UN PROCESSO FANTASMA? UN PROCESSO AI FANTASMI?Sul "processo - insurrezione" - Maurizio Ferrari Chissà quante ed interessanti attenzioni, che probabilmente qui non vengono poste, solleva il processo iniziato nel fortino penale addossato al carcere di Rebibbia, il primo marzo. Che processo è? Contro chi? Da quali accuse è retto? IL PROCESSO E' TERRORISMODunque: innanzitutto esso é contro tutti coloro che i giudici hanno stabilito essere entrati a far parte come militanti o simpatizzanti delle BR fra il 1971 (quando nacquero) e il 1983/84 . Giuridicamente è basato su un'istruttoria che nel 1983 viene divisa in due processi. Un primo, contro 254, in cui 'rinvio a giudizio' é compiuto nel luglio 1983 e costituisce il processo iniziato in corte d'assise appunto il primo marzo. Un secondo, contro altri 170, entrati nell'Organizzazione, secondo i giudici, in gran parte dopo il 1980 e non oltre l'83/84. Esso dovrebbe iniziare una volta portata a termine il primo. Di quest'ultimo si discute qui. Il 'rinvio a giudizio', le 'imputazioni', su cui si fonda il processo, caricate, predisposte, argomentate - si fa per dire - dal giudice istruttore, é aperto dai capoversi A, B, C, D, buoni soltanto a riportare attraverso l'infame matricolato Morucci, l'esperienza di Potere Operaio, di Autonomia Operaia, in un'aula di tribunale; forse anche per trovare puntelli a qualche altro balordo 'teorema'. Segue un capoverso E che associa 12 'rinviati a giudizio' ad iniziative da essi compiute - secondo i giudici - con 'accusati' nel famoso processo '7 Aprile'. Le iniziative sono:
Il tentativo di accoppiare giuridicamente Potere Operaio e le BR attraverso l' 'imputazione' di 'insurrezione' ecc. é manifesta. E questo nonostante la sentenza del processo '7 Aprile' che dovrebbe aver posto un pietra sopra qualsiasi ipotesi del genere. Segue un capoverso F, diretto a tutti i 'rinviati a giudizio' con i capi di 'accusa' (ben 21) che li riguardano. Lo si espone qui rapidamente: ai 254 é 'ordinato' il processo in quanto: "quali membri delle BR (segue una descrizione tecnica ed ottusa dell'Organizzazione) ... adottando ed attuando progetti vasti ed articolati diretti a sovvertire violentemente le Istituzioni repubblicane ed a stabilire un regime dittatoriale ... ad estendere le file dei congiurati ... al procacciamento di armi ... aver promosso l'insurrezione armata contro i poteri dello Stato e commessi fatti diretti a suscitare la guerra civile nel suo territorio". Queste in sintesi le 'accuse'. Esse sono riduttive, tecniche, piatte, forcaiole. Hanno per chiaro e costante lo scopo di avallare la tesi secondo cui le BR sono e furono un'organizzazione terroristica, militarista, putchista. In tal modo la magistratura mira innanzitutto a separarle dal contesto proletario di lotta di classe che ha generato e genera i suoi militanti, che ha dato e dà vita ad essi stessi. E tale tesi é ben presente nella Corte d'Assise, é lo scopo che deve realizzare il processo. Per questo é assente il più piccolo riferimento del giudice verso la natura sociale, politica, militare delle BR. Però le tesi forzate come non hanno passato non hanno presente, sono carta straccia. IL PROCESSO E' FALLITO PRIMA DI INIZIAREE' sufficiente, per capire meglio, porsi un solo quesito: perché le sole BR vengono portate in tribunale per "aver promosso l'insurrezione ecc." quando altre Organizzazioni Rivoluzionarie hanno combattuto nello stesso tempo? Le BR sono state 'rinviate a giudizio' con quei 'capi d'accusa' poiché, come la stessa borghesia imperialista ha avvertito, essi hanno sempre avuto, dalle origini ad oggi, la forza inesauribile di rinascere, di riformarsi, di continuare a combattere, in mezzo alla discontinua intensità della Lotta di Classe. Di farlo nonostante gli arresti, i tradimenti, le uccisioni, le scissioni. Una costanza ed una forza inesauribili, d'accordo, ma tutto ciò da dove proviene? Nasce dal profondo rapporto che le BR hanno saputo tessere tra il proletariato e la sua coscienza di sfruttamento, fra la sua lotta quotidiana e la possibilità di unirsi ed organizzarsi, di combattere, di esercitare il proprio potere al fine di abbattere la borghesia imperialista, di aprire anche in Italia le porte all' era comunista. E perciò un fatto importantissimo e vitale per lo sviluppo del Movimento Rivoluzionario che la lotta armata, che le BR, siano tuttoggi ricreate dalla lotta di classe del proletariato di cui tengono aperte le prospettive delle rotture rivoluzionarie. Per questo si può affermare che l'istruttoria ed il processo sono senz'altro fallite nel loro scopo. Tuttavia, il loro fallimento pur essendo oggettivo, vive nella pratica e nella testa di pochi proletari e comunisti quando si pensi ai problemi che oggi ad essi sono posti. Inoltre, l'azione della magistratura, di ogni apparato dello Stato ostacola, in qualche modo, anche