo è un parto difficoltoso, tutto giocato sul piano corporativo, e su una valutazione di debolezza della classe che porta al ridimensionamento dello stesso partito deputato a corporativizzarne gli interessi, a portare lo Stato dentro alla classe. Nel campo della lotta di classe la spaccatura dell'ex P.C.I. è senz'altro da registrare come evento positivo. Non è solo l'esito contraddittorio e liquidazionista della linea riformista, ma anche il portato di interi cicli di lotta dal 68/69 fino agli autoconvocati e i cobas. E' l'Altro Movimento Operaio, come storicamente si è dato in Italia, che dal punto di vista di classe ha determinato le condizioni perché il più grosso partito riformista dell'occidente si dovesse spaccare. Questa spaccatura aprirà spazi per la lotta di classe, il partito del controllo statale per linee interne alla classe è sempre meno in condizioni di esercitare questa sua funzione. La parte di sinistra "Rifondazione Comunista", pena la sua stessa esistenza, dovrà aprire spazi all'opposizione di classe. Spazi di lotta ma non certo spazi politici. Qualsiasi collocazione realmente riformista è oggi destinata ad estiguersi a causa della sempre più chiara negazione della mediazione sociale che caratterizza il capitalismo odierno. Ogni collocazione realmente comunista oggi deve fare i conti con la scelta di campo contro il revisionismo e il riformismo e per la rottura rivoluzionaria, contro l'imperialismo e per il nuovo internazionalismo. Su questo terreno "politico" il dibattito apertosi nella sinistra istituzionale ovviamente non porterà nessun contributo. Diversamente, sul terreno della lotta di classe, il crollo di una forma partitica di controllo e l'apparire di una componente della sinistra istituzionale orientata ad aprire spazi di opposizione può determinare una situazione più favorevole, può aumentare la soglia di agibilità delle proposte di lotta. Naturalmente è il movimento rivoluzionario con la sua identità e i suoi percorsi di lotta ed organizzazione che deve farsi carico di agire positivamente in questa nuova situazione. 1) Riprendendo un suo dibattito sulla condizione operaia e proletaria che lo faccia uscire dalla marginalizzazione sociale in cui il controllo riformista statalista aveva contribuito a relegarlo. 2) Abbandonando definitivamente le demenziali logiche di autorappresentazione e ricostruendo invece un'internità reale nelle situazioni di lotta operaia e proletaria a partire dalla definizione di un tessuto ampio di relazioni di classe dentro a cui far vivere il punto di vista comunista rivoluzionario sulle contraddizioni. |