attraverso il processo aperto a Rebibbia il rilancio del Movimento Rivoluzionario. IL PROCESSO TRASFORMATO IN SERRA DELLA PACIFICAZIONENon é un mistero: il Mov. Riv. ha subito nei più recenti anni un arretramento da cui comincia a riprendersi solo oggi. Ciò ha avuto, tra l'altro, effetti sulla solidarietà, sulla saldezza politica nel proletariato, nei proletari prigionieri, nei prigionieri comunisti, compresi i militanti delle BR. E' così riuscito ad un numero non piccolo di questi ultimi di sommare ciò a quelle difficoltà che nascono nella prigionia, di perdere il riferimento con il proletariato, con la rivoluzione; di assumere - in una discendente conseguenza - se stessi, i propri interessi individuali quali principi di esistenza. La realtà non proprio tenera della militanza nel carcere é per di più in un periodo di crisi anche per i comunisti, é stata rifiutata ed in ciò ha lasciato posto una volta di più alle trappole intanto predisposte dallo stato . Trappole, una volta scattate, desolidarizzanti, individualizzanti, integrazioniste; esse per altro hanno fatto capolino in ogni ambito sociale. Niente di tragico. Sono fenomeni già accaduti a cui non può essere estranea nessuna Rivoluzione , e contro i quali é necessario lottare, è possibile vincerli. Ai traditori, agli infami travolti dall'impatto iniziale con la cattura, il carcere , la tortura, fanno così da qualche tempo seguito coloro che dal carcere, dall'ergastolo scelgono di separarsi dal proletariato, di accettare il famoso piatto di lenticchie in cambio della coscienza e della militanza comunista. Sono questi quei prigionieri che compongono il gruppo della soluzione politica; sono quelli che, per altri versi, formano il gruppo che insegue l'amnistia per i prigionieri politici. Alcuni presupposti li accomunano. In particolare quello di porsi come 'ceto politico', come 'mercanti politici' ossia soggetti che hanno assimilato il falso ed interessato principio della 'fine della lotta armata', della sua improponibilità oggi ecc. Fanno mercato di sé e della prassi collettiva che hanno vissuto, speculano sulle difficoltà politico-militari incontrate dal proletariato, cercano di impadronirsi di una memoria che non é riducibile a proprietà, ad alienazione. Infatti la prassi delle BR, al pari di ogni altra espressa dal proletariato rivoluzionario appartiene a chi lotta, a chi combatte e sceglie di farlo oggi stesso. Due parole su queste entità. Il gruppo della 'soluzione politica' da tempo ha chiuso con il proletariato ed ha messo i propri destini nelle mani dello Stato. Esso influisce perciò ne mov. prol. , ovviamente come inciampo, soltanto per la autorità acquisita da suoi aderenti nel passato. Questa però va sciogliendosi come neve al sole assieme all'inciampo che dovrebbe costituire. Il gruppo che insegue l' 'amnistia',invece, cerca di portare con sé, d'indirizzare gli organismi, i collettivi proletari e comunisti a muoversi per quello scopo. Essi in realtà giocano con l' 'amnistia politica' poiché da un punto di vista proletario nel contesto della lotta di classe in Italia é un'assurdità. Spiegando meglio. L'amnistia presuppone un'eguaglianza, una reciprocità anche limitate, fra le ragioni per esempio che hanno condotto e conducono in carcere i militanti delle BR con le ragioni che sorreggono lo Stato, il governo. Questa eguaglianza non c'é perché Stato e governo non sono in rottura con il passato, non si fondano su nessuna ragione che ha caratterizzato e caratterizza le BR. Anzi, il potere statale contemporaneo, é continuità, perpetuazione del potere, degli interessi della borghesia imperialista, della sua stessa esistenza quale classe dominante. Esso, proprio per questo non disconosce, non rinnega, non compie l'autocritica dei crimini che ha attuato ed attua. Cosicché amnistia é una fragile maschera che non nasconde reciprocità, certo contraddittorie, che questo gruppo instaura con lo Stato. Una reciprocità in cui lo Stato é quel che si é visto mentre i prigionieri gli cedono la loro militanza. Dunque, amnistia non é qui liberazione, ma é un velo, é demagogia dietro cui avviene lo scambio, il patteggiamento fra la pacificazione di un gruppo e la loro scarcerazione da parte dello Stato. Patteggiamento e scambio nella loro sostanza imposti dal più forte, dallo Stato che, guardando la realtà di questi anni, si sono sempre conclusi con il rinnegamento, certo in forme diverse, della propria militanza da parte del prigioniero. Un rinnegamento che nel carcere ha un suo rito macabro: l'individualizzazione, la premialità, l'accettazione insomma dello Stato in modo non certo superficiale. Questa é la trappola che si nasconde dietro l'amnistia per i prigionieri politici. Come riferimento su questa questione é inoltre chiarificatore quanto sostengono le militanti della RAF G.Rollnik e A.Goder, in una lettera dal carcere nel dicembre '88.
IL PROCESSO E I NOSTRI COMPITIContrariamente a quel che sostengono 'amnistialisti' e 'soluzionisti', la lotta armata in Italia continua, ma soprattutto esistono e si riproducono le condizioni, per chi le vive e voglia vederle, della sua necessità. Il lavoro salariato, il capitalismo, la borghesia, l'imperialismo, nelle loro manifestazioni di sfruttamento economico, di assoggettamento politico, di guerra, sono immagine e pane quotidiano per miliardi di proletari in Italia, in Europa, in Africa, in Asia, in America. Manifestazioni contro cui il proletariato, e non solo, si organizza nella lotta, nel combattimento. Qui dobbiamo lavorare per condurre quella lotta e misurarsi con il potere statale e borghese al fine di sradicare quelle manifestazioni nelle loro origini economiche e sociali; ossia chiuderla con la borghesia imperialista ed i suoi Stati. Senza una tale radicalità nessuna lotta e politica del proletariato, in particolare nella metropoli, può affermarsi, può imporre i suoi contenuti in modo stabile e vincente. Senza la lotta armata anche oggi il proletariato diviene politicamente vulnerabile, la sua iniziativa instabile ed episodica; viene ridotto a quel famoso giocattolo di cui a suo tempo disse Marx. Eppoi, non é il caso di andare neppure tanto lontano. Da quando nel 1980/82 la forza politica della lotta armata é diminuita il proletariato ha conosciuto, rispetto al tempo precedente, la piena democrazia borghese questa, oltre ad imporgli maggiore sfruttamento, il peggioramento delle condizioni di vita materiali, la distruzione degli spazi politici e dunque di potere, ha introdotto la desolidarizzazione, la sfiducia, la individualizzazione. Altro che fine, qui si é solo all'inizio. 'Soluzionisti' e 'amnistialisti', certamente in modi diversi, sono in sintonia con le intenzioni dello Stato proprio quando contribuiscono - ognuno per parte sua - a separare la lotta armata, la pratica e la teoria della violenza proletaria dalle condizioni politico-sociali che le hanno generate negli anni passati, che le alimentano, che le pongono all' ordine del giorno oggi stesso. E' sufficiente sfogliare i giornali, ascoltare radio e televisione, misurare lo spazio a loro rivolto dal giudice nel processo -mentre ovviamente nei confronti delle compagne e dei compagni agisce il silenzio con la volontà di zittirli -per comprendere quanto e come essi agiscano quali pupazzi oramai, i cui fili sono guidati dalle incornate dei bisonti della controrivoluzione . E' dunque un processo reale quello in corso a Rebibbia . Esso si prefigge di spezzare il filo altrettanto reale che scorre nella discontinuità della guerra di classe in Italia . Sta a tutti noi impedire che il processo sia utilizzato dallo Stato, di far si che la prassi della lotta armata resti aperta in tutta la sua contraddittorietà e linearità . Sta anche ai collettivi proletari e comunisti che costruiscono le lotte nelle fabbriche, nelle città, raddoppiare, triplicare il filo della prassi rivoluzionaria rivendicandola come patrimonio e riferimento nella lotta di classe contemporanea e futura. E' in tale prospettiva che è possibile impedire, inoltre, allo Stato di raggiungere nel processo gli scopi della desolidarizzazione, della svendita di sé da parte dei prigionieri e di ribaltare ciò addosso al proletariato; che è possibile riprenderci e riconfermare, invece, la solidarietà, la fiducia con le quali si costruisce in modo compiuto la ripresa del movimento rivoluzionario. In questa stessa prospettiva é possibile affrontare la liberazione dei proletari, dei comunisti imprigionati. Carcere di Rebibbia, aprile 1989. Maurizio Ferrari